Stellantis, il compenso del ceo Tavares verso 36,5 milioni, vale quello di 518 dipendenti. A Elkann 4,8 milioni
di Francesco Bertolino
Che ci fosse un'eterodirezione francese era chiaro sin dall'inizio. Quanto meno dalla scelta di nominare Carlos Tavares amministratore delegato di Stellantis, nata dalla fusione tra Fca e Psa. Ma leggendo i patti parasociali a tre anni di distanza dalla fusione per incorporazione di Fca in Psa (secondo il prospetto informativo depositato alla Sec all'atto della quotazione a Wall Street) Stellantis può diventare ancora più francese, orientando così interessi e strategie nella direzione indicata dal governo di Parigi, socio diretto del gruppo automobilistico.
Si tratta di un patto che non risulta essere stato modificato e che ora consente di modificare i rapporti di forza. La strategia viene delineata oltre confine, come dimostra il calo di produzione di auto in Italia nonostante le recenti promesse di un imminente ribilanciamento. Nel prospetto, secondo i principi contabili della Sec, a pagina 108 c’è la seguente frase: «The Merger will be accounted for using the acquisition method of accounting in accordance with IFRS 3, which requires the identification of the acquirer and the acquiree for accounting purposes. Based on the assessment of the indicators under IFRS 3 and consideration of all pertinent facts and circumstances, FCA and PSA’s management determined that Peugeot S.A. is the acquirer for accounting purposes and as such, the Merger is accounted for as a reverse acquisition».
di Francesco Bertolino
Venne dunque indicato, traducendo, che «Fca e Psa hanno determinato che Peugeot Sa è l’acquirente dal punto di vista contabile e la fusione è contabilizzata come un’acquisizione inversa». D’altronde il pericolo veniva già ampiamente esplicitato in una nota del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che nel 2022 ammetteva un rischio nazionale per lo «spostamento del baricentro di controllo del gruppo sul versante francese, con ricadute già evidenti nel settore dell’indotto connesso con le linee di produzione degli stabilimenti italiani». Evidenziando come «la quota detenuta dall’azionista pubblico francese è cresciuta dopo l’operazione di fusione, determinando una distribuzione della proprietà diversa da quella precedentemente annunciata. Al fine di preservare gli interessi nazionali nell’industria automobilistica, le cui ramificazioni risultano estremamente significative nel panorama economico nazionale, potrebbe essere valutato — suggeriva il Copasir — un interessamento di Cassa depositi e prestiti, il cui eventuale ingresso nel gruppo industriale potrebbe favorire un ribilanciamento di pesi tra la componente francese e quella italiana, così proteggendo le tecnologie e l’occupazione».
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Il governo d’Oltralpe aveva consegnato, all’atto della fusione, le sue quote di derivazione Psa a Bpifrance, controllata per il 49,3% dalla Caisse des Depots et Consignations (Cdc, corrisponde alla nostra Cassa depositi e prestiti) e dall’ente, sempre governativo, Epic. Una posizione forte, tanto da aver inserito nel consiglio di amministrazione di Stellantis il suo direttore, Nicolas Dufourcq, a segnalare la presa del governo su un gruppo strategico. A Bpifrance venne attribuita poi anche un’ulteriore quota del capitale, lo 0,3%, un valore che corrispondeva a più di 9 milioni di azioni ordinarie riconosciute grazie alla partecipazione in Psa di due controllate, Cnp Assurances e La Banque Postale
Gli accordi di fusione fra Fiat-Chrysler e Peugeot prevedevano nel 2021 l’istituzione di un modello per blindare il controllo dei grandi soci sul costruttore. Nello statuto i detentori di azioni per un periodo ininterrotto di almeno tre anni riceveranno, è messo nero su bianco, un’azione a voto speciale in aggiunta a ciascuna azione ordinaria posseduta. Fra gennaio e febbraio di quest’anno, così, i tre principali soci di Stellantis hanno maturato la maggiorazione dei loro diritti di voto, tra cui anche Exor, holding di famiglia Agnelli, che l’ha ottenuta già a gennaio. Ora a afforzare la presa c'è anche la possibilità, prevista dagli accordi riservati, per Psa di incrementare la quota del 2,5%. Una opzione non prevista per Exor che, con il 14,2%, è invece bloccata su questa soglia.
di Francesco Bertolino
In linea teorica quindi la famiglia Peugeot può arrivare dal 7,1% attuale al 9,6, sborsando un bel po' di quattrini, segnala il quotidiano il Messaggero. Lo Stato francese (6,2%) non ha questa opzione, anche se quando fu discusso il patto, l'idea di aumentare la quota fu messa sul tavolo e poi accantonata proprio in virtù di un rapporto di forza che si era andato consolidando. Negli accordi di fusione tra Fca e Psa lo Stato francese era l'unico autorizzato a vendere il 2,5% delle azioni della casa automobilistica, ma tale vendita non è mai stata effettuata. Anzi, la posizione è ora più forte rispetto a tre anni fa. Anche perché Macron punta alla leadership nel settore auto in Europa. Tant'è che pensa ad una integrazione con Renault per conquistare la supremazia continentale.
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