Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue
Sono serviti quattro mesi e molte riunioni, ma l’Italia riceve una «valutazione positiva» della Commissione Ue sulla sua revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il piano non esce dal filtro di Bruxelles uguale a come vi era entrato: si immaginavano nuovi progetti per la transizione energetica («RepowerEu») per 19,25 miliardi di euro e la Commissione ne ha approvati per 11,17 miliardi; si proponeva di sfrondare progetti esistenti per 15,89 miliardi e alla fine gli investimenti che usciranno dal Pnrr — per essere spostati sui fondi europei ordinari o nazionali — dovrebbero valerne 8,4. Nel complesso la disponibilità sale da 191,5 a 194,4 miliardi, perché l’Italia beneficia di una piccola ridistribuzione di sovvenzioni e di altri 2,7 miliardi per RepowerEu. Il quadro è il risultato fisiologico di un compromesso, ma permette una svolta sugli investimenti e riapre il capitolo —- un po’ negletto — delle riforme. Di certo, ormai l’esborso della quarta rata è possibile entro l’anno e allora l’Italia avrà già ricevuto 102 miliardi.
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Cosa esce
Sulla lista di ciò che andava sfrondato si è giocata la partita più difficile fra Roma e Bruxelles, così come fra Roma e gli enti locali. Alla fine per «circostanze oggettive» sono state emendate 96 misure. Le maggiori controversie toccavano i progetti di «rigenerazione urbana» da 3,3 miliardi delle città medio-grandi e i «Piani urbani integrati» delle grandi città da 2,5 miliardi. Il governo proponeva di farli uscire in blocco dal Pnrr. Alla fine dei primi resteranno progetti per due miliardi e dei secondi per 900 milioni. Bruxelles invece conferma l’uscita dal Pnrr dei progetti per sei miliardi dei piccoli Comuni: per loro serviranno altri fondi. La valutazione ha seguito sempre «circostanze oggettive» (ritardi irrecuperabili, l’esistenza di alternative migliori o costi ormai eccessivi). Cadono nella sfrondatura il progetto «Caput Mundi» di Roma per il turismo, quello per Cinecittà, la «rinaturazione» dell’area del Po e l’eolico off-shore (sostituto, più razionalmente, da fondi da 1,5 miliardi per la manifattura di tecnologie rinnovabili e delle batterie). Esce poi definitivamente il piano dello stadio di Firenze, per effetto di una sentenza dei giudici amministrativi del Lazio.
Cosa cambia
Alcune misure del Pnrr cambiano per migliorare, per prendere atto delle difficoltà o per garantire la consegna delle opere entro il 2026. Un ridisegno più equo riguarda gli studentati universitari: il progetto è riscritto in modo che il 30% dei posti sia riservato a studenti meritevoli e in difficoltà economiche. Fra i piani da rivedere per problemi di realizzazione rientrano invece gli asili nido: l’inflazione dei costi e le strozzature produttive portano un calo da 264 mila e 150 mila dei posti. Le linee ferroviarie sono poi il caso più rilevante di (molte) revisioni delle priorità per garantire le scadenze: per esempio, esce dal Pnrr la Verona-Brennero e si rafforza il finanziamento per la Brescia-Verona-Padova. C’è poi un cambio per riflettere l’attualità: 1,2 miliardi per il rischio idrogeologico andranno a curare i danni delle alluvioni in Emilia-Romagna, in Toscana e nelle Marche.
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Cosa entra
Il piatto forte sono gli 11,17 miliardi di RepowerEu. Non si arriva ai 19,25 miliardi proposti dall’Italia perché la Commissione non ha ritenuto fattibili nei tempi alcuni progetti. Ma resistono gli sgravi agli investimenti delle imprese («Industria 5.0») e alcune reti dell’energia: dai cavi elettrici da Sud verso Nord e tra le isole (inclusa la Corsica) al gasdotto della dorsale adriatica di Snam. Non sembra però entrato nel Pnrr il piano di Eni e Snam, pure proposto, per la cattura e sequestro della CO2 al largo di Ravenna. Insieme a Repower vince però anche l’agricoltura, che vede raddoppiare i fondi destinati.
Le riforme
La principale sorpresa è nell’impegno dell’Italia a nuove riforme e a rivitalizzare alcune di quelle già decise. La più importante fra quelle nuove è l’impegno a ridurre nei prossimi anni i «sussidi ambientalmente dannosi», una delicatissima lista da una ventina di miliardi che include sgravi sul gasolio da autotrasporto o per l’agricoltura. Nella legge annuale di concorrenza poi l’Italia si impegna ad affrontare settori come farmaceutico, distribuzione al dettaglio, assicurazioni, reti del gas, porti e aperture d’impresa. Si prende atto di ritardi nel ridurre i tempi della giustizia civile, ma si rilancia rafforzando gli uffici del processo cercando di renderli più appetibili per giovani candidati.
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24 nov 2023
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