Così i russi reclutano in Europa persone ai margini della società per spionaggio e sabotaggi

diAndrea Marinelli e Guido Olimpio

Il punto militare 634 | La storia di Maxim Leha, arrivato in Polonia dall'Ucraina e adescato su Telegram dai servizi russi racconta le modalità utilizzate dai servizi segreti del Cremlino per operare in Europa

Era arrivato in Polonia sul finire del 2021 Maxim Leha, fuggendo dall’Ucraina pochi mesi prima dell’invasione russa. Per un po’ aveva lavorato come cassiere in un supermercato, poi aveva cominciato a trasportare immigrati irregolari in Ungheria: un’occupazione trovata su Telegram che gli aveva fatto guadagnare qualche soldo e soprattutto tre mesi in un carcere ungherese. Proprio sull’app di messaggistica, una volta uscito, il 22enne Leha si era imbattuto negli annunci di un certo Andrzej: cercava qualcuno interessato a dipingere graffiti su recinzioni o gallerie per 7 euro l’uno, e il giovane ucraino scrisse centinaia di volte lo slogan «Stop Nato» sui muri della Polonia.

Quando le sue mansioni aumentarono di livello Leha aveva già intuito di avere a che fare con i servizi segreti russi, ma aveva pochi soldi e la fedina penale sporca, quindi non se ne curò. «È una questione polacca», gli aveva risposto quel certo Andrzej a una domanda precisa. «È anche una questione internazionale. L’obiettivo è dimostrare che la gente è stufa di questa guerra». È così Leha prima finse di incendiare la sede di una compagnia di trasporti nell’Est del Paese — non ebbe il coraggio di farlo davvero — poi gli venne chiesto di installare telecamere all’aeroporto di Rzseszow, dove arrivano gli aiuti militari occidentali per l’Ucraina, e lungo la linea ferroviaria che li porta oltre il confine.

Non si sa se attraverso quelle immagini i russi siano riusciti a localizzare e distruggere alcune consegne, non è stato appurato. Quello che è certo, è che il 3 marzo dello scorso anno Leha è stato fermato mentre installava telecamere nella città di Kazimierz e ha cominciato a vuotare il sacco, a collaborare. Insieme a lui sono finite dietro le sbarre altre 15 persone: è considerato il più grande caso di spionaggio della storia recente polacca, ma soprattutto aiuta a capire le modalità utilizzate dai servizi segreti del Cremlino per operare in Europa.

Dopo l’invasione dell’Ucraina oltre 600 diplomatici russi sono stati espulsi dalle ambasciate di tutta Europa, in gran parte erano spie, e il Cremlino ha dovuto ricostruire la propria rete europea. Gli agenti di Mosca si sono affidati allora a poveracci ai margini della società — «misfit» li definisce il Wall Street Journal, disadattati — reclutati su Telegram per compiere piccoli atti di spionaggio o sabotaggio, come nel caso di Maxim Leha, diffondendo contemporaneamente un sentimento antioccidentale. Una tattica con pochi costi e pochi rischi, se non per quei «poveracci» coinvolti.

È successo in Polonia, ma anche nel resto d'Europa: ci sono stati deragliamenti in Svezia, atti vandalici in Estonia, problemi alla rete Gps, in Germania due persone sono state arrestate per aver passato foto e video di basi militari, mentre in Gran Bretagna ne sono state fermate cinque che avevano dato alle fiamme un magazzino collegato all'Ucraina. In tutti i casi si trattava di persone ai margini, manovalanza spendibile, individui disposti «a fare» ma sacrificabili.

In seguito all’arresto, nella primavera dello scorso anno, Leha ha ammesso le sue colpe, ed è stato condannato a sei anni per spionaggio, perché ritenuto a capo di una rete di spionaggio russo. «Mi vergogno di ciò che ho fatto», ha raccontato al quotidiano americano nel carcere di Lublino in cui sta scontando la pena. «Ma non penso sia giusto che venga considerato il capo dell’operazione. Avevano soltanto bisogno di un capro espiatorio».

16 maggio 2024 ( modifica il 16 maggio 2024 | 12:26)

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