Putin da Xi Jinping: gli accordi militari e la fretta di Mosca per ottenere nuovo aiuto (e rimpolpare gli arsenali da usare in Ucraina)

diGuido Santevecchi

Il collante della relazione speciale tra Putin e Xi Jinping è la comune avversione al sistema democratico occidentale. Lo Zar elogia il piano di pace di Pechino sull'Ucraina e firma un accordo per rafforzare la collaborazione strategica. I russi hanno bisogno delle forniture "doppio uso" dell'industria cinese

In this pool photograph distributed by the Russian state agency Sputnik, Russia's President Vladimir Putin and China's President Xi Jinping shake hands during a signing ceremony following their talks in Beijing on May 16, 2024. (Photo by Sergei GUNEYEV / POOL / AFP) / ** Editor's note : this image is distributed by Russian state owned agency Sputnik **

La stretta di mano tra Putin e Xi Jinping (Afp)

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO - Ha molta fretta Vladimir Putin. È atterrato a Pechino prima dell’alba, ha attraversato velocemente la città sulla sua limousine Aurus Senat lunga sei metri e mezzo, blindata e dotata di tutti i gadget utili a un grande Capo di Stato in movimento (è orgoglioso di questa auto speciale prodotta dall’industria russa e ne ha spedito una in regalo al nordcoreano Kim Jong-un, per ringraziarlo delle forniture di munizioni). Davanti alla Grande Sala del Popolo di Piazza Tienanmen il presidente russo è stato accolto da Xi Jinping. Il cerimoniale ormai recita a memoria, perché i due si sono incontrati 42 volte da capi di Stato e un’altra, la prima nel 2010, quando Xi era ancora numero due della nomenklatura mandarina e Putin già presidente di lungo corso.

Colpi di cannone, rapida sfilata di reparti per rendere onore all’ospite e mostrare al mondo che lo Zar non è solo, a dispetto dell’isolamento impostogli dall’Occidente. Ma questa è coreografia politica, ora Putin ha bisogno soprattutto di sostegno materiale.

I commerci (fiorenti) tra Russia e Cina

Le due ore e mezza di colloqui sono state centrate sui rapporti economici e commerciali tra Russia e Cina, transazioni che hanno raggiunto il valore di 240 miliardi di dollari, per il 90% regolati in yuan e rubli, si è vantato lo Zar. Gli economisti osservano che lo yuan cinese domina il 70% di questi scambi e anche il sistema finanziario di Mosca ormai è socio di minoranza di Pechino. Putin va avanti su questa strada, non ha alternative e tiene a precisare che anche «le case automobilistiche cinesi sono benvenute sul nostro mercato».

La guerra in Ucraina, vista da Pechino

Se Putin nella visita a Pechino ha fretta è perché sta cercando successi sul campo di battaglia ucraino prima che le forze di Kiev ricevano le nuove forniture di armi promesse dagli Stati Uniti. È corso da Xi per sapere fino a dove l’amico sia disposto a spingersi per aiutarlo, non solo politicamente ma anche materialmente. Il suo socio di maggioranza cinese non ha mai condannato l’aggressione all’Ucraina e ha lanciato un grosso salvagente all’economia russa sotto embargo, come prova il fatto che l’interscambio è più che raddoppiato nei due anni di guerra. Ma Xi non può e non vuole tagliare i ponti economici con Stati Uniti e Unione europea (l’export cinese verso gli Usa fa incassare all’industria cinese 427 miliardi di dollari l'anno, quello verso l’Ue 550 miliardi). Ecco perché la Cina deve giocare con grande cautela.

In una conferenza stampa in cui al solito non erano previste domande, Xi ha sostenuto che «la posizione della Cina sulla questione ucraina è sempre stata chiara, noi speriamo che pace e stabilità vengano ristabilite rapidamente sul continente europeo e continueremo a svolgere un ruolo costruttivo». Ha detto che la relazione e l’amicizia tra Pechino e Mosca saranno ulteriormente rafforzate per lasciarle alle «prossime generazioni».

I due presidenti hanno firmato un documento formale per «l’approfondimento del coordinamento e della cooperazione strategica».

Putin è arrivato a Pechino preceduto da un’intervista all’agenzia Xinhua che suona come un comizio e una richiesta tra le righe. La parte più dura è sull’Occidente, che accusa di «cercare di imporre un ordine basato su menzogne e ipocrisia, su alcune regole da mitologia di cui nessuno conosce gli autori». 

È noto che la comune avversione al sistema democratico occidentale è il collante della sua relazione speciale con Xi Jinping. Sulla guerra in Ucraina il presidente russo assicura di essere «disposto a negoziare», ma sostiene che è stato sempre l’Occidente a far saltare il dialogo. Segue un grande riconoscimento al «desiderio sincero della Cina di stabilizzare la situazione a dispetto di una mentalità da Guerra fredda» (che addossa sempre agli occidentali).

Putin ha riesumato il piano in 12 punti presentato dalla diplomazia mandarina a febbraio del 2023 per «una soluzione politica della crisi». Quel documento cinese non prevedeva un ritiro dell’Armata russa dai territori occupati, dichiarava però il no di Pechino all’uso dell’arma nucleare (unica richiesta esplicita di moderazione mandata da Xi al socio Putin, il quale però ha agitato lo spettro degli «ordigni tattici» anche la settimana scorsa, proprio mentre l’amico cinese era a colloquio con Emmanuel Macron a Parigi).

La Russia chiede alla Cina di fare da garante per la pace

In apparenza, niente di nuovo sul fronte orientale da parte della coppia di cari amici, mentre l’offensiva russa sta conquistando terreno ucraino. Ma tra le righe del testo consegnato alla Xinhua Putin ha aggiunto che «il problema principale» sulla via di futuri colloqui per chiudere la crisi sarebbero le garanzie di sicurezza di fronte a quella che definisce la doppiezza occidentale: questo ragionamento implica un ruolo chiave, da garante, per la Cina al momento opportuno.

Dietro i due leader si muovono a Pechino delegazioni di ministri, economisti, esperti di finanza, consiglieri speciali, capitani d’industria. Sono loro i protagonisti occulti di questo show. Sappiamo che hanno preparato per la firma 11 documenti inter-governativi e la dichiarazione per elevare ancora la partnership speciale.

I colloqui (segreti) sulle forniture cinesi con cui Mosca rimpolpa i suoi arsenali

C’è però un aspetto delle relazioni bilaterali che viene discusso in segreto, senza alcuna pubblicità: riguarda il sistema di pagamento russo delle forniture cinesi «dual use», sia civile sia militare, di tecnologia e macchinari che consentono all’industria bellica di Mosca di ricostituire l’arsenale di missili, tank e aerei messo a dura prova dai due anni di guerra in Ucraina.

La Casa Bianca ha scoperto il gioco e minaccia di imporre sanzioni oltre che alle aziende cinesi che forniscono il materiale, alle banche di Pechino che favoriscono le transazioni. È la necessità di muoversi con prudenza che con ogni probabilità ha causato il calo ufficiale dell’export cinese verso la Russia: 15% a marzo e 13% ad aprile. Ma le vie delle triangolazioni sono infinite. Un caso: nel 2023 le importazioni di cuscinetti a sfera cinesi da parte del Kirghizistan hanno fatto un balzo del 1.500%. Quelle sfere metalliche sono a «doppio uso», vanno bene anche per i carri armati. Facile sospettare che dal Kirghizistan le forniture siano state trasferite in Russia.

Putin si è portato al seguito il nuovo ministro della Difesa Andrei Belousov, un economista cha ha coltivato ottimi contatti con i cinesi e la sua nomina è anche un indizio di questa tattica che punta a rafforzare la collaborazione nel settore dell’industria militare. Nella delegazione russa anche la governatrice della Banca centrale, il ministro delle Finanze, il direttore dei servizi di controllo finanziario, quelle della cooperazione militar-industriale. Tutti personaggi che sanno come si fa import-export muovendo il denaro con la massima discrezione.

16 maggio 2024 ( modifica il 16 maggio 2024 | 12:21)

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