Prezzi triplicati per le navi e viaggi più lunghi di 15 giorni: la crisi del Mar Rosso cambia il commercio

Prezzi triplicati per le navi e viaggi più lunghi di 15 giorni: la crisi del Mar Rosso cambia il commercio Prezzi triplicati per le navi e viaggi più lunghi di 15 giorni: la crisi del Mar Rosso cambia il commercio

Per capire al volo gli effetti che la crisi nel Mar Rosso sta avendo sui prezzi delle merci che viaggiano su nave basta guardare un grafico, quello del Wci (World Container Index) elaborato da Drewry che traccia il costo del trasporto per i container da 40 piedi, l’unità di misura principale. Ebbene da inizio dicembre, quando si sono intensificati gli attacchi Houthi, l’andamento dei noli marittimi dall’Asia verso l’Europa e il Mediterraneo si impenna: i prezzi sono quasi triplicati (da 1.373 a 5.213 dollari) da Shanghai a Genova e hanno fatto quasi altrettanto (da 1.171 a 4.406 dollari) per Rotterdam.

La nuova rotta più lunga

La crisi nel Mar Rosso sta avendo effetti sul commercio internazionale. Quasi tutte le principali compagnie di spedizione hanno deciso di aggirare il pericolo. Con il cambio di rotta, per non far passare le navi davanti allo Yemen e quindi dallo stretto Bab el-Mandeb per risalire verso il Canale di Suez ma fare il giro dal Capo di Buona Speranza, i viaggi si allungano (il ritardo di arrivo di alcuni componenti ha costretto aziende come Tesla a fermare la produzione in Germania) con un maggior costo in termini di carburante, polizze assicurative e durata maggiore del nolo (guarda qui la mappa e l’infografica). A seconda del tipo di mercantile, il viaggio dura 12-15 giorni in più. Passando per il Capo di Buona Speranza, da Singapore si allunga di circa 3.200 miglia (5.920 chilometri).

Il petrolio dal Medio Oriente

Che cosa succederà al petrolio? Ci potrebbe essere un problema di sicurezza degli approvvigionamenti? Vedremo un’altra crisi energetica dopo quella che abbiamo vissuto con il gas nel 2022 a causa della crisi con la Russia, da cui dipendeva il 40% delle forniture all’Europa? «La dipendenza italiana dal grezzo esportato dal Medio Oriente è scesa moltissimo rispetto agli Anni ‘70 — spiega Gianni Murano, presidente Unem — e oggi vale il 21 per cento del totale, con provenienza soprattutto da Arabia Saudita e Iraq. Il resto arriva da America, Africa (Nigeria, Algeria, Libia) e Paesi ex Urss come l’Azerbaijan». Quindi le petroliere non passano dal Canale di Suez.

Brent in rialzo

Ma le ripercussioni sulle quotazioni del greggio scambiato a Londra cominciano a farsi vedere. «Il Brent — aggiunge Murano — nell’ultima settimana è risalito fino a toccare 80 dollari al barile, quando prima stava scendendo, quindi un impatto c’è stato. Al momento non c’è grande preoccupazione, anche perché i dati sulle scorte Usa mostrano che nell’ultima settimana sono salite. Ma se ci fosse un’escalation la situazione cambierebbe». Se salisse il petrolio si rimetterebbero ad aumentare anche benzina e gasolio e, con l’85% circa delle merci che nel nostro Paese viaggia su gomma, potremmo dire addio al calo dell’inflazione avuto negli ultimi mesi.

L’impatto sull’import-export

Per Suez transita il 40% circa dell’import-export marittimo italiano per un totale di 154 miliardi, secondo un’analisi di Srm, centro studi collegato a Intesa Sanpaolo. L’impatto va analizzato anche nell’altra direzione, quella dell’export dei nostri prodotti. Per Coldiretti la crisi in Mar Rosso mette a rischio circa mezzo miliardo di esportazioni di frutta e verdura made in Italy verso Medio oriente, India e Sudest asiatico. Circumnavigando l’Africa e risalendo dall’Oceano Atlantico il viaggio è più breve verso il Nord Europa che verso i porti italiani. Che rischiano di essere tagliati fuori.

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