«AI Act, regole stabili sono un segnale per investire. Così la Ue è più competitiva»

«AI Act, regole stabili sono un segnale per investire. Così la Ue è più competitiva» «AI Act, regole stabili sono un segnale per investire. Così la Ue è più competitiva»

«Non ci sono libertà senza responsabilità» e «un quadro di regole stabili è un segnale innanzitutto per chi vuole investire in Europa, alla quale l’AI Act dà un vantaggio competitivo», sostiene Carlo Corazza, capo dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia, intervenendo all’incontro che ha organizzato insieme al Corriere della Sera (e trasmesso ieri sul sito online), per discutere sul nuovo regolamento (l’AI Act appunto) varato dall’Unione europea per governare l’intelligenza artificiale (AI). E’ la prima legge nel mondo che lo fa.

Il ceo di Microsoft, Satya Nadella, ha paragonato l’impatto dell’intelligenza artificiale alla scoperta del fuoco per l’umanità. «Non c’è un solo settore che non avrà benefici dall’AI, a cominciare dalla ricerca medica e dalla salute fino, ma ci sono anche molti rischi», mette in guardia Brando Benifei, co-relatore dell’AI Act al Parlamento europeo, in una conversazione con il vice direttore del Corriere, Daniele Manca. Perciò con le nuove regole l’Europa ha messo una serie di paletti. La frammentazione in mercati più piccoli indebolisce i legislatori davanti al potere economico. Ma il mercato europeo è un grande mercato: questa è la nostra forza. E permette all’Europa di avere regole», afferma l’europalramentare del Pd. «Ci guardano tutti. L’idea di introdurre norme per regolamentare gli utilizzi più rischiosi è già diffusa, ma solo come scelta volontaria. All’Europa però servono regole, quindi multe, la capacità di eliminare dal mercato i prodotti pericolosi e permettere ai cittadini di rivolgersi alle autorità».

Ad esempio, il nuovo regolamento impone la certificazione sulla qualità dei dati, sulla cyber-sicurezza e sul controllo umano ex ante, per garantire la protezione di dati sensibili in luoghi come le scuole, i tribunali, i luoghi di cura, vietando certi comportamenti, che includono le discriminazioni sociali, di genere, di etnia, e così via. «Abbiamo inserito salvaguardie molto forti e messo divieti», dice Benifei.

«Non sono possibili il social scoring come in Cina o il riconoscimento facciale, se non in crimini gravi e sotto il controllo del giudice. Abbiamo vietato la polizia predittiva», volta ad anticipare i crimini grazie alla combinazione di diversi tipi di dati, inclusi i reati precedentemente commessi, «perché viola il principio di non colpevolezza». E’ inoltre «vietato il riconoscimento delle emozioni sul posto di lavoro, a scuola e all’università», ma è «permesso a scopo terapeutico». Così come è «ammesso il riconoscimento di funzioni vitali», che oggi si fa, ad esempio, con i piloti di aerei e gli autisti. L’AI Act, tra l’altro, introduce la «filigrana digitale» (watermark), per rendere riconoscibili i contenuti prodotti dagli algoritmi più potenti, come Chat Gpt, Gemini, l’AI generativa.

«Il diavolo sta sempre nei dettagli. Non abbiamo letto li testo e aspettiamo per valutare il nuovo regolamento», dice Diletta Huyskes, Head of Advocacy di Privacy Network, durante la successiva tavola rotonda, moderata da Maurizio Molinari, capo dell’Ufficio del Parlamento Ue di Milano. Sottolineando che è «cruciale tenere alta la barra sui diritti delle persone e delle comunità già discriminate e marginalizzate nella nostra società, che con l’AI rischiano non solo di essere perpetrate. ma amplificate».

Più ottimista Enzo Mazza, direttore della Federazione Industria musicale italiana (Fimi), secondo il quale «l’AI generativa è un’opportunità gigantesca, perché non farà altro che aumentare le possibilità di artisti e autori davanti alla “fame” di contenuti da parte dei fruitori di musica», sostiene ricordando che «la produzione artistica attraverso le piattaforme di AI permette di fare cose fantastiche, che le case discografiche hanno già sfruttato per produrre contenuti».

Anche «l’industria assicurativa sta investendo molto sull’AI», racconta Diego Pasini, responsabile Operation Danni e Commerciale di Unipol. «L’AI sarà l’arena competitiva del futuro per la nostra industria e sarà un pilatro del nostro prossimo piano industriale», anticipa. «Immaginate che l’apertura del sinistro possa essere fatto dall’AI, così me il recupero della documentazione, l’analisi delle foto, distinguendo i fake che potrebbero sfuggire all’occhio umano. Perfino la valutazione di un range di rimborso sulla base di casi storici». Ma, rassicura, «l’uomo resterà al centro», si tratterà di «spostare l’attività dell’uomo verso un tema decisionale».

Più scettico invece Andrea Pezzi, presidente di Mint. Pur riconoscendo il valore simbolico dell’Ai Act, lo valuta «velleitario», perché «per scrivere la legge il legislatore deve sapere scrivere il codice. E’ questa la grande sfida del Parlamento Ue», afferma.

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