Piattaforma «anti-pezzotto», il problema delle app pirata: sul Play Store nei risultati escono prima di Dazn e Now
Le partite si vedono gratis con le applicazioni sul negozio di app Android o passando dai link di Google. L’Agcom avverte: «Enormi guadagni grazie alla pubblicità sulle piattaforme illegali. Serve la collaborazione di tutti»

Piracy Shield è il primo strumento tecnologico che contrasta direttamente il fenomeno della pirateria a danno delle manifestazioni sportive, in particolare delle partite di calcio, intervenendo a gara in corso (entro i primi 30 minuti) come deterrente per contrastare lo streaming illegale online. A una settimana dal suo debutto, la piattaforma ha già mostrato, attraverso gli sforzi di Agcom, operatori e tanti Internet Service Provider (Isp) accreditati, di poter bloccare molte pagine e Iptv, ma nel margine di miglioramento del sistema rientra il contributo maggiore che può dare Google, attraverso l’app store e il motore di ricerca appartenente alla big tech di Mountain View.
Le lacune da colmare
Da una parte la segnalazione dei contenuti grazie al sistema Piracy Shield avveniva regolarmente, dall’altra non venivano contrastati molti indirizzi rintracciabili con il motore di ricerca e tante applicazioni illegali scaricabili dall’app store di Google (oltre 400mila download per quelle più in vista, tanto da precedere sullo store le stesse app ufficiali di Dazn e Sky). Anzi sul Play Store, le app di streaming illegale - cercando con chiavi quali «Serie A calcio streaming live» o simili - compaiono anche prima di quelle legittime come Dazn o Now (Sky), come nell'immagine che apre l'articolo (abbiamo oscurato i nomi delle app illegali). Le partite possono così essere viste dal proprio smartphone o digitando un paio di parole chiave sul browser. La questione è
stata sollevata da un confronto tra DDay.it, quotidiano online specializzato nel mondo dell’high-tech, e il commissario Agcom Massimiliano Capitanio. «Senza una piena collaborazione di tutti gli
attori coinvolti sarà difficile riuscire a rendere davvero efficace la nuova piattaforma di contrasto alla pirateria».
Questa la sintesi del commissario, alla luce di quanto avvenuto nel primo weekend di partite da quando Piracy Shield è entrata in funzione. «Serve un’alleanza per la legalità. Lo stesso decreto Caivano, con le sue modifiche al contrasto della pirateria, prevede espressamente che i motori di ricerca e gli altri siti devono adottare tutte le misure tecniche utili a ostacolare la visibilità dei contenuti illeciti». Nel caso di Google, che gestisce «Play Store» e offre il motore di ricerca più diffuso, questa «falla» del sistema è stata determinante per la visione di partite che dovevano invece scomparire.
Adv e guadagni dell'illecito
Un altro problema si aggiunge alla questione, come ricordato dal Garante e riportato da DDay.it. Queste applicazioni, peraltro gratuite, sono piene di pubblicità dalle quali guadagnano tantissimi
soldi. La stessa Google ne percepisce un introito attraverso il suo sistema pubblicitario, dal momento che la maggior parte di queste app viene scaricata dal suo app store. In questo caso non ci sarebbe quindi solo un illecito che viene ignorato, a dispetto di quanto dica il decreto, ma anche la presenza di guadagni che derivano da Adv su pratiche illegali.
La replica di Big G
Google ha ricordato che i provider di servizi di hosting, come Google Play Store, non sono soggetti agli ordini di notifica dell’Agcom e che è sempre possibile, attraverso un loro procedimento (diverso e antecedente a quello di Piracy Shield), segnalare app che violano la legge. Lo scorso maggio la Lega Serie A, che aveva realizzato nei due mesi successivi il nuovo strumento voluto dal governo, prima di donarlo e farlo testare e gestire dall’Agcom, aveva diffuso una nota nella quale
venivano denunciate le app pirata presenti nel Play Store. Al tempo si parlava di un significativo intervento di rimozione da parte di Google, grazie alle tantissime segnalazioni ricevute. L’operazione, dopo la quale sono sopraggiunte molte nuove pagine e app illegali, ha rispecchiato i mezzi di contrasto al fenomeno che Google da sempre afferma di utilizzare, ma sempre previa segnalazione. Limite rilevante di una soluzione rivolta a una pratica che, per quanto illegale, offre
gratuitamente un beneficio agli utenti.