Signa, in bilico l’impero immobiliare di René Benko: debiti per 13 miliardi, fra i creditori anche Unicredit

Signa, in bilico l'impero immobiliare di René Benko: debiti per 13 miliardi, fra i creditori anche Unicredit Signa, in bilico l’impero immobiliare di René Benko: debiti per 13 miliardi, fra i creditori anche Unicredit Nella miniatura: René Benko, fondatore di Signa Holding

Mister 64 metri. Così era scherzosamente soprannominato René Benko nella cerchia dell’ex cancelliere austriaco, Sebastian Kurz. Un riferimento al mega-yacht, dove il fondatore del colosso immobiliare Signa usava invitare politici, celebrità, azionisti e investitori, intrattenendoli con mille attrazioni: cinema, palestra, piscina e ovviamente grandi feste. Ora, secondo indiscrezioni, il panfilo «Roma» sarebbe in vendita, con una valutazione stimata di 45 milioni. A riprova delle cattive acque finanziarie in cui naviga il gruppo Signa, schiacciato da miliardi di debiti — di giorno più onerosi e difficili da sostenere a causa dell’aumento dei tassi d’interesse — che hanno costretto Benko a dimettersi dal consiglio e i nuovi vertici a presentare istanza di insolvenza al tribunale di Vienna. Agitando lo spettro di un crac che rischia di coinvolgere oltre 130 creditori e desta preoccupazioni nelle autorità di vigilanza bancaria europee.

Il debito

Oltre che sul carisma, del resto, Benko ha costruito il suo impero proprio sul debito. Negli anni del denaro a costo zero e della liquidità facile, Signa si è lanciata in una campagna acquisti che l’ha resa uno dei maggiori gruppi immobiliari d’Europa. Il suo portafoglio da oltre 23 miliardi di euro comprende i grandi magazzini britannici Selfridges, il Park Hyatt di Vienna e il grattacielo Chrysler a New York, nonché alcuni progetti nel Nord Italia, in particolare in Alto Adige. Edifici iconici che hanno consentito a Benko di attrarre nel capitale grandi investitori quali la famiglia Peugeot, i Rausings di Tetra Pak e persino l’ex pilota di Formula 1, Niki Lauda. Più che sui fondi degli azionisti, però, le fondamenta di Signa sono state costruite sui debiti. Già, ma quanti e contratti con chi?

Passivo da 13 miliardi di euro

Questa è la domanda che aleggia sul mercato e fra le autorità di vigilanza da che la solidità economica di Signa ha mostrato le prime crepe. Il gruppo è infatti privato e organizzato in una serie di scatole, holding e sub-holding sparse in più Paesi e giurisdizioni, talvolta paradisi fiscali. Un labirinto societario che rende difficile stimare la sua reale esposizione debitoria e la segregazione dei vari patrimoni. Secondo un’analisi di JpMorgan, il passivo di Signa sarebbe di almeno 13 miliardi di euro e, stando ad alcune ricostruzioni, le banche creditrici sarebbero oltre 120. I nomi di alcune di loro sono noti: la svizzera Julius Baer, Credit Suisse (oggi Ubs), Bank of China, la francese Natixis, l’austriaca Raiffeisen e l’italiana UniCredit che ha una forte presenza in Germania e in Austria. L’identità degli altri istituti esposti al traballante colosso immobiliare non è però al momento stata rivelata. Ed è un’incertezza che, di certo, non giova alla stabilità finanziaria.

Alla ricerca di compratori

Già da qualche mese, così, la Banca centrale europea ha acceso un faro sugli istituti creditori di Signa, invitandoli a svalutare a bilancio i prestiti accordati al gruppo. Ma fino a che punto? Molto dipenderà dall’esito della procedura di insolvenza attivata dinanzi ai tribunali austriaci, che azzererà il valore della partecipazione di Benko ma consentirà ai manager della società di tentare in proprio una ristrutturazione del debito, evitando la nomina immediata di un commissario liquidatore. Saranno così i vertici di Signa ad andare alla ricerca di compratori per le attività immobiliari al fine di rastrellare – quantomeno – gli 1,3 miliardi di debiti in scadenza quest’anno.

Effetto domino?

L’iniziativa appare tuttavia incerta nell’esito. L’appetito degli investitori per l’edilizia commerciale è ai minimi termini. La diffusione del lavoro da remoto e la volontà delle aziende di risparmiare sugli affitti in un periodo economico difficile ha causato un tracollo del mercato globale degli uffici, causando di recente negli Stati Uniti lo spettacolare fallimento di WeWork, passato in pochi anni da una valutazione di 47 miliardi a zero. Toccherà anche a Signa la stessa sorte? Dalla sua il gruppo di Benko ha un portafoglio di edifici di lusso che sulla carta sono meno esposti al ciclo economico e per cui, quindi, la domanda è generalmente elevata. D’altronde, l’obbligo di venderli, e in fretta, potrebbe farne crollare il valore, generando a cascata un più generale deprezzamento degli immobili di pregio europei. Un rischio di effetto domino evidenziato anche in una recente analisi della Bce che, notando un calo del 47% delle compravendite di immobili commerciali, ha lanciato un allarme sull’esposizione delle banche europee al settore che rappresenta il 10% del loro portafoglio prestiti.

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