Blinken, la missione: il nervosismo,l’incontro fallito con i generali e i (soliti) proclami di Netanyahu

di Davide Frattini

I negoziati, il ruolo di Mossad e sauditi e la dura realt� sul campo. �La decisione sullo scambio di prigionieri, infine, ricade solo sul primo ministro israeliano�

Blinken, la missione: il nervosismo,

GERUSALEMME
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE — Il Mossad ha ricevuto il documento. Il Mossad sta valutando. Per rendere ancora pi� impersonali i comunicati i portavoce di Benjamin Netanyahu avrebbero potuto usare il termine l’Istituto, come la maggior parte degli israeliani chiama i servizi segreti. Eppure la scelta finale sulla possibile intesa con Hamas non spetter� mai a David Barnea, il capo delle spie. Come scrive Anshel Pfeffer: �La decisione su uno scambio di prigionieri, siano pochi o tanti, alla fine ricade solo sul primo ministro�, quello che da queste parti considerano �il lavoro pi� difficile del mondo�. L’editorialista del quotidiano Haaretz ripercorre le posizioni espresse in passato da Bibi, com’� soprannominato, quand’era a capo del governo e quando stava all’opposizione. Non riesce a ricostruire una strategia coerente.

Per giorni il premier ha tenuto riunioni a porte chiuse e microfoni aperti in cui si metteva di traverso, ripeteva �la guerra andr� avanti fino alla vittoria totale�, �uccideremo i capi di Hamas�. Proclami diffusi in tempo per il telegiornale della sera, mentre ancora il Mossad negoziava e poi riceveva, valutava. In tempo per rovinare — anche se tutti i protagonisti nella regione ci hanno messo la loro parte — fin dal primo atterraggio il quinto viaggio di Antony Blinken in Medio Oriente dal 7 ottobre. Il segretario di Stato sembrava aver scelto le tappe proprio per raccogliere buone intenzioni da portare a Gerusalemme: dai sauditi la promessa di essere ancora pronti a discutere la normalizzazione con Israele. Decolla e il ministero degli Esteri precisa di non essere disposto ad accettare qualche formula vaga, il regno del Golfo chiede da subito il riconoscimento di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale, ipotesi inaccettabile per Netanyahu e la sua coalizione di estrema destra al potere.

Arriva a Doha: sorrisi e ottimismo attorno alla trattativa che il piccolo emirato del Qatar sta guidando in quanto sponsor finanziario e sostenitore di Hamas. Decolla e i capi fondamentalisti rendono pubblica la lista di richieste per rilasciare il centinaio di sequestrati ancora tenuti a Gaza. Rivendicazioni che anche Joe Biden, il presidente americano, definisce �un tantino oltre i limiti�, comunque inaccettabili per Netanyahu e la sua coalizione di estrema destra al potere. Atterra a Tel Aviv convinto di aver ottenuto un colloquio faccia a faccia, solo loro due, con Herzi Halevi: vuole sentire dal capo di Stato Maggiore israeliano il resoconto su questi quattro mesi di guerra, lo preoccupano soprattutto le prossime settimane quando l’offensiva si concentrer� su Rafah dove ormai � ammassata la maggior parte degli abitanti palestinesi, il conflitto ha sfollato da casa l’85 per cento della popolazione. Niente da fare, sono presenti anche Netanyahu e Yoav Gallant, il ministro della Difesa, addio al confronto franco con il generale, resta come sempre quello politico.

Una discussione tra Washington e il governo a Gerusalemme che sta diventando sempre pi� tesa: i ministri oltranzisti e messianici mettono in dubbio il sostegno di Biden e hanno organizzato manifestazioni al valico di Kerem Shalom per impedire l’ingresso di aiuti nella Striscia proprio mentre gli americani lavoravano alla bozza di accordo. Al punto che le proteste degli ultr� coloni irrompono nell’incontro tra Blinken e Netanyahu, il diplomatico americano chiede al premier di fermarle, il flusso maggiore di cibo, medicinali, materiali di prima necessit� resta l’invocazione incessante dell’alleato pi� importante di Israele. Il segretario di Stato si ritrova ancora una volta a premere, pregare. E ad andarsene arrabbiato.


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7 febbraio 2024 (modifica il 7 febbraio 2024 | 21:48)

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