60 miliardi per l’Ucraina. «A Kiev già arrivati i missili a lunga gittata»
Sbloccati anche gli aiuti per Israele, Taiwan e l’assistenza per i civili a Gaza
Adesso, ha detto ieri Joe Biden, «dobbiamo muoverci: inizieremo a consegnare i sistemi di difesa aerea all’Ucraina nelle prossime ore». Il presidente degli Stati Uniti ha firmato la legge che destina 95 miliardi di dollari in aiuti militari e finanziari a Ucraina, Israele e Taiwan. Il pacchetto era bloccato dai repubblicani nel Congresso Usa dall’ottobre scorso. Ma negli ultimi dieci giorni le pressioni della Casa Bianca, dei generali e dell’intelligence hanno fatto breccia. Sabato 20 aprile è arrivato il via libera della Camera, controllata dai conservatori; martedì 23, il «sì» del Senato.
Consegna rapida
Le armi, dunque, saranno schierate sul campo di battaglia ucraino, «nel giro di pochi giorni», fanno sapere da Washington. Il Pentagono ha subito annunciato che un primo blocco da 1 miliardo di dollari è già pronto: missili Patriot, proiettili per l’artiglieria, mezzi corazzati, cannoni anti carro. C’è una linea di continuità, visto che, scrive il New York Times, la scorsa settimana l’amministrazione Biden ha spedito segretamente una nuova versione dei missili Atacms, con una gittata intorno ai 160 chilometri. Gli ucraini hanno usato l’ordigno per colpire il porto di Berdiansk, cittadina sul Mare d’Azov occupata dai russi, e obiettivi strategici in Crimea.
Il ritardo da recuperare
Molti analisti, negli Usa come in Europa, si chiedono se questo pacchetto non giunga troppo tardi. Nelle ultime settimane, sulla linea dei combattimenti, si sono sentiti quasi solo i colpi dell’artiglieria russa: gli ucraini sono stati costretti a ripiegare un po’ ovunque. Inoltre Mosca ha intensificato i bombardamenti sulle città e starebbe preparando una poderosa controffensiva. Volodymry Zelensky avrà gli strumenti per resistere? Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha risposto in modo netto, venerdì 19 aprile, nella conferenza stampa a conclusione del G7 di Capri: «No, non è troppo tardi. Tutti noi siamo convinti che questo provvedimento farà un’enorme differenza per le capacità della difesa ucraina e per la possibilità di respingere con successo l’aggressione russa».
La lista
I fondi per Kiev ammontano a 60,8 miliardi di dollari. Ma attenzione: il Tesoro americano non trasferirà denaro in contanti al governo Zelensky. Questa cifra è suddivisa in più voci: circa 47 miliardi serviranno per il sostegno militare. Di questi, 27,6 miliardi, verranno spesi per acquistare armi e sistemi di difesa aerea; il resto coprirà l’addestramento dei soldati ucraini e la gestione delle basi americane in Europa. Inoltre 13,4 miliardi andranno a ripristinare le scorte del Pentagono, da cui la Casa Bianca ha attinto ripetutamente per inviare armi agli ucraini nei momenti di emergenza.
Gli altri pacchetti
Per Israele messi in campo 26,4 miliardi di dollari. Nell’elenco figurano, tra le altre voci, 8,74 miliardi per rinforzare la difesa militare, a cominciare dall’Iron Dome, la «cupola» della contraerea che nella notte tra sabato 13 e domenica 14 aprile ha abbattuto quasi tutti i missili lanciati dall’Iran. Vengono stanziati 4 miliardi per ripristinare gli stock dell’arsenale americano e 9 miliardi di dollari per l’assistenza umanitaria a Gaza. Per il quadrante Indo-Pacifico ci sono 8,1 miliardi. Le armi per Taiwan valgono 2 miliardi di dollari. Inoltre vengono investiti 3,3 miliardi per potenziare l’industria dei sottomarini. Anche in questo caso 1,9 miliardi andranno a ricoprire i vuoti lasciati nei magazzini del Pentagono. Completano il conto altre spese militari.
Gli affari dell'industria
La svolta americana è maturata in uno scenario di piena emergenza: gli Stati Uniti restano al fianco dell’Ucraina, di Israele e di Taiwan.
C’è, però, un altro aspetto, richiamato da Blinken sempre a Capri: «Questi aiuti militari significano nuove commesse per l’industria americana, quindi posti di lavoro». Tutti i finanziamenti degli Stati Uniti impongono ai Paesi beneficiari di comprare armi dalle aziende americane. Chris Calio, amministratore delegato della Raytheon Technologies, ha già fatto sapere che la sua società è in grado di «soddisfare i due terzi dei bisogni militari ucraini». Si prospettano grandi affari anche per le altre tre big: Lockheed Martin, General Dynamics, Boeing.