La crisi nel Mar Rosso è la prova che l’impero americano resta indispensabile

La crisi nel Mar Rosso che minaccia gli approvvigionamenti petroliferi e gasiferi di mezzo mondo, � la prova di quanto l’America sia ancora insostituibile. Il suo intervento militare per garantire quelle rotte protegge la sicurezza energetica di alleati come Europa e Giappone, ma anche di una rivale come la Cina.

Il Pentagono ha affibbiato un appellativo eloquente a questo intervento di una coalizione multilaterale a guida americana: Operazione Guardiano della Prosperit�.

Nessun’altra potenza al mondo, Cina e Russia incluse, sarebbe in grado di sostituire questo ruolo degli Stati Uniti, a breve o medio termine. Sia perch� nessun’altra ha flotte paragonabili alla US Navy in quell’area del pianeta; sia perch� nessun’altra � in grado di coalizzare e mobilitare cos� tanti alleati. Ma poich� � evidente che la leadership Usa sta traballando, che cosa possiamo prevedere sul �dopo�?

Alcuni numeri aiutano a capire l’importanza strategica del Mar Rosso. Questo mare che separa l’Africa dall’Asia, o pi� precisamente dal Medio Oriente e dalla penisola arabica, � �chiuso� alle due estremit� da due stretti, quello di Suez a Nord col rispettivo canale e lo stretto naturale di Bab el-Mandeb a Sud. Vi transitano complessivamente il 12% di tutto il petrolio mondiale trasportato su nave e l’8% di tutto il gas naturale liquefatto, ma anche tante altre merci trasportate su navi portacontainer. Da quando fu realizzato il canale di Suez, questa rotta ha accorciato le distanze anche tra l’Europa e l’Estremo Oriente.

All’imboccatura meridionale del Mar Rosso c’� lo Yemen, sconvolto da anni da una guerra civile. Una delle parti nel conflitto � la milizia Houthi appoggiata dall’Iran. Dopo l’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre, gli Houthi sono scesi in campo, minacciando di colpire le navi israeliane nel Mar Rosso. Non solo sono passati agli atti, ma i loro attacchi con missili e droni hanno colpito anche dei cargo non israeliani e perfino la US Navy. L’insicurezza ha spinto diverse compagnie armatoriali a interrompere o ridurre i trasporti.

La compagnia petrolifera Bp � stata l’ultima di una serie di societ� che hanno sospeso, almeno temporaneamente, la navigazione lungo questa rotta. I big dei cargo porta-container come Maersk, Msc, Hapag-Lloyd, hanno ridotto il numero di navi e ne hanno dirottato una parte su rotte pi� lunghe e costose come la circumnavigazione dell’Africa. I costi per l’assicurazione delle navi sono saliti e questo ha fatto salire il prezzo dell’energia, anche se per adesso non ci sono fenomeni di iperinflazione: il barile di greggio Brent resta sotto gli 80 dollari. (Alle perturbazioni nel Mar Rosso se ne aggiunge una, del tutto scollegata, che colpisce l’altra arteria vitale del commercio globale: il canale di Panama smaltisce il suo traffico a rilento perch� la siccit� ha abbassato il livello delle sue acque).

Se i mercati reagiscono con una relativa calma, lo si deve al fatto che l’America ha le sue navi militari nel Mar Rosso e aveva gi� cominciato a rispondere da sola agli attacchi degli Houthi. Ora la US Navy ha chiamato a raccolta altre flotte militari, Washington ha messo insieme una coalizione che include Regno Unito, Francia, Norvegia, Bahrain, e alla quale partecipa anche una fregata della Marina militare italiana. Questa operazione guidata dagli Stati Uniti era stata preannunciata dal segretario alla Difesa Lloyd Austin quando disse: �Il problema � internazionale e richiede una risposta internazionale�.

In effetti l’interesse americano in senso stretto � quasi inesistente. Gli Stati Uniti hanno raggiunto l’autosufficenza energetica da molti anni e sono diventati un esportatore netto di petrolio, gas. Continuano ad avere dei piccoli flussi d’interscambio con l’estero (per ragioni legate al mix qualitativo e alle tante tipologie di petrolio), quasi esclusivamente con i propri vicini Canada e Messico. Il petrolio arabo non serve pi� all’economia americana da molti anni, dai tempi di Barack Obama. � una fra le tante ragioni che spiegano il ritorno di una robusta corrente isolazionista in America (interpretata da Donald Trump e non solo): la superpotenza potrebbe ritirarsi in uno �splendido isolamento� protetto da due oceani e dalla sua ricca dotazione in risorse naturali. L’energia e tante altre merci che transitano nel Mar Rosso servono soprattutto all’Europa da una parte, all’Asia dall’altra. L’Europa � particolarmente dipendente da queste rotte per procurarsi non solo petrolio grezzo ma derivati raffinati come benzina e gasolio per diesel, da quando ha interrotto quasi del tutto i suoi acquisti dalla Russia. La Cina resta il pi� grosso acquirente di petrolio mediorientale, altri sono Giappone, Corea del Sud, India. Alcuni di questi paesi sono alleati degli Stati Uniti; la Cina � la pi� grossa e temibile rivale.

Gli Stati Uniti, dunque, mettendosi alla guida di un intervento multilaterale per far cessare gli attacchi Houthi nel Mar Rosso difendono un �bene collettivo� che � la libert� di navigazione e la sicurezza nei trasporti: ne beneficiano tutti.

� un caso in cui Pechino si scopre dipendente da un ordine internazionale americano-centrico che ha contribuito al suo sviluppo economico e al suo benessere. L’Esercito Popolare di Liberazione sotto la guida di Xi Jinping ha intrapreso un formidabile sviluppo della sua marina militare. Per numero di navi da combattimento la Cina ha ormai sorpassato gli Stati Uniti (anche se non necessariamente per qualit� e potenza); per� le sue forze sono ancora per lo pi� dislocate in Estremo Oriente e nell’Indo-Pacifico. Idem per le basi militari. La Cina � assai lontana dal poter immaginare di sostituire l’America nel ruolo di �gendarme globale�: un ruolo che non si stanca di denunciare, ma del quale gode quasi quanto i �parassiti europei� della sicurezza.

La leadership americana ha dei limiti, probabilmente destinati a peggiorare. Un sintomo lo si avverte nella stessa crisi del Mar Rosso. Dalla coalizione multilaterale mancano proprio due paesi limitrofi: Arabia Saudita ed Emirati. Queste due nazioni sono state a lungo in guerra con gli Houthi e in parte lo sono tuttora. Sanno benissimo che questa milizia � un braccio armato dell’Iran con cui il regime degli ayatollah destabilizza la regione. Per� in questa fase di tensione con Washington legata alla guerra Israele-Hamas n� l’Arabia n� gli Emirati se la sono sentita di entrare a far parte di una coalizione a guida americana. � un’assenza preoccupante per pi� motivi. Tra l’altro serve a ricordare che l’Arabia saudita, nonostante le risorse finanziarie che spende per armarsi e gli aiuti militari che riceve dagli Stati Uniti, ha fallito nei suoi prolungati tentativi di stabilizzare il vicino Yemen. Osserva un autorevole studioso americano di geopolitica, Walter Russell Mead: �Questo non � un mondo che sta diventando pi� stabile, non � un mondo in cui gli interessi americani o i valori americani stanno diventando pi� sicuri. Non � un mondo in cui rivali e nemici dell’America rispettano il suo presidente. Non � un mondo in cui il potere di deterrenza dell’America, in declino, pu� trattenere a lungo la marea montante di aggressioni e guerre�.

Il mondo che verr� dopo? Visto che mancano – e mancheranno a lungo – i pressuposti di una Pax Sinica, di un’ordine mondiale con centro a Pechino, un caos crescente e prolungato � pi� realistico.

19 dicembre 2023, 18:26 - modifica il 19 dicembre 2023 | 18:27

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