Vivendi rompe gli indugi e si prepara a dare battaglia in Tribunale sulla vendita della rete di Tim a Kkr. I legali del gruppo francese hanno terminato di scrivere il ricorso che dovrebbe essere depositato domani. É anche possibile uno slittamento alla prossima settimana, comunque è atteso prima della pausa natalizia. L’obiettivo è bloccare la cessione dell’infrastruttura approvata dal consiglio di Tim il 5 novembre, contro il parere dei francesi. Il ricorso dovrebbe essere accompagnato dalla richiesta di un provvedimento cautelare, ex articolo 700, con l’obiettivo di congelare l’operazione fino al giudizio finale del Tribunale.
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Sebbene sia passato oltre un mese dalla decisione del consiglio di Tim sulla rete, il ricorso dei francesi era atteso. Nel corso delle trattative Vivendi aveva contestato più volte l’operazione, ritenendo il prezzo offerto da Kkr (18,8 miliardi più 3 miliardi di earn out al verificarsi di alcune condizioni, tra cui la creazione della rete unica con gli asset di Open Fiber) inferiore al valore dell’infrastruttura, indicando in 31 miliardi il possibile incasso. Per tentare di fermare il processo la media company guidata da Yannick Bolloré, a cui fa capo il 24% di Tim, aveva poi chiesto che l’operazione venisse sottoposta al voto dell’assemblea, ma il board ha tirato dritto decidendo di approvare in consiglio la vendita al consorzio guidato da Kkr di cui fa parte anche il ministero dell’Economia, destinato a rilevare fino al 20% della rete, e il fondo infrastrutturale italiano F2i, candidato a comprarne il 10%. Ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha ricordato che «la partecipazione pubblica» nell’operazione «nasce per scongiurare ogni rischio di perdita di controllo strategico della Rete e salvaguardare i lavoratori coinvolti».
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In Borsa il prezzo dei titoli Tim non si è discostato molto dal valore segnato il giorno successivo al via libera alla vendita della rete (0,25 euro, uguale alla chiusura di ieri, in calo del 3,4%), segnalando la cautela degli operatori su una partita sicuramente ben incardinata dal ceo di Tim, Pietro Labriola, ma con ancora diversi nodi da sciogliere. Il principale è appunto rappresentato da Vivendi, mossa più che da ragioni strategiche dall’esigenza di difendere il proprio investimento, costato finora 3 miliardi di minusvalenze su 4 miliardi impegnati. La partecipazione del 24% nella compagnia telefonica pare ormai destinata alla vendita e il ricorso potrebbe alzare la pressione sui soggetti coinvolti nella partita affinché svincolino Vivendi trovando un compratore.
L’operazione rete, intanto, prosegue. Oggi è in programma un consiglio di Tim che avrà sul tavolo la richiesta di proroga da parte di Kkr per la presentazione dell’offerta vincolante su Sparkle fino al 30 gennaio, che sarà concessa. La società dei cavi internazionali dovrebbe finire sotto il controllo diretto del ministero dell’Economia, alleato di Kkr nell’acquisto di NetCo, anche se resta da trovare la quadra sulla valutazione.
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Il board avvierà anche la procedura per la presentazione della lista per il consiglio, che è in scadenza in primavera con l’approvazione del bilancio 2022, iniziando a discutere dell’aggiornamento del regolamento. L’iter si dovrebbe concludere a gennaio con l’approvazione del documento e l’indicazione dell’incaricato che dovrà tenere le fila del processo che porterà alla composizione della lista. L’ad Labriola ha già dato disponibilità a un secondo mandato se gli azionisti lo vorranno: l’opposizione al rinnovo del primo socio Vivendi appare scontata, ma bisognerà sondare il parere di Cdp (10%) e del mercato che detiene il 65% del capitale di Tim. Il presidente, Salvatore Rossi, ha fatto sapere di non essere disponibile per il rinnovo e oggi ufficializzerà la sua posizione. Si aprirà così il toto-nomi per la successione. Sul mercato sono circolati quelli di Giovanni Gorno Tempini, presidente di Cdp in scadenza ad aprile 2024 e consigliere di Tim, e di Emma Marcegaglia, alla guida dell’acciaieria di famiglia. Ma il percorso è ancora lungo.
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14 dic 2023
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