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Uno sfida: «Vieni fuori che facciamo i conti». Un altro che dà una gomitata al fianco che toglie il respiro all’avversario e poi alza le mani davanti all’arbitro dichiarandosi innocente. Roba che, in genere, si vede nei locali malfamati o allo stadio. Ora sta diventando spettacolo di ordinaria amministrazione anche nel Congresso di Washington, tempio della più antica democrazia costituzionale del mondo.
- Cronache di ieri a Capitol Hill: al Senato, il repubblicano dell’Oklahoma Markwayne Mullin prende di petto, durante un’audizione, il leader del sindacato dei Teamsters, Sean O’Brian, che l’aveva insolentito su Twitter (ora X) dandogli del clown e sfidandolo: «Ovunque, in qualunque momento, cowboy». Mullin lo aspetta al varco: «O’Brian, questo è il momento, questo è il luogo. Sei pronto?». Certo che sono pronto, replica il sindacalista. «E allora alza il culo e vieni qui» lo provoca il senatore, che è anche un esperto di arti marziali. «Certo che alzo il culo» si fa avanti O’Brian.
- Fa appena in tempo a intervenire Bernie Sanders, presidente della commissione, ricordando a tutti e due che sono in Senato e che ci sono regole di decoro da rispettare. Intanto alla Camera Tim Burchett parla in un corridoio con un giornalista. L’ex speaker della Camera, Kevin McCharty, che sta passando lì vicino, li sfiora e assesta (almeno così pare anche a testimoni) una gomitata al deputato del Tennessee che si accascia denunciando di essere stato colpito su un rene. McCarthy, che certo non lo ama (Burchett è uno degli otto deputati che hanno provocato la sua defenestrazione da leader dei parlamentari conservatori) nega, sostenendo di averlo solo sfiorato. Burchett lo insolentisce: «Sei come i ragazzini che la fanno grossa e poi si nascondono sotto la gonna della madre». McCarthy, con l’aplomb tipico di chi è stato speaker, cioè capo della Camera dei rappresentanti, replica pacato: «Se ti avessi dato uno dei miei pugni saresti ancora steso a terra».
- Matt Gaetz, altro deputato trumpiano noto per le sue intemperanze e architetto della defenestrazione di McCarthy, chiede una censura etica del Congresso nei confronti del suo ex capo denunciando una «violazione del decoro parlamentare come non se ne vedevano da prima della Guerra civile di metà Ottocento». Attacco esagerato e politicamente motivato, ma non del tutto privo di fondamento.
- Gli anni che precedettero la Guerra Civile furono segnati da confronti sempre più duri in Congresso coi deputati delle due fazioni (più tardi avrebbero dato luogo al conflitto tra unionisti e confederati) che si presentavano nelle aule parlamentari addirittura armati, anche se non si arrivò mai a scontri a fuoco. In Campidoglio. Oggi niente armi (vietate e bloccate dai metal detector), ma il confronto è altrettanto acceso. Con una novità rispetto a metà Ottocento: allora lo scontro era tra opposte fazioni mentre ora ad azzuffarsi sono soprattutto i repubblicani tra loro. Basti pensare alla pasionaria prediletta da Trump, Marjorie Taylor Greene, deputata ultraconservatrice della Georgia che, dopo aver chiamato la collega repubblicana Lauren Boebert «piccola puttana», ha dato della «fighetta» al deputato Darrell Issa (sempre del suo partito), reo di non aver votato a favore dell’impeachment nei confronti del ministro per la sicurezza interna Alejandro Mayorkas. Il nuovo speaker, Mike Johnson, paragona il Congresso a una pentola a pressione e attribuisce le tensioni a dieci settimane di battaglia serrata sul bilancio che rischia di sfociare in uno shutdown del governo. Si spera in un accordo in extremis, anche transitorio: poi tutti a casa la prossima settimana a sbollire la rabbia attorno ai tacchini della festa del Ringraziamento.
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