Elezioni in Francia, i risultati e cosa succede oggi, in diretta |
Cosa succede adesso in Francia? La scelta di Macron e l'ipotesi che il Fronte popolare si disgreghi immediatamente
(Stefano Montefiori) Che cosa succederà adesso? Secondo la Costituzione francese, il capo dello Stato è l’unico a decidere quando si tratta di nominare il premier, e può farlo quando crede, non c’è una scadenza. Il punto è scegliere un premier che sia espressione di una maggioranza, altrimenti il governo può essere immediatamente fatto cadere con una mozione di censura. Ma l’Assemblea nazionale è adesso a prima vista ingovernabile, con tre blocchi principali — il vincitore Nuovo fronte popolare di sinistra, il blocco macronista Ensemble che a sorpresa ha tenuto, e il blocco del Rassemblement national che arriva terzo con enorme delusione — che restano molto lontani dalla maggioranza assoluta.
Il primo scenario che si apre quindi davanti a Emmanuel Macron, ma non l’unico, è quello di un governo sostenuto da una coalizione di forze lontane tra loro, che si erano affrontate durante la campagna elettorale. Anche le maggioranze dell’era Macron dal 2017 a oggi erano coalizioni, in fondo, tra il partito di Macron e quello di François Bayrou per esempio, ma che si presentavano come tali già prima delle elezioni. Qui invece si tratterà di trovare un accordo tra forze che fino a ieri erano concorrenti, e che dovranno rinunciare a parte dei loro programmi e delle loro promesse elettorali per trovare un accordo che permetta al Paese di essere governato. Una pratica comune in Germania, con i mesi di trattative che dopo le elezioni sfociano in un governo di coalizione chiamato a realizzare un programma di governo scritto e controfirmato. Un’esperienza del tutto inedita in Francia, ma invocata da molti. Resta da capire, chi potrebbe partecipare? L'analisi del nostro corrispondente Stefano Montefiori si può leggere per intero qui.
La Francia sceglie la sinistra, contro Le Pen
(Elena Tebano) Tutti si aspettavano che il secondo turno delle elezioni francesi avrebbe confermato la vittoria dell’estrema destra guidata da Marine Le Pen. Invece, il Rassemblement National è solo terzo. Il Nuovo Fronte popolare, la coalizione di sinistra che si è unita in pochissimo tempo allo scopo di scongiurare l’ascesa della destra post-fascista, ha ottenuto il maggior numero di seggi in parlamento, con un risultato importante per il partito più a sinistra, La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. L’alleanza centrista del presidente Emmanuel Macron risulta al secondo posto.
Quando sono stati comunicati i risultati degli exit poll nel quartier generale del Rassemblement National (Rn) è calato il gelo. Jordan Bardella, il 28enne protetto di Le Pen che sperava di diventare primo ministro, si è lamentato che l’esito del voto con la vittoria dell’«alleanza del disonore» ora «getta la Francia nelle braccia dell’estrema sinistra».
Macron, che ieri non ha parlato, aveva deciso di sciogliere il parlamento quattro settimane fa, dopo le elezioni europee vinte da Rn, ufficialmente per «fare chiarezza», in realtà per cercare un risultato alle legislative che mettesse in difficoltà l’estrema destra. È riuscito in parte a ottenere quest’ultimo risultato, ma non ne è uscito più forte: i partiti che lo sostengono ora sono più deboli e hanno perso seggi in parlamento.
Il problema adesso è soprattutto capire chi potrà governare: nessun blocco ha ottenuto una chiara maggioranza e la Francia, la seconda economia più grande dell’Unione Europea, si trova ad affrontare una nuova incertezza. «Sia ben chiaro che il Nuovo Fronte popolare è stato chiamato a governare, e noi abbiamo ogni intenzione di rispettare il mandato che ci è stato appena consegnato dal popolo. Sappia Macron che nessun sotterfugio, nessuna trattativa segreta sarà da noi accettata» ha detto Mélenchon poco dopo la chiusura delle urne. Ma il Nuovo Fronte popolare, unito contro Le Pen, ha già cominciato a disunirsi. Il primo ministro francese Gabriel Attal ha dichiarato che si dimetterà ma rimarrà ad interim durante le Olimpiadi o per tutto il tempo necessario, dato che potrebbero esserci settimane di negoziati per scegliere un nuovo premier.
«Si può dire che Macron ha fatto un disastro: aveva sciolto il Parlamento per fare chiarezza, e ora siamo in una situazione che è tutto tranne che chiara» dice Nathalie Schuck, nota analista politica del settimanale Le Point, ad Alessandra Coppola. «Questo sistema ha sempre dimostrato la sua solidità, ha retto al maggio ’68, ha resistito ai gilet gialli e il presidente l’ha portato al disordine. Mai era successo prima in Francia. Con il rischio anche di una degenerazione nella sicurezza perché dieci milioni di elettori si sentiranno defraudati. Nonostante i risultati del secondo turno, l’onda del Rassemblement national non si può ignorare».
In ogni caso sarà il presidente Macron a scegliere chi guiderà il governo. Negli ultimi due anni la Francia ha avuto un governo di minoranza che ha messo in difficoltà la sua presidenza, prossimamente potrebbe avere un governo politicamente lontano dal presidente anche se deve condividere con lui il potere esecutivo.
(Questo testo è stato pubblicato originariamente sulla nostra newsletter Prima Ora)
Mélenchon: «Evitato lo scenario peggiore. Il Nuovo Fronte popolare deve governare»
Meno tre, due, uno. Quello che segue all’annuncio televisivo della prima proiezione è paragonabile soltanto ai festeggiamenti di una squadra di calcio che ha vinto i Mondiali, un lungo momento di delirio dove volano birra, acqua, grida, lacrime, abbracci. Fuori dalla Rotonde Stalingrad, il quartier generale di La France Insoumise, la piazza esplode in un boato che mischia esultanza a sorpresa.
Appena un attimo prima, quando la conduttrice del primo canale televisivo aveva lanciato il conto alla rovescia, dominava una attesa guardinga. «Un minuto, signor boia» aveva detto a voce alta una anziana volontaria, citando un modo di dire francese che certo non induceva all’ottimismo e strappando una generale risata di approvazione. Lo stato d’animo era questo. Ma tutto cambia in un istante, la storia accade così, all’improvviso. Adesso sono tutti gli altri a dire che non ha vinto nessuno. Ma visto dal locale al centro della piazza che ricordava la battaglia di Stalingrado, è impossibile negare che un vincitore c’è, per quanto controverso e sgradito anche ai suoi alleati del Nuovo Fronte Popolare.
«Jean-Luc, Jean-Luc» grida la folla che si accalca davanti al piccolo palco travolgendo cameramen e giornalisti. Anche la scelta del luogo dove attendere l’esito dei ballottaggi testimonia di un risultato che eccede ogni aspettativa. Troppo piccolo, troppo stretto il bar dove LFI ha dato appuntamento a tutti. Quando sale sul palco, il vecchio tribuno Mélenchon è visibilmente emozionato. Accanto a lui ci sono i suoi luogotenenti, i fedelissimi che gli sono rimasti accanto dopo la purga che ha allontanato senza ricandidarli i dirigenti che contestavano la sua linea e il suo potere assoluto all’interno del partito da lui fondato ormai quindici anni fa, quando abbandonò il Partito socialista in polemica con la linea moderata imposta da Ségolène Royal. Se Mathilde Panot e il duro Manuel Bompard, l’uomo di mano di Mélenchon, si limitano a sorridere e ad annuire all’ovazione riservata al leader, sulle guance di Danièle Obono, originaria del Gabon, uno dei volti più popolari di LFI, scorrono lacrime di gioia.
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