L’America si allinea con l’Arabia Saudita (dopo averla condannata): ecco perché

Sulle orme del pi� celebre �Lawrence of Arabia�, l’ufficiale inglese che nella prima guerra mondiale aiut� gli arabi a ribellarsi contro l’impero ottomano, oggi il segretario di Stato Usa Antony Blinken sta segnalando un crescente allineamento della politica estera americana sulle strategie saudite.

Il quinto viaggio di Blinken in Medio Oriente – da quando � iniziata questa guerra il 7 ottobre scorso – ha avuto come prima tappa proprio Riad. Davvero sembrano lontani i tempi in cui Joe Biden annunciava di voler trattare l’Arabia come uno Stato-paria, per castigare i suoi abusi contro i diritti umani (in particolare l’assassinio del giornalista d’opposizione Jamal Khashoggi). L’ultimo incontro di Blinken con il principe saudita Mohammed bin Salman (MbS) ha semmai dimostrato l’esatto contrario.

Oggi in Medio Oriente, in particolare sulla questione palestinese e la tragedia di Gaza, la posizione della Casa Bianca � ben pi� vicina a MbS che a Benjamin Netanyahu. Blinken e il principe, secondo il resoconto ufficiale del Dipartimento di Stato, hanno discusso come �porre termine in modo durevole alla crisi di Gaza, fornire una pace e una sicurezza durevoli sia agli israeliani che ai palestinesi�.

Nell’immediato Washington e Riad vogliono accelerare un accordo sul rilascio degli ostaggi israeliani in cambio di prigionieri palestinesi.
Nel medio periodo l’obiettivo comune � rimettere in moto un negoziato tra Israele e l’Arabia per stabilire tra loro relazioni diplomatiche: un traguardo che secondo americani e sauditi contribuirebbe a stabilizzare l’intero Medio Oriente.

Blinken ha ribadito quale sarebbe il contributo dell’Amministrazione Biden per facilitare quell’accordo bilaterale: un trattato di difesa Usa-Arabia, un accordo di cooperazione nucleare, e nuove forniture di armi americane alla monarchia saudita. Cose non tutte facili da garantire, soprattutto quando si tratta di ottenere ratifiche e autorizzazioni al Congresso di Washington. Ma soprattutto, l’America dovrebbe convincere Israele a offrire �passi concreti� verso la creazione di uno Stato palestinese, come condizione irrinunciabile per il riconoscimento diplomatico da parte di Riad.

Comunque si leggano i comunicati, sia di parte americana che di parte saudita, le posizioni sembrano quasi identiche o comunque molto convergenti.

L’America e l’Arabia non sono mai andate cos� d’accordo, se non risalendo agli albori del loro idillio. Che risale a un celebre incontro sulla nave del presidente Franklin Roosevelt, nientemeno: era il giorno di San Valentino del 1945, la nave era la USS Quincy, il monarca di allora era Abdul Aziz Ibn Saud, il luogo era il Canale di Suez. In quanto ai rapporti Usa-Israele, forse non siamo tornati ai tempi bui di Dwight Eisenhower, il presidente repubblicano che nel 1956 blocc� l’offensiva anglo-franco-israeliana contro l’Egitto, per� ci avviciniamo ai minimi storici.

Oggi il vero problema per Biden non � fare accettare alla sua opinione pubblica una politica estera pi� vicina all’Arabia che a Israele: su questo fronte l’evoluzione degli equilibri interni ha preceduto e forse superato la Casa Bianca (dai campus universitari all’elettorato arabo-americano, per finire con i ripetuti pronunciamenti di centinaia di funzionari federali pro-palestinesi).

Un problema serio per Biden oggi � quello di piegare Benjamin Netanyahu, o un suo successore. L’altro problema enorme per questo presidente � non apparire troppo debole con l’Iran. Come ha osservato lo storico ed esperto di geopolitica Walter Russell Mead, dal 7 ottobre 2023 � sempre l’Iran ad avere l’iniziativa: �L’Iran pu� accendere una crisi quando vuole, dove vuole, poi disinnescarla a suo piacimento. Dal Libano all’Iraq, da Gaza al Mar Rosso, l’Iran e i suoi sicari possono creare un conflitto istantaneo, e costringono l’America a reagire in base a una tempistica decisa da loro. Anche quando Biden risponde agli attacchi con forza (come sta accadendo in questi giorni dopo l’uccisione di militari Usa) essenzialmente � Teheran ad avere il controllo degli eventi. Anzich� ristabilire una robusta deterrenza in Medio Oriente, Biden si arrabatta a trovare delle rappresaglie tiepide, quanto basti per non essere accusato di debolezza a casa propria, per� abbastanza deboli da evitare che l’Iran lanci a sua volta una nuova escalation. Se l’America non prende l’iniziativa politica e militare sottraendola a Teheran, gli iraniani continueranno a suonare il Medio Oriente come un pianoforte e Biden baller� sulle note di Teheran fino alla fine del suo mandato�.

Biden era un membro della Commissione Esteri del Senato nel 1979-80: come tale in quel biennio fu testimone in prima fila della distruzione della presidenza di Jimmy Carter, democratico, ad opera degli iraniani. La prigionia di 52 ostaggi americani detenuti dentro l’ambasciata Usa di Teheran per 444 giorni fu decisiva per la sconfitta elettorale di Carter e l’elezione del repubblicano Ronald Reagan. Lo stesso periodo fu segnato da alta inflazione (per lo shock petrolifero a cui aveva contribuito la stessa rivoluzione islamica iraniana) e dall’invasione sovietica in Afghanistan. Il carovita � un problema anche oggi per Biden. In quanto all’Afghanistan, i suoi detrattori sostengono che l’abbandono rovinoso di Kabul nell’estate 2021 e il ritorno dei talebani sono uno di quei segnali di debolezza che hanno incoraggiato i nemici dell’America a farsi sempre pi� aggressivi da allora.

Il tentativo di organizzare una rimonta americana in Medio Oriente ora passa da Riad: da quella capitale che aveva accolto trionfalmente Donald Trump nel 2017, ma che Biden aveva promesso di mettere ai margini della comunit� mondiale.

6 febbraio 2024, 19:21 - modifica il 6 febbraio 2024 | 19:22

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