Le previsioni Ispi
La crisi di Suez potrebbe generare rincari a cascata. Gli attuali maggiori costi di trasporto dal Mar Rosso, che nel giro di poche settimane sono più che quadruplicati, può riflettersi sui prezzi generali di beni e servizi e di conseguenza sull’inflazione. Secondo le stime dell’Ispi i prezzi in Europa potrebbero aumentare dell’1,8% entro 12 mesi, e l’inflazione core, ovvero quella al netto delle componenti più volatili, come i generi alimentari e i costi dell’energia, potrebbe salire quasi dell’1% (+0,7%), rispetto a uno scenario senza crisi.
Gli effetti sull’inflazione
«Per stimarlo abbiamo utilizzato i risultati di un paper pubblicato dal Fondo monetario internazionale nel 2022, che stimava gli effetti di un aumento dei costi di trasporto marittimo sui livelli generali dei prezzi - spiega Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi - Tenuto conto degli attuali aumenti dei costi di trasporto (+350% per consegnare in Europa, +95% per consegnare negli Stati Uniti), del fatto che l’Europa dipende dai traffici di merci dal Mar Rosso più degli Stati Uniti, ma anche della capacità delle istituzioni europee di rispondere meglio a rincari dei prezzi, uno shock di portata simile a quello attuale si trasferisce sui prezzi finali al consumo in Europa facendoli crescere dell’1,8% entro 12 mesi a partire da gennaio». Sul resto del mondo, invece, l’impatto sarebbe più modesto: +0,8% di inflazione totale, e +0,3% di inflazione di fondo. Se andiamo però a vedere la parte superiore della forchetta di previsioni elaborate dall’Ispi, per l’inflazione complessiva si stima una crescita del 2,2% e per quella core dello 0,9%.
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Crisi di Suez e taglio dei tassi
«Va tenuto in considerazione che questa crisi arriva in un momento in cui le banche centrali devono decidere se tagliare i tassi di interesse o meno, quindi anche un aumento dei costi dello 0,7% come quello stimato per l’inflazione di costo significherebbe allontanarsi ulteriormente dall’obiettivo del 2% - sottolinea Villa - . La crisi di Suez quindi rappresenta un ulteriore elemento di incertezza che peserà sicuramente sulla decisione della Bce su quando e di quanto cominciare a ridurre i tassi di interesse rispetto ai massimi raggiunti negli ultimi mesi».
Porti italiani, traffico in calo del 20%
L’Ispi evidenzia come la riduzione dei traffici dal canale di Suez si stia riflettendo sui porti italiani. Quelli presi in considerazione sono: Genova, Venezia, Trieste, Gioia Tauro, Augusta e Livorno, da questi sei porti entra il 54% delle importazioni ed esce il 40% delle esportazioni marittime italiane. Nel giro di poche settimane questi porti hanno registrato una riduzione del traffico del 20%, scesa all’11% nell’ultima settimana. «È ancora troppo presto per capire se questo calo sia dovuto prevalentemente alla necessità delle navi di intraprendere una rotta più lunga e quindi sia solo temporaneo o se la riduzione dei traffici nel Mar Rosso sia destinata a durare a lungo provocando un cambiamento di destinazione finale di alcune navi», dice Villa. Preoccupazione che aveva espresso anche il presidente del porto di Trieste Zeno D’Agostino, parlando con il Corriere. « Il rischio è che una volta circumnavigata l’Africa le navi puntino direttamente sui porti del Nord Europa. In una fase in cui gli operatori del Nord stanno investendo su Trieste, riconoscendo il ruolo globale del Mediterraneo e dell’Adriatico, questo scenario ci preoccupa», aveva detto D’Agostino.
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20 gen 2024
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