Haiti ha bisogno di aiuto. Le auto con drone e canna da pesca: America-Cina di oggi

America-Cina Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera
testata
Martedì 12 marzo 2024
Haiti ha bisogno di aiuto
editorialista di michele farina

I bambini che vedete qui sopra si sono rifugiati in una scuola per sfuggire alle violenze che infiammano Haiti, la più giovane repubblica dei Caribi, la prima dove gli schiavi si ribellarono vittoriosamente agli oppressori. Oggi le vittime crescono di giorno in giorno, e gli oppressori pure. La newsletter parte idealmente dalle strade di Port-au-Prince per il nostro giro del mondo quotidiano: le sparate di Trump, i polacchi alla Casa Bianca, la fabbrica delle falsità, Xi Jinping nel labirinto del crac immobiliare, la cartolina da Kiev, il taccuino sul «fronte esterno» di Gaza, Parigi che supera Mosca nel bazar delle armi, la fortezza svedese della Nato, il giorno di Robert Hur al Congresso di Washington, le auto cinesi (con drone e canna da pesca incorporati), le auto americane (forse) più leggere, un donatore di casette al parco di Yellowstone. E in fondo, una donna di Hamburg che vuole mettere un gigantesco hamburger (accento sulla a) in cima a una torre dell’acqua.

Buona lettura.

La newsletter America-Cina è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qui e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it.

1. È la fabbrica delle falsità, bellezza
editorialista
di massimo gaggi
da New York

Il Chicago Chronicle? Mah, il quotidiano della metropoli dell’Illinois è il Chicago Tribune, mai sentito parlare del Chronicle. Ora ne è spuntato uno pure a Miami dove il giornale locale si chiama Herald, non Chronicle. E il New York News Daily? Qui il quotidiano locale è il Daily News. Un errore? Non proprio. Tutte queste testate giornalistiche digitali hanno fatto la loro comparsa sul web nelle ultime settimane: non sono giornali elettronici americani, ma strumenti di disinformazione creati dalla Russia, presumibilmente per aumentare la confusione e destabilizzare gli Stati Uniti in un anno di elezioni assai delicate per il futuro democratico del Paese.

imageHumphrey Bogart, protagonista del film L’ultima minaccia del 1952: «È la stampa, bellezza»

  • La trama del Cremlino è stata ricostruita dal New York Times sulla base delle ricerche e della sorveglianza sul web del Media Forensics Hub della Clemson University che già in autunno aveva segnalato la nascita di uno strano sito, D.C. Weekly, mascherato da giornale della capitale (DC è la sigla del distretto di di Washington). Per adesso questi siti sono scarsamente attivi o diffondono notiziari abbastanza anodini in mezzo ai quali spunta, però, di tanto in tanto un falso (...).
  • L’osservatorio di Clemson ha anche denunciato che in autunno D.C.Weekly aveva diffuso, tra molte notizie vere (in genere riprese da siti come quelli della Reuters e di Fox News), anche una fake news quando Volodymyr Zelensky è andato a New York per partecipare ai lavori dell’Onu, la moglie sarebbe andata da Cartier acquistando gioielli per 1 milione e 100 mila dollari. Un evidente tentativo di mettere il presidente ucraino in cattiva luce davanti al suo popolo. Secondo gli analisti del controspionaggio, questi attacchi insidiosi vengono dalla stessa fabbrica delle falsità... (qui l’articolo completo).
2. Trump elogia Hitler e prende in giro la balbuzie di Biden
editorialista
di viviana mazza
corrispondente da New York

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ha presentato ieri una proposta da 7.300 miliardi di dollari per la legge di Bilancio. Il testo prevede un aumento delle tasse per le grandi multinazionali e le fasce di reddito più alte, un incremento della spesa sociale e nuovi provvedimenti per abbassare i costi delle abitazioni e dell’università. La proposta riflette in parte quella presentata dalla Casa Bianca al Congresso nel 2023 e include un appello ad approvare 100 miliardi di dollari tesi a rafforzare la sicurezza al confine con il Messico e a finanziare l’assistenza militare a Ucraina e Israele (...).

  • Secondo un libro in uscita firmato dall’anchorman della Cnn Jim Sciutto, Donald Trump, quand’era presidente, avrebbe espresso apprezzamenti per diversi autocrati: Putin, Kim Jong-un, Xi Jinping e anche Adolf Hitler. «Ha fatto anche cose buone», avrebbe detto al suo ex capo di gabinetto John Kelly, che lo ha raccontato a Sciutto.
  • Sabato scorso in Georgia, Trump ha preso in giro Biden per la balbuzie, chiedendo tra le risate del pubblico se il rivale possa «riunire il Paese i-i-i-insieme». La campagna di Biden ha replicato: «Crede che prendere in giro la gente... lo faccia apparire più forte, ma ciò rivela quanto sia debole e insicuro». Trump ha guardato lo spettacolo degli Oscar domenica e sui social ha definito il presentatore Jimmy Kimmel (che spesso lo ha criticato in tv) il «peggiore» di tutti i tempi. Kimmel ha letto il post in onda, commentando: «Grazie presidente Trump per averci seguito. Sono sorpreso che lei sia ancora sveglio. Non è tempo di andare in prigione?» (qui l’articolo completo).
3. Caos Haiti, il premier annuncia le dimissioni
editorialista
di sara gandolfi

Il primo ministro haitiano Ariel Henry (al potere dal 2021 senza mai essere stato eletto) ha annunciato questa mattina che si dimetterà una volta creato un consiglio presidenziale transitorio, in risposta alle pressioni internazionali per pacificare il Paese, ormai in gran parte controllato dalle bande criminali che chiedono la sua testa. La notizia era stata anticipata dal presidente della Comunità dei Caraibi (Caricom), Irfaan Ali, nel corso di una conferenza stampa organizzata in Giamaica a margine di un vertice d’emergenza cui ha partecipato anche il segretario di Stato Usa Antony Blinken. Washington ha promesso di aumentare gli aiuti per la sicurezza di Haiti (...).

  • «La situazione è molto complicata, è stato riconfermato per un altro mese lo stato di emergenza, gli aeroporti internazionali sono chiusi, gli ospedali mancano di personale, medicine e sangue per le trasfusioni. Interi quartieri sono trasformati in campi di battaglia e la popolazione è in fuga dalle proprie case» racconta la copo-missione italiana di Medicins sans frontières ad Haiti, Nicoletta Bellio. «Si contano ad oggi circa 360.000 sfollati che sono accolti in centri improvvisati nelle scuole, con carenza di servizi fondamentali come docce e acqua potabile» (...).
  • Drammatica la testimonianza di padre Rick Frechette, medico e sacerdote in prima linea e referente della Fondazione Francesca Rava, che ad Haiti gestisce l’ospedale pediatrico NPH Saint Damien, unico gratuito del Paese che assiste 80.000 bambini l’anno: «Continuiamo ad accogliere gli sfollati. Non sappiamo più dove ospitarli. Sono arrivate 65 donne con i loro bambini. Erano scappate a Delma prima di arrivare qui, ma hanno dovuto muoversi ancora per cercare riparo da una violenta sparatoria. Sono venute da noi perché non sapevano dove altro andare. Siamo una sola famiglia con tutti questi rifugiati disperati. Se non ora, quando? Se non noi, chi lo farà?». La presidente della Fondazione Maria Vittoria Rava rilancia un appello per aiuto urgente a supporto del lavoro quotidiano di Padre Rick... (qui l’articolo completo).
4. Xi Jinping nel labirinto del crac
editorialista
di guido santevecchi

Vacilla un altro colosso dell’industria immobiliare cinese. Dopo Evergrande finito in liquidazione a gennaio e Country Garden dichiarato insolvente a febbraio, tocca a Vanke, secondo costruttore della Repubblica popolare per volume di vendite. Moody’s ha declassato le obbligazioni emesse dal gruppo di Shenzhen dichiarandole «junk», spazzatura, il termine squalificante per una società che cerca liquidità sul mercato.

  • Quello di Vanke è un caso emblematico del sistema capitalistico «con caratteristiche socialiste cinesi». Da tre anni l’industria del mattone è in crisi, troppo indebitata per ottenere ulteriore credito; centinaia di cantieri sono fermi dopo che la gente ha già pagato; il mercato è saturo e l’eccesso di offerta continua a far scendere i prezzi. Il governo di Pechino ha appena detto che «le aziende immobiliari gravemente insolventi e nell’impossibilità di operare dovrebbero andare in bancarotta o essere ristrutturate. Ma Vanke è diversa rispetto a Evergrande e Country Garden: il suo principale azionista è l’amministrazione pubblica di Shenzhen, che ha il 34% del controllo. Quindi, un suo crollo coinvolgerebbe lo Stato e per questo è improbabile. Proprio mentre prospettava la bancarotta i costruttori schiacciati dal debito, il governo di Pechino invitava le banche a fornire ulteriore sostegno finanziario a Vanke, e i suoi creditori e possessori di obbligazioni a pazientare. Tre anni dopo l’esplosione della bolla immobiliare, Xi Jinping non riesce a trovare una via d’uscita dal labirinto minato di una crisi che ha provocato quando ha ordinato di sospendere la concessione di crediti a un settore che per decenni ha rappresentato circa un quarto del Pil cinese.
5. Gli attacchi dei gruppi russi filo-ucraini
editorialista
di lorenzo cremonesi

I miliziani russi filo-ucraini tornano a sferrare attacchi a tre giorni dall’inizio delle elezioni in Russia. Gli scontri più intensi stanno avvenendo nella regione di Belgorod, di fronte alla provincia ucraina di Kharkiv. A guidare l’azione bellica sono la Legione Russia Libera e il Battaglione Siberiano: i due gruppi lo annunciano su Telegram e vengono ripresi dai media ucraini.

  • Il governatore russo della regione confinaria di Kursk, Roman Starovoyt, conferma che ci sono state sortite sul suo territorio e l’agenzia stampa russa Ria Novosti parla di bombardamenti nell’insediamento di Tetkino, nel distretto di Glushkovsky. «C’è stato un tentativo di sfondamento da parte di un gruppo di sabotaggio e ricognizione, si registra uno scontro a fuoco, ma lo sfondamento non è riuscito», nota il governatore in un videomessaggio. I miliziani diffondono video anche notturni della loro incursione. Sembra che le truppe si muovano su mezzi blindati. E sui loro social appare anche un comunicato in cui dicono di «sognare una Russia libera dalla dittatura di Putin». Aggiungono anche di non essere solo dei sognatori. «Stiamo compiendo ogni sforzo affinché i nostri sogni si realizzino». Il riferimento è anche alle elezioni russe di metà marzo che dovrebbero essere «libere» e non sotto il controllo del regime che censura le opposizioni.
  • Le operazioni di voto sono già iniziate nelle regioni occupate dai russi. Gli stessi gruppi avevano lanciato alcuni blitz armati l’estate scorsa, nel periodo dell’inizio della poi fallita controffensiva ucraina. Ma i russi avevano reagito con durezza proprio attorno a Belgorod. I miliziani avevano lasciato alcuni morti e mezzi bruciati sul terreno dopo la ritirata sulle linee di partenza in territorio ucraino.
6. Parolin: «Stop all’aggressione»
editorialista
di gian guido vecchi

È «ovvio» che creare le condizioni di un negoziato spetti a entrambe le parti in conflitto, Russia e Ucraina, che la «prima condizione» sia di «mettere fine all’aggressione» e a cessare il fuoco debbano essere «innanzitutto gli aggressori», cioè Mosca. Il cardinale Pietro Parolin, 69 anni, segretario di Stato vaticano, è il collaboratore più stretto del Papa e guida la diplomazia della Santa Sede. Chiaro che ne abbia parlato con Francesco, dopo le polemiche planetarie seguite all’intervista nella quale il Pontefice, alla radiotelevisione svizzera, in risposta a una domanda sull’Ucraina e il «coraggio della bandiera bianca», aveva detto che bisognava avere quel coraggio nel senso di «negoziare»... (qui l’intervista completa).

imageIl Papa con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano

7. Diecimila proiettili al giorno
editorialista
di guido olimpio

La stima è stata diffusa dalla rete Cnn: secondo la Nato i russi producono una media di 250 mila proiettili d’artiglieria al mese e attualmente ne impiegano 10 mila al giorno contro i 2 mila degli ucraini. A questo ritmo sostenuto si aggiungono gli invii di munizioni da parte della Nord Corea e dell’Iran.

  • Mentre Mosca ha mobilitato una vera industria di guerra gli occidentali appaiono in grande ritardo e non possono sostenere Kiev con rifornimenti adeguati. Gli sforzi per recuperare terreno sono molto lenti, il Pentagono – e questo dice molto – pensa di poter produrre 100 mila proiettili al mese solo alla fine del 2025. In una deposizione al Congresso Usa i responsabili delle diverse agenzie di intelligence sono stati chiari: senza un supporto ampio e rapido sarà difficile per l’Ucraina impedire una ulteriore avanzata del nemico.
  • Uno spunto dedicato al «campo». Gli ucraini hanno colpito con un missile un piccolo cargo arenato sulla riva del fiume Dniepr, vicino a Kherson. La nave era usata dagli invasori come base avanzata: al momento dello strike erano forse presenti alcuni alti ufficiali.
8. Vendita di armi, la Francia supera la Russia (e l’Italia cresce più di tutti)
editorialista
di stefano montefiori
corrispondente da Parigi

Secondo il nuovo rapporto dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri), le esportazioni di armi della Francia sono aumentate del 47% nel periodo 2019-2023 rispetto al periodo 2014-2018.

imageIl presidente francese Macron su un caccia Rafale

  • Sostenuta dal successo del suo caccia Rafale, a lungo giudicato «invendibile» perché troppo costoso e poi comprato invece da India, Qatar ed Egitto, la Francia ha approfittato del calo delle esportazioni di armi dalla Russia (-53%) per superarla e prenderle il secondo posto nella classifica, dietro agli Stati Uniti.
  • Tra i grandi esportatori mondiali di armi l’incremento maggiore nel volume di affari è dell’Italia, pari all’86 per cento nel periodo 2019-2023 rispetto al quinquennio precedente. L’Italia si colloca al sesto posto a livello globale. I maggiori acquirenti di armi italiane sono Qatar (27 per cento delle vendite), Egitto (21) e Kuwait (12).
9. Spese militari, la spinta dell’Est
editorialista
di giuseppe sarcina

I Paesi dell’Est rilanciano: occorre spendere più del 2% sul pil per la difesa. Oggi il presidente polacco, Andrzej Duda, scrive il New York Times, lo proporrà nell’incontro alla Casa Bianca con Joe Biden. La spinta di Varsavia è condivisa dai baltici e da una corrente del partito repubblicano statunitense, che appare però minoritaria. L’incertezza della guerra in Ucraina rischia di allargare la forbice tra i fautori di un pesante riarmo e gli Stati che faticherebbero a reggere nuovi investimenti militari. Se non altro per le esigenze di bilanci già in difficile equilibrio finanziario. È il caso dell’Italia e di altri partner della Nato.

imageDuda e Tusk, presidente e premier della Polonia, saranno ospiti di Joe Biden alla Casa Bianca

  • Il Segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ha fatto sapere che entro quest’anno 18 membri su 32 raggiungeranno l’obiettivo del 2%, fissato nel 2014 nel vertice in Galles. I Paesi non ancora in regola si sono impegnati ad accelerare. Ora i polacchi chiedono di alzare ulteriormente l’asticella: servirebbe almeno il 3%, sostiene Duda. Altri si spongono ancora più in là: 6% per gli americani; 4% per gli europei. Entro la fine dell’anno, comunque, la media delle spese europee sarà pari effettivamente al 2% totale della Ue: 380 miliardi di dollari, contro gli 886 miliardi stanziati dagli Stati Uniti.
10. Gotland, una fortezza Nato contro Mosca
editorialista
di alessandra muglia

La Svezia è pronta a rafforzare la sua presenza militare a Gotland, isola strategica nel Mar Baltico. Lo ha assicurato il premier Ulf Kristersson intervistato dal Financial Times a Bruxelles, dove ieri dove ha partecipato alla cerimonia ufficiale di alzabandiera che segna l’ingresso del suo Paese nella Nato e la fine della lunga neutralità danese. «Gotland è sempre stata importante», ha detto Kristersson commentando le questioni da discutere con i partner della Nato. «Ci sono parecchie cose in termini di come distribuire le nostre risorse, dove concentrarci maggiormente. E ovviamente, tutto ciò che ha a che fare con il Mar Baltico. Ciò vale in termini di presenza a Gotland, ma anche in termini di sorveglianza, in termini di capacità sottomarine».

  • L’isola si trova a soli 300 chilometri da Kaliningrad, l’exclave russa sul Mar Baltico che gli analisti considerano come il tallone di Achille della Nato nella regione. Spesso soprannominata «portaerei gigante», è stata nominata più volte dalla tv russa come possibile obiettivo nel caso in cui Mosca cercasse di invadere gli Stati baltici. Ora Gotland si prepara a diventare il muro della Nato di fronte a una Russia militarmente assertiva.
11. Gaza, il fronte esterno

(Guido Olimpio) Segnali sparsi, da tenere d’occhio. L’arresto di tre palestinesi in Abruzzo legati alle Brigate al Aqsa, braccio armato di al Fatah. Un’operazione analoga condotta qualche settimana fa in alcuni paesi del Nord Europa contro estremisti islamici sospettati di preparazione attacchi contro obiettivi israeliani o ebraici. Indagine che ha fatto emergere un legame con ispiratori basati in Libano.

imageTre arresti in Abruzzo

  • Per fortuna l’azione preventiva delle polizie ha fermato cellule potenzialmente pericolose, però è evidente che le tensioni mediorientali – da Gaza al Mar Rosso – hanno un’influenza, diventano detonatori, offrono modelli e pretesti. In questo contesto interessante l’allarme dato dallo spionaggio americano con proiezione futura: Israele, a prescindere dall’andamento dell’offensiva nella Striscia, dovrà mettere in conto una sfida prolungata da parte di Hamas e altre fazioni. Il movimento potrebbe passare da attività di guerriglia ad una resistenza clandestina. E – mia aggiunta – potrebbe portare la lotta anche in regioni lontane dal Medio Oriente, scenario già avvenuto negli anni ’70-80.
12. Cina-India, altro che «roccia della pace»

(Alessandra Muglia) È di nuovo alta tensione tra New Delhi e Pechino per il confine conteso. A accendere l’ultima disputa, la visita — sabato scorso — del premier Narendra Modi in Arunachal Pradesh, la punta nordorientale dell’India rivendicata dalla Cina come Tibet meridionale o Zangnan.

imageLa roccia della pace al confine conteso

  • «Pechino condanna con forza e si oppone con fermezza alla visita del leader indiano nella sezione orientale del confine sino-indiano e ha presentato formali rimostranze a New Delhi», ha tuonato ieri il portavoce del ministero degli Esteri del Dragone, chiarendo che le mosse dell’India «non faranno altro che complicare» la questione irrisolta del confine. Stamattina la replica di New Delhi: «Contestare queste visite o i progetti di sviluppo dell’India non è accettabile. Inoltre, ciò non cambia la realtà che lo Stato dell’Arunachal Pradesh è stato, è e sempre sarà una parte integrante e inalienabile dell’India», ha scandito l’omologo indiano.
  • Da decenni India e Cina si contendono la «Linea di controllo effettivo», istituita nel 1962 quando i due giganti asiatici combatterono la loro unica guerra (finita male per l’India). Una linea che separa i territori cinesi e indiani dal Ladakh all’Arunachal Pradesh, che Pechino rivendica appunto nella sua interezza. Un confine conteso mal definito, lungo 3.440 km. Fiumi, laghi e cime innevate lungo questa frontiera fanno sì che la linea possa spostarsi, portando i soldati faccia a faccia in molti punti, innescando scontri come successo nel 2022. Le due nazioni sono anche in competizione per costruire infrastrutture lungo il confine. La costruzione da parte dell’India di una nuova strada per una base aerea ad alta quota è stata tra i fattori scatenanti di uno scontro mortale nel 2020 con le truppe cinesi: un confronto a colpi di mazze e machete, nella valle di Galwan, nelle montagne del Ladakh orientale. Dopo quella scaramuccia, che provocò la morte di 20 soldati indiani e almeno quattro cinesi, l’India spostò rapidamente 68.000 soldati e uno stuolo di carri armati nell’area. Tensioni con rischio di escalation preoccupante visto che entrambe le parti sono potenze nucleari consolidate.
13. Le nuove auto cinesi: cucina, drone e canna da pesca

(Guido Santevecchi) L’industria dell’auto elettrica corre in Cina, ma non quanto vorrebbe. A febbraio le vendite sono scese del 9% rispetto a un anno fa e del 34% su gennaio. Fenomeno causato dalle lunghe feste del Capodanno lunare (celebrato il 10 febbraio) che statisticamente causano una flessione negli acquisti di veicoli in Cina, dice l’associazione dei costruttori di Pechino. Però le grandi case sono preoccupate e hanno lanciato una campagna di riduzioni dei prezzi e di incentivi. Fin qui niente di nuovo. Ma i designer di interni mandarini stanno prendendo d’assalto il mercato anche con una serie di optional high-tech: dal letto a due piazze disponibile a bordo alla cucina portatile, fino al tetto utilizzabile per lanciare un drone.

imageFornello a bordo

  • Gli esperti di Bloomberg Technology hanno fatto una ricognizione delle offerte che parte dal Suv G9 di XPeng: un clic e i sedili anteriori e posteriori si abbattono, trasformandosi in materasso auto-gonfiante. Il letto a bordo è studiato per consentire di «riposarsi come a casa» (così dice la pubblicità) mentre si sosta per ricaricare la batteria in una stazione di servizio, operazione non brevissima. Il gadget è diventato l’oggetto del desiderio per migliaia di famiglie cinesi intrappolate nel traffico durante esodo e controesodo delle vacanze di Capodanno. E se durante la sosta viene fame? Si apre il portabagagli e spunta una cucina con fornello a induzione fissata al portello. La monta la Polestones 01 della startup Rox Motor Tech: costo del veicolo 44 mila euro.
  • L’idea più immaginifica è venuta a BYD, che a fine 2023 ha superato Tesla come primo produttore mondiale (526 mila veicoli a batteria venduti nel terzo trimestre da BYD contro i 484 mila della casa di Elon Musk). Sul tetto della Yangwang U8 da 140 mila euro una valigetta che piacerebbe a James Bond contiene un drone pronto al lancio. Utilità se non si è al servizio segreto del Partito comunista? Il drone è programmato per seguire dall’alto il percorso dall’automobile filmando la scena in alta risoluzione; i video sono trasmessi in tempo reale sullo schermo di bordo e permettono di conoscere la situazione del traffico intorno. Oltre a rappresentare un bel ricordo del viaggio da condividere con gli amici. I costruttori cinesi si sono convinti che per battere la depressione da rallentamento economico dei consumatori cinesi si debba stimolare il loro spirito giocoso... (qui l’articolo completo).
14. Le nuove auto americane? Più leggere

Si sa, agli americani piacciono i macchinoni. Circa 8,7 milioni di Suv e pick-up sono stati venduti negli States nel 2023, più della metà del mercato totale (dati JATO Dynamics citati dall’Economist). Mediamente un’auto venduta negli Usa pesa 1.857 chilogrammi, il 20% più di quelle vendute in Europa. Le «city car» sono appena l’8% del mercato americano, contro il nostro 36%. Anche in Europa i Suv impazzano, ma sono in media più piccoli e più efficienti in termini di consumi. La storia di questa passione a stelle e strisce è lunga: il costo del carburante, i grandi orizzonti, le strade infinite. E anche la mancanza di disincentivi.

  • Il settore dei trasporti è il primo responsabile dell’inquinamento da gas serra negli Usa, e quasi il 60% di tali emissioni deriva dalle auto e dai cosiddetti «light trucks». Quest’anno la federale Environmental Protection Agency fisserà limiti molto più stretti per le emissioni dei veicoli. L’obiettivo è arrivare al 2032 con i due terzi delle nuove vendite costituiti da auto elettriche. E per forza di cose (Trump permettendo) i macchinoni americani diventeranno più leggeri.
15. Al Congresso è il giorno di Hur
editorialista
di samuele finetti

Fino al 5 febbraio del 2024, il nome di Robert Hur era pressoché sconosciuto ai più. Avvocato dal curriculum eccellente (studi ad Harvard e Stanford), una rapida carriera nel Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e, nel 2018, la nomina ad Attorney dello Stato del Maryland. Un anno fa, il ministro della Giustizia Merrick Garland lo scelse quale «consulente speciale» per l’indagine sui documenti classificati trovati nella casa di Joe Biden e Hur, per mesi, ha svolte le sue indagini. Fino al 5 febbraio, appunto.

  • Quel giorno, il Dipartimento ha pubblicato il suo rapporto finale sull’indagine, 345 pagine che hanno scatenato un putiferio a Washington. Nel documento, Hur sostiene che Biden ha «consapevolmente» archiviato quei documenti in un luogo non idoneo; ma che una tribunale non lo avrebbe giudicato colpevole. Perché il presidente «è un anziano con buone intenzioni e scarsa memoria», incapace di ricordare persino l’anno in cui suo figlio Beau morì. Hur è stato attaccato prima da Biden — «come diavolo osa parlare di mio figlio?» — poi dal partito democratico infuriato per dei commenti ritenuti impropri per un documento di quel genere. E infine dai repubblicani, scandalizzati dal fatto che sul presidente non siano piovute accuse penali come nel caso di Donald Trump. Bisogna però dire che i repubblicani hanno anche sfruttato il rapporto, un ulteriore sostegno alla loro tesi secondo cui Biden è troppo vecchio per sedere altri quattro anni nello Studio Ovale. Il consulente non ha mai replicato. Non finora, almeno. Oggi, infatti, Hur si siederà di fronte ai membri della Judiciary Committee della Camera, al Congresso, per rispondere alle loro domande. E, secondo il sito Politico, Hur non ritratterà quello che ha scritto.
16. Il donatore di case al parco di Yellowstone

(Guido Olimpio) Il meraviglioso Yellowstone (Montana/Idaho) in estate si riempie di visitatori e c’è bisogno di molto personale per mantenere tutti i servizi. Di solito sono almeno 3 mila i dipendenti impiegati, in quel periodo, nel parco nazionale.

  • Ma c’è un problema: mancano le case dove ospitarli. Le abitazioni disponibili nella zona sono affittate, con prezzi alti, a clienti facoltosi e dunque diventa difficile trovare un «tetto» abbordabile. Esistono delle strutture «statali», però sono scarse e piuttosto vecchie. Una situazione che ha spinto un donatore – rimasto anonimo – a staccare un assegno da 40 milioni di dollari, cifra con la quale saranno realizzate una settantina di casette dove potranno essere accolti molti dei lavoratori.
17. La torre a forma di hamburger

(Samuele Finetti) Se avete guardato House of Cards, la celebre serie tv ambientata nei corridoi della Casa Bianca, ricorderete che il presidente Frank Underwood/Kevin Spacey è originario di una piccola cittadina della provincia americana: Gaffney, South Carolina. Un centro abitato tanto anonimo da essere conosciuto per via di un acquedotto sferico dipinto a mo’ di una pesca (e per questo ribattezzato «Peachoid»).

imageLa vecchia torre dell’acquedotto nella cittadina di Hamburg, Stato di New York

  • Come Gaffney, decine di altre cittadine di provincia negli States hanno trasformato le proprie torri idriche in simboli: a Luling, Texas, è colorata come un’anguria; a Pleasant Prairie, Wisconsin, patria della Haribo, è ricoperta di orsetti gommosi. Esiste persino un concorso annuale, il «serbatoio dell’anno», che premia il più fantasioso: lo scorso anno ha vinto il comune di Bryan, Ohio, con un disegno che ricorda un leccalecca; 320 le candidature. A queste si dovrebbe aggiungere presto quella di Hamburg, New York. O almeno, così sperano alcuni cittadini.
  • Un po’ di storia: Hamburg, sessantamila abitanti, si trova appena a sud di Buffalo, sulle sponde del Lago Eire. Qui, nel 1885, sarebbe stato inventato l’hamburger – così sostengono i locali, ma la paternità del celebre panino è contesa – che è di conseguenza diventato il simbolo locale. Quasi un secolo dopo, nel 1970, è stato eretto un acquedotto (capacità 1,9 milioni di litri d’acqua), dismesso da ormai trent’anni. L’idea è apparecchiata: «Pitturiamo la torre come un hamburger», ha proposto Chris Hannotte ormai sei anni fa, e da allora la sorte della costruzione metallica è la sua battaglia. Gira la città con un cappello a forma di panino che lei stessa si è cucita, raccoglie donazioni e cerca sostegno nei concittadini, garantendo che un hamburger gigante a 40 metri d’altezza e a due passi da un’autostrada attirerebbe piccole folle di curiosi. O, quantomeno, farebbe sorridere chi ci passa vicino.
  • Ha persino organizzato un concorso per trovare il disegno perfetto e ha scelto il suo Michelangelo, Tim Martin, che si è già cimentato in opere simili (anche se, sottolinea lui stesso, la sua «cappella Sistina» è un affresco in una chiesa di Buffalo). Restano solo due problemi: i soldi, anzitutto. Chris si è ripromessa di non attingere neanche un centesimo dalle casse del comune, tutte le entrate arrivano da donazioni. Finora sono stati raccolti 25 mila dollari, «ma ne mancano ancora molti», dice lei in un articolo sulla prima pagina del Wall Street Journal. E poi i tanti locali a cui l’idea proprio non piace, al punto che c’è chi ha proposto di abbatterla (troppo costoso, hanno risposto le autorità locali). E chi, invece, non digerisce l’idea di avere carne, formaggio e cetriolini sopra la testa, come Rose, un’impiegata comunale: «Proprio non capisco come possa piacere. Io, sinceramente, preferisco le torte».

Grazie. A domani. Cuntrastamu.

Michele Farina


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