Moody’s conferma il rating dell’Italia e alza l’outlook da «negativo» a «stabile»
di Redazione Economia
Una crisi dell’euro e il crollo di due architetture di regole non sembrano aver insegnato molto ai governi dell’area. Ogni giorno che passa, il costrutto del nuovo patto di Stabilità resuscita sempre di più gli aspetti meno nobili dei suoi precursori. Si rivede l’illeggibile complessità del disegno, divenuto ormai barocco e sempre meno applicabile per le troppe aggiunte inserite dai singoli governi all’inseguimento dei loro obiettivi particolari. E si rivede il rischio che una stretta di bilancio simultanea in tutta l’area euro — ben oltre quanto fanno le altre grandi economie del pianeta — affondi l’economia proprio in una fase di competizione fra blocchi, con sempre meno regole sul piano industriale e commerciale.
di Redazione Economia
Così i governi dell’area euro, impegnati a controllarsi a vicenda e prevalere gli uni sugli altri, rischiano di perdere il confronto con Stati Uniti, Cina, Giappone, India e Corea del Sud. Se accade, parte della responsabilità risiederà a Berlino. Non è un momento glorioso per la Germania, con la produzione industriale di oltre il 14% sotto ai massimi del 2017 e il governo costretto dalla Corte costituzionale a reinserire nei conti 60 miliardi di debito che aveva rimosso in veicoli fuori bilancio. Ma è a Berlino che ieri il ministro dell’Economia Christian Lindner e il suo collega francese Bruno Le Maire, contrariamente alle speranze di una settimana fa, non sono ancora riusciti a trovare un accordo sui numeri dei vincoli di bilancio.
di Claudio Del Frate
Lindner stesso è diventato uno degli ostacoli. La Fdp, il partito liberale di cui lui è leader, viaggia nei sondaggi al 5%: ha più che dimezzato i voti dalle politiche di due anni fa, rischia di uscire dal Bundestag se si votasse oggi e l’8 ottobre scorso ha subito due dure sconfitte elettorali in Assia e Baviera. Da allora Lindner ha alzato il prezzo in Europa, per mostrarsi inflessibile con gli elettori che sta perdendo a favore del centro-destra e della destra. Così, come il ministro delle Finanze a Berlino, ora chiede che le nuove regole europee vadano oltre il vincolo di una riduzione minima del debito ogni anno, quali che siano le condizioni dell’economia: vuole anche che si indichi una «salvaguardia» che spinga il deficit di tutti i governi europei ben sotto al 3% del Pil. Ma se tutti applicano politiche restrittive simultaneamente, l’effetto non può che essere recessivo l’intera area.Così si altera il disegno della Commissione europea, che propone piani di risanamento su misura dei singoli Paesi e orientati al medio periodo. E così le esigenze politiche del momento di un solo politico rischiano di costare caro per molti anni a venti Paesi.
di Massimiliano Jattoni Dall’Asén
Niente di tutto questo semplifica la posizione dell’Italia, destinata a restare osservata speciale, quali che siano le regole europee, per due ragioni. La prima: mercoledì la Commissione ha di fatto riscritto i conti di Roma, segnalando che il governo non può rimuovere dalle sue previsioni di deficit e debito oltre il 2024 l’impatto di 14 miliardi di tagli di tasse che promette di mantenere. Bruxelles mostra che il deficit non scende e il debito sale. Ma la seconda ragione è più seria, perché lo stesso ministero dell’Economia (vedi grafico) prevede che il debito pubblico dell’Italia esploderebbe se il governo di limitasse all’avanzo di bilancio — prima di pagare gli interessi — che oggi è lontano, ma che promette di raggiungere nel 2026. E quel saldo (più 1,6% del Pil) è più di quanto l’Italia ha avuto in media nei dieci anni prima della pandemia.
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18 nov 2023
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