Ritiro dem a Gubbio, in pullman si canta. I big danno forfait

GUBBIO — L’idea era di rinchiudersi due giorni in un convento per ritrovare l’armonia del gruppo parlamentare. Smaltire le scorie del dibattito sull’Ucraina, la linea del partito per alcuni modificata senza prima discuterne, e i battibecchi sull’abuso d’ufficio. Sarà per questo che la presidente dei deputati pd, Chiara Braga, ha pensato bene di riunire gli eletti in un vecchio monastero nel cuore dell’Umbria, che nel ‘600 era sì un ricovero per religiosi in cerca di pace, beati loro, ma ora trasformato in un suggestivo 4 stelle: piscine indoor e outdoor, Spa con sauna e bagno turco, centro Mésségue, che proprio a Gubbio ha aperto il suo templio del wellness tricolore frequentato pure da Silvio Berlusconi. Scelta utile a coniugare l’esigenza di riservatezza con i comfort adeguati a una classe dirigente poco incline al disagio. Senza tuttavia valutare le ricadute: gli sfottò dei commentatori sulla gauche caviar che non cambia mai. Clamore che ha convinto Elly Schlein a disertare: ufficialmente per altri impegni. Si farà vedere soltanto domani, per chiudere il conclave.

E allora eccoli qui, i rappresentanti del popolo dem, sbarcare alle cinque della sera al Cappuccini Park Hotel da un torpedone bianco come scolari in gita di piacere. Anche se, dalle facce un po’ stralunate di chi si chiede “ma che ci faccio qui?”, non si direbbe. Circa tre ore di viaggio senza neppure una sosta in Autogrill, trascorsi quasi sempre a cantare sulla playlist tutta italiana preparata dal deputato Toni Ricciardi. E non solo. Cecilia Guerra, sulle note di Viva la mamma non si tiene e si mette a ballare, però da seduta. Mentre Federico Fornaro sonnecchia: «Ho dormito tutto il tempo» informerà i giornalisti alla discesa. «L’ultima che abbiamo intonato è Perdere l’amore di Massimo Ranieri», scherza Gianni Cuperlo, alludendo forse al suo attuale stato d’animo nei confronti del Pd. Frizzi e lazzi che Braga mostra di non apprezzare: «Abbiamo voluto questo appuntamento, in un contesto più tranquillo, meno schiacciato sulla contingenza parlamentare, sia per fare squadra sia per confrontarci», spiega la capogruppo. «Servono idee, voci stimolanti che possano aiutarci a fare l’opposizione e a prepararci a tornare a governare. Se lo facesse anche il governo, di confrontarsi con queste voci, forse farebbe meno fesserie e capirebbe meglio il mondo che abbiamo davanti, il Paese reale».

Poche battute, in Sala Capogrossi – affrescata dal grande pittore romano in cambio di ospitalità - è tutto pronto. Si notano le assenze di Lorenzo Guerini, rientrato a Lodi – la sua città - per la festa del Patrono; Enrico Letta, in trasferta europea; Paola De Micheli, in polemica perenne; Chiara Gribaudo. Un paio sono stati trattenuti alla Camera, ma sono giustificati. Andrea Orlando arriva tardi e va via presto perché stamattina ha un’iniziativa a Genova.

Intanto, nei due panel in programma si parla di «dove va il mondo, fra guerra e pace», tasto sensibile nel partito di Schlein; e poi di «destra al potere, tra propaganda e sogni di egemonia».

Quando la giornalista Francesca Mannocchi demolisce gli accordi con la Libia siglati al tempo del governo Gentiloni, la platea rumoreggia. Poi prende il microfono Laura Boldrini e le dà ragione. Stessa scena allorché la politologa Nadia Urbinati dice che il Pd ha perso le elezioni «per le vostre politiche di deregolamentazione del lavoro». Spiegando che «siamo in una fase plebiscitaria, i cittadini chiedono protezione e accettano “l’uomo forte”, vedi Trump, nella speranza di avere una buona occupazione e una vita decente. E così si fa propaganda e protezionismo, come Meloni. Serve più coraggio e radicalità».

È notte quando il dibattito finisce. Tutti al ristorante. Piuttosto perplessi. «Si poteva fare anche a Montecitorio, ma non è un clima che consente il dialogo, lo spirito di gruppo e lo stare insieme è sempre utile», fa spallucce Orfini. Della possibile corsa della segretaria alle Europee non si è accennato. Anche se la notizia della trattativa fra gli staff di Meloni e Schlein sul duello tv «sembrerebbe far propendere per il sì». Pure a dispetto dell’appello lanciato da 26 democratiche, fra cui le senatrici Malpezzi e Valente, per «evidenziare le molteplici conseguenze negative» che l’ipotesi di Schlein candidata ovunque «avrebbe sulle candidature femminili e sull’immagine del Pd». Ma a Gubbio «pure oggi decidiamo domani», motteggiano i deputati. Ormai rassegnati.