Luccica il Convention Center di South Beach sotto i colpi di sole della Florida. Fuori dalla struttura completamente rinnovata lo scorso anno, le macchine di servizio, rigorosamente elettriche, fanno da spola per i collezionisti giunti in città da tutto il mondo. Dentro, sul fuso orario della East Coast è giunta l’ora. L’ora del gran circo dell’arte contemporanea. Quella della regina delle fiere d’arte nella sua edizione più glamour: Art Basel Miami.
The Big One is back titolano a caratteri cubitali i quotidiani locali. La «reina», visto che qui la lingua più usata è lo spagnolo, è tornata e si è riportata con sé la settimana dell’arte più folle del globo. L’arte a Miami è quasi una scusa, è un modo per ammantare in una sola parola lusso, moda, design, food e musica. Piaccia o meno, la Miami Art Week (4-10 dicembre) è la sintesi perfetta di tutto ciò. Contaminazione, ibridazione ed esagerazione a livelli estremi. D’altronde, da queste parti, tutto è visto e vissuto all’eccesso. Glitter, lustrini, star, starlette, champagne, cene e feste fino all’alba sulla spiaggia o sui rooftop dei grattacieli, a tutte le ore. This is Miami Week è l’eccitante mantra motivazionale che si riverbera in ogni dove. Qui tutto è possibile, da Ocean Drive ad Allapattah.
Edizione numero 21
La fiera ha alzato il sipario sulla sua versione americana con doppia tornata di preview gli scorsi 6 e 7 dicembre, prima dell’apertura al pubblico da venerdì 8 a domenica 10. Edizione numero ventuno per la manifestazione leader nelle Americhe targata MCH Group (la rivale Endeavour, che possiede il marchio delle fiere Frieze, ha acquisito le due top Armory Show di New York e Expo di Chicago). 277 le gallerie provenienti da tutto il mondo, 25 i nuovi ingressi, un solo obiettivo: mostrare la migliore arte contemporanea sulla piazza.E, soprattutto, venderla. Seppur con più lentezza e apprensione rispetto al solito, data la crisi globale che si riflette anche sul settore, la “missione” è stata un successo. In tempi fragili come quelli in cui viviamo (vedere per credere le aste newyorkesi di appena un mese fa che hanno ridotto di oltre il 20% il fatturato rispetto al 2022), Miami ha risposto positivamente, e già si proietta nel 2024 con nuovi investimenti e un upgrade cruciale: l’arrivo della nuova direttrice fra meno di un mese, l’ex dealer e gallerista Bridget Finn (Vincenzo De Bellis rimane il supervisore delle quattro piattaforme espositive della fiera, mentre Noah Horowitz ne è il CEO).
Tante stanze, nessuna opera simbolo
Tornando in fiera, l’offerta si mantiene di altissimo livello, sia come curatela degli stand che come proposta alle pareti. Ottima la scelta di aggiornare il layout dispositivo interno, strutturando le sezioni attorno a cinque piazze dove sedersi e pasteggiare a ostriche e champagne e/o riposarsi. Confermate le sezioni degli scorsi anni. Oltre la classica Main (Section), spazio a Meridians, dedicato alle opere monumentali, con 19 progetti; Kabinett, con 30 gallerie per 28 installazioni curate, situate all’interno dei loro stand; Positions, giovani gallerie per voci emergenti; Nova, con opere inedite prodotte negli ultimi tre anni; Survey, alla riscoperta di talenti del Novecento dimenticati; Conversations, invece, è il programma di live talk, quest’anno con un focus sull’America Latina. In totale saranno quattromila gli artisti presentati nella vetrina di Art Basel, dieci le gallerie italiane, che menzioniamo in ordine alfabetico: Alfonso Artiaco, Cardi, Continua, Massimo De Carlo, Kaufmann Repetto, Mazzoleni, Franco Noero, Lia Rumma, Christian Stein, Tornabuoni. L’unica macro differenza con le ultime edizioni è stata la mancanza di un’opera simbolo, come furono la Banana (Comedian) di Cattelan nel 2019 o il bancomat di MSCHF nel 2022 che classificava i miliardari che si avvicendavano al mezzo. Coi tempi che corrono, forse, meglio non esporsi.
Focus, necessario, sulle vendite. 20 milioni di dollari la cifra, per ora, più alta pagata in questi giorni (il Phillip Guston di Hauser & Wirth battuto nelle prime ore di apertura, dal titolo Painter at Night, del 1979). 45 milioni invece l’opera più cara della fiera, il primo Black Painting di Frank Stella (ne esistono solo 24), offerto da Yares Art e non ancora venduto. Realizzato nel 1958, Delta, se passerà di mano diventerà il top price assoluto dell’artista 87enne americano, il record d’asta è fermo a 28,1 milioni. Sempre di Stella, da segnalare da Lèvy Gorvy Dayan un altro capolavoro a fasce arancio, viola, verde dipinto con vernice fluorescente. Titolo: BAFT. Anno: 1965. Valore: 5,5 milioni.
Lasciando fuori gli 85 gradi Fahrenheit (30 gradi Celsius) che saturano l’aria, entriamo in fiera per una rapida panoramica di quel che è successo. A cominciare dalla top ten complessiva dei pezzi più pregiati visti tra stand e corridoi. Oltre i già citati Guston e Stella, menzione d’obbligo a un lavoro storico di Robert Ryman (Untitled, 1961) da David Zwirner (richiesta: 15 milioni di dollari). Sempre dal gallerista di Colonia, è stata acquisita per 9 milioni The Schoolboys (1986-1987), preziosa tela della pittrice sudafricana Marlene Dumas.
Seguono, in ordine sparso, lavori di prima fascia di Andy Warhol (Dollar Sign, 1981) da Van De Weghe (9,7 milioni); Kandinsky (Arrow Toward the Circle, 1930) di Helly Nahmad (7 milioni); Jeff Koons (Cracked Egg, Yellow, 1994-2006) da Gagosian (5,5 milioni); e Lee Krasner, Twelve Hour Crossing (1971-81) portato da Mnuchin (4,8 milioni). Notevoli, per chiudere il cerchio delle migliori presenze, un’inedita Duck di Basquiat su fondo verde lisergico (6,5 milioni, offerto da Acquavella); un dittico di Joan Mitchell, dominato da spazzolate di bianco e bruno, portato da Gray (Canada, prezzo: 4,4 milioni); una delle storiche tirature de Le Violon d’Ingres di Man Ray del 1924 (la galleria è Larkin Erdmanm, la cifra da sborsare è 750 mila dollari); e una bellissima tela frastagliata bianco-nera di Emilio Vedova (Del ciclo della natura, 1958, ceduta per 850 mila dollari da Thaddaeus Ropac).
Capitolo contemporanei: venduti subito (350 mila) gli oltre tre metri di olio su lino (Bacchanalia) delle 33enne Flora Yukhnovich da Hauser; il Ritratto di Yuji Adeniyi-Jones di Kehinde Wiley da Sean Kelly (700 mila); 23:22 di Lucy Bull da David Kordansky (250 mila); e gli Infinity-Nets by Gold di Yayoi Kusama: un quadrato di due metri pervaso da tutta la sua ossessione (4,8 milioni da Edward Tyler Nahem). Monumentali il collage Tea Time in New Haven, 2013 di Njideka Akunyili Crosby (4,85 milioni da Victoria Miro) e il Christian Retreat di Eric Fischl da Skarstedt (850 mila dollari). Raffinatissimi i due solo-show di Galerie Minsky e Weinstein, dedicato alla surrealista italo-argentina Leonor Fini, e di Polka Galerie sul fotografo modenese Franco Fontana, dedicate agli orizzonti di Adriatico e Appennino.
Numerose le compravendite a sette cifre (da Robert Rauschenberg a Tracey Emin), moltissime quelle a sei (da George Condo a Keith Haring). Art Basel ha fatto centro, e non ora per nulla scontato. Tangibile l’ansia nelle prime battute martedì durante la giornata di preview. Un’ansia che piano piano si è stemperata con il pellegrinaggio dei mega collezionisti da tutta America. Non è un caso se il traffico di aerei privati durante l’Art Week a Miami è secondo solo al Super Bowl. I miliardari, in primis nordamericani, hanno risposto e hanno raggiunto il Centro Congressi in massa.
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Le celebrity
Avvistate svariate celebrities giunte a Biscayne Bay con yacht ed elicotteri, tra i più fotografati l’habitué Leonardo Di Caprio, Venus Williams (è sua una delle cene più famose con Pace Gallery, l’altra è quella di White Cube alla Soho House Miami Beach), Cindy Crawford, Pierce Brosnan, Peter Marino, Michael Ballack e Jared Leto. Tutti, tra l’altro, grandi collezionisti di arte contemporanea. Non solo States e Canada. La Florida è il buen retiro dei miliardari anche del Centro e Sud America, grazie alle alte temperature, e soprattutto alle basse aliquote fiscali - lo Stato non impone tasse su plusvalenze, eredità e proprietà. Miami è la porta e la sintesi di tutto il continente, non solo dal punto di vista geografico. La città e la comunità intera sono in continua crescita ed espansione. Gli ultimi a trasferirsi, tra gli altri, sulle coste di Miami Beach sono stati Shakira, Jeff Bezos, Kenneth C. Griffin e Lionel Messi.
Ma la fiera non finisce qui. Art Basel, da quando è arrivata in città nel 2002 (originariamente prevista per il 2001, fu rinviata a causa della tragedia dell’11 settembre) ha trascinato con sé tutto il gran luna park dell’arte contemporanea, nel bene e nel male. Un lungo strascico di paillette e “contemporary” per l’ultimo appuntamento stagionale dell’art system globale. Partiamo dalla fiere, satelliti e collaterali. Sono una ventina quelle che popolano Miami, da Lummus Park a Midtown, ognuna specializzata in un settore specifico, dall’urban art alla fotografia, dall’arte latinoamericana agli works on paper. Martedì hanno dato il via alle danze le due rassegne sulla spiaggia: Scope Art Fair, con al suo interno la prima edizione di photo basel Miami, e soprattutto Untitled, su Ocean Drive: rassegna inclusiva dedicata all’arte ultra contemporanea. Nelle stesse ore, sulla terraferma, ha preso via la fiera più attesa dopo Basel: NADA: la New Art Dealer Alliance ha visto sfilare negli Ice Palace Studio oltre 150 gallerie e organizzazioni non profit giunte qua da più di cinquanta città. Ottimi i feedback e le compravendite.
Di fronte al Convention Center di Art Basel, invece, è andata in scena la sorella Design Miami: “l’autorità globale per il design da collezione”. Art Miami, con la gemella più kitsch e pop Context, ha virato invece sulla Baia di Biscayne, e rimane l’unica manifestazione legata (anche) al Novecento. Chiude il cerchio di quelle più qualitativamente degne di nota INK Miami ospitata nello storico Hotel Dorchester sulla Collins, dedicata alle opere d’arte su carta. Extra fiera che si implementano con la nuova sinergia targata Tribeca Festival. Proprio di fronte alle scaglie bianco scintillanti del Centro Congressi si sono tenute quattro serate-evento: concerti e incontri con gli artisti al Botanical Garden. Tra gli ospiti, la polistrumentista Eartheater; Natasha Diggs; gli autori di Max Original Rap Sh!t e la compositrice britannica Actress. Ultima, ma non meno importante, sperimentazione a firma Art Basel: Access. Una piattaforma di vendita online per le gallerie, dove ai collezionisti verrà chiesto di donare un ulteriore 10% (o più) del prezzo dell’opera acquistata alla Croce Rossa o alla Miami Foundation.
Mostre e Musei
Lunedì mattina sono state inaugurate la “casa” dei mega collezionisti De la Cruz a Key Biscayne e la loro Collection, entrambe nel Design District (mostra: House in Motion/New Perspectives), a due passi dal santuario dei graffiti, Wynwood. Qui, dove “design” è sinonimo di lusso e moda, LVMH ha inaugurato la sua Culture House al Moore Building, Cartier una sua mostra immersiva dedicata al tempo (Time Unlimited) e BMW una installazione in collaborazione con Alex Israel. Immancabili Larry Gagosian e Jeffrey Deitch. I due storici mercanti ospitano la tradizionale mostra pop-up (Forms) in un magazzino del Distretto.
Lì a fianco si staglia, oramai da sei anni, l’Institute of Contemporary Art – ICA. L’edizione “speciale” di quest’anno è Charles Gaines: 1992-2023. Un quartiere più in là, ad Allapattah, il Rubell Museum apre le mostre dei suoi artisti in residenza: Basil Kincaid e Alejandro Piñeiro Bello. La Margulies Collection, tempio dell’Arte Povera, passa da una collettiva di scultura novecentesca al solo show di Mimmo Paladino: Painting and Sculpture. Conferme, non meno importanti, e novità: Faena Art ospita Sebastian Errazuriz che per Spaces of Influence: Shaping Community in the Modern World ha realizzato un labirinto sulla spiaggia a Mid Beach. Alcova Milano fa la sua “prima” a Miami nelle sale del Selina Gold Dust con il suo design sperimentale e indipendente. Al Perez Museum (PAMM) spazio a Gary Simmons: Public Enemy; Joan Didion: What She Means e alla blockbuster Yayoi Kusama: Love is Calling. E ancora, impossibile non passare al MOCA o allo Wolfsonian su Washington Avenue e alle grandi fondazioni, progetti e collezioni che costellano Avenue e Boulevard: Maldonado, Spinello, Craig Robins, Locust, Espacio 23, Historic Hampton House, Making Miami e Superblue. Quest’ultima sugli scudi grazie al progetto realizzato da JR, The Chronicles of Miami: un nuovo enorme murales esposto su Jungle Plaza che ricopre la facciata esterna del museo.
Chiudiamo il tour con il primo dei musei cittadini, The Bass, che nel 2024 compirà sessant’anni. L’istituzione ha puntato dritto sull’artista di casa: Hernan Bas, 46 anni, nato a Miami da genitori cubani, casa-studio in Little Havana. La mostra, The Conceptualists, è stata la più attesa della settimana: la tela diventa strumento d’indagine degli spazi di libertà del mondo queer. Ricapitolando: decine di mostre disseminate in città, venti fiere, centinaia di eventi, migliaia di artisti, gallerie, professionisti, appassionati per sette giorni di arte contaminata con moda, design e lusso. La Magic City, che fu Vice, in questi giorni è l’ombelico del mondo.
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11 dic 2023
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