Smog a Milano, «i nuovi limiti stabiliti dalla Ue? Deroga di dieci anni per la Lombardia». Trenta giorni di aria tossica nel 2024
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Le norme prevedono obiettivi stringenti da raggiungere entro il 2030. Ma per le aree con particolari condizioni climatiche e orografiche si slitta al 2040
Trenta giorni di aria estremamente tossica sui primi 51 dell’anno. La media del Pm2,5 (le polveri più sottili e più nocive) da due mesi a 40 microgrammi per metro cubo. Le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità dicono che sopra i 5 microgrammi l’inquinamento ha ricadute sulla salute: rispetto a questa soglia, i milanesi stanno respirando una concentrazione di veleni otto volte più alta. E in questo quadro, due giorni fa a Bruxelles, la Lombardia e il governo hanno ottenuto una vittoria politica che corona due anni di tenace diplomazia: non per abbattere i veleni, ma per avere una deroga di dieci anni sui nuovi limiti, che saranno più stringenti a confronto degli attuali.
Oggi il limite del Pm2,5 come media annuale è fissato a 25 microgrammi per metro cubo, un valore del tutto obsoleto e inefficace in base alle ricerche sugli effetti dello smog sulla salute. Commissione Ue e Europarlamento lavoravano da due anni a una revisione della direttiva sulla qualità dell’aria. La prima ipotesi prevedeva l’allineamento alle linee guida dell’Oms del 2021: 5 microgrammi al massimo come media annuale di Pm2,5 entro il 2030. Nell’ultimo accordo il limite è stato fissato a 10, ma la «vittoria» della Lombardia sta in una sorta di «clausola padana», è cioè la possibilità per i governi di chiedere una deroga al rispetto dei limiti fino al 2040, in base alle «condizioni climatiche e orografiche» di certe regioni.
Cinque stelle e Pd accusano il Pirellone di «immobilismo» e chiedono un consiglio straordinario («Una giunta di negazionisti climatici che lascia da soli i Comuni», attacca il capogruppo pd Pierfrancesco Majorino). Il governatore Attilio Fontana ripete: «Immettiamo in atmosfera una quantità di sostanze inquinanti molto al di sotto dei parametri voluti dall’Europa». Se poi «l’aria, in certi periodi dell’anno, qui non circola per via della condizione della nostra Pianura Padana...».
Su questo argomento si è già espressa la Corte di Giustizia europea nella sentenza del 12 maggio 2022, dove si accoglieva il ricorso della Commissione contro l’Italia per «l’inosservanza sistematica e continuata del valore limite annuale fissato per il biossido di azoto». In uno studio prodotto per il Comitato di controllo e valutazione del consiglio regionale, consegnato lo scorso settembre, redatto da studiosi della Statale di Milano, si legge che la Corte «nega il tradizionale argomento circa le caratteristiche fisiche sfavorevoli della Val Padana», anzi «la logica dei giudici muove nella direzione opposta: in presenza di situazioni che non permettono la dispersione degli inquinanti, i decisori sono tenuti a ricorrere a misure più severe, e non ad invocare circostanze eccezionali».
Infatti, nella sentenza si legge: «Le caratteristiche topografiche e climatiche non sono tali da esonerare lo Stato membro interessato dalla responsabilità del superamento dei valori limite fissati per il biossido di azoto ma, al contrario, costituiscono fattori che devono essere presi in considerazione nel contesto dei piani per la qualità dell’aria che tale Stato membro deve elaborare per raggiungere il valore limite». La sentenza inoltre procede «a esaminare i Piani aria di Regione Lombardia, per criticarne l’inconcludenza — spiega lo studio — dato che “tali dati non consentono sempre di stabilire quale sia il loro scadenzario o l’impatto di tali misure sul miglioramento della qualità dell’aria previsto”». In conclusione: «Le misure previste non sono idonee» per rientrare nei limiti nel tempo «più breve possibile».
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