Spotify licenzia il 17% del personale (1.500 dipendenti): è il terzo taglio del 2023

Spotify licenzia il 17% del personale (1.500 dipendenti): è il terzo taglio del 2023 Spotify licenzia il 17% del personale (1.500 dipendenti): è il terzo taglio del 2023

Spotify, la celebre società di streaming musicale, ha annunciato il taglio del 17% del suo personale. In una nota diffusa ai dipendenti e resa pubblica sul sito ufficiale del colosso svedese, il ceo Daniel Ek spiega che la decisione è stata presa «per allineare l’azienda ai nostri obiettivi futuri e assicurarci la dimensione giusta per le sfide che abbiamo davanti». Come ha riferito Bloomberg, i licenziamenti riguarderanno circa 1.500 lavoratori.

Terzo trimestre 2023 positivo

Ek ha aggiunto che si tratta di una decisione «difficile, ma di un passo cruciale per creare una più forte ed efficiente Spotify nel futuro». Per la società di streaming musicale, questa appena comunicata è la terza riduzione del personale: a gennaio l’esonero da lavoro era rivolto al 6% del team, mentre a giugno del 2%. Una scelta che arriva dopo un terzo trimestre positivo: dai bilanci, i ricavi risultano in crescita e l’utile operativo generato ha raggiunto i 32 milioni di euro, ma soprattutto il numero di utenti che ha sottoscritto l’abbonamento premium ha superato le attese (+26%). «Mi rendo conto che per molti una riduzione di questa portata sembrerà sorprendentemente ampia — ha affermato ancora il ceo —, data la nostra recente trimestrale e la nostra performance . Abbiamo discusso di eventuali riduzioni minori nel corso del 2024 e del 2025. Tuttavia, considerando il divario tra il nostro obiettivo finanziario e i nostri attuali costi operativi, ho deciso che un’azione sostanziale».

Investimenti non più sostenibili

Lo scopo di questa mossa, ha ribadito ancora Ek, è «ridimensionare i nostri costi per raggiungere i nostri obiettivi», anche se si tratta di un taglio «incredibilmente doloroso per il nostro team». Questo perché tra il 2020 e il 2021, nel periodo maggiormente condizionato dalla pandemia, quando tecnologia e strumenti innovativi sono diventati indispensabili a causa della condizione di isolamento forzato in gran parte dei Paesi del mondo, la società ha fatto grossi investimenti che oggi non sono più sostenibili. «Abbiamo ancora troppe persone dedite a sostenere il lavoro — ha aggiunto il ceo di Spotify — e persino a lavorare attorno al lavoro piuttosto che a contribuire a opportunità con un impatto reale» mentre sarebbe «necessario che più persone si concentrino sui risultati per i nostri principali stakeholder: creatori e consumatori».

Nuove strategie

L’adozione di una «struttura più snella ci consentirà anche di reinvestire i nostri profitti in modo più strategico nel business» ora che «la crescita economica ha rallentato drasticamente e il capitale è diventato più costoso». «Questo — ha concluso Ek — non è un passo indietro; è un riorientamento strategico. Siamo ancora impegnati a investire e fare scommesse coraggiose, ma ora, con un approccio più mirato, garantendo la continua redditività e la capacità di innovazione di Spotify».

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