Bremmer: «Sull'Ucraina sono già caduti molti veti: il via libera agli attacchi in Russia è solo un passo in più»

diSamuele Finetti

Il politologo Ian Bremmer: «A Kiev servono sistemi di difesa aerea. Possibile l'invio di truppe Nato, ma non al fronte»

«Sull'Ucraina sono già caduti molti veti: il via libera agli attacchi in Russia è solo un passo in più»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in visita in Spagna il 27 maggio (Afp)

Arriverà mai il «via libera» degli Stati Uniti agli attacchi ucraini con armi americane in territorio russo? Da Chisinau, il segretario di Stato Antony Blinken ha chiarito che Washington non ha dato «luce verde» a Kiev. Ma secondo Ian Bremmer, capo e fondatore del think-tank Eurasia, non è da escludere che alla fine anche il veto americano — e quello degli altri Paesi contrari — venga rivisto, come è già successo in precedenza su altre questioni ucraine.

Cosa potrebbe spingere la Casa Bianca a cambiare posizione?
«Gli Stati Uniti hanno cambiato posizione molte volte nel corso di questi due anni e più di guerra, garantendo a Kiev un supporto sempre maggiore. E di certo non sono disposti a lasciare che l’Ucraina perda questo conflitto, visto quanto hanno investito per aiutarla, non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello diplomatico. Dall’inizio della guerra sia Washington che i Paesi alleati hanno spinto sempre più, a piccoli passi, sulla qualità e la quantità di aiuti. Questo, in fondo, sarebbe solo un altro passo in questa direzione».

Armi americane, come i lanciarazzi Himars, sono state già utilizzate per colpire la Crimea, che la Russia considera a tutti gli effetti parte del suo territorio.
«Non solo: Putin considera territorio russo anche tutte le zone dell’Ucraina che il suo esercito ha conquistato. Ma le minacce arrivate finora dal Cremlino all’Occidente sono sempre rimaste su carta, senza tramutarsi mai in qualcosa di concreto».

Le discussioni di questi ultimi giorni sono nate dopo che Jens Stoltenberg ha chiesto ai Paesi Nato di lasciare che l’Ucraina colpisca in territorio nemico. Perché il segretario dell’Alleanza ha lanciato quest’appello proprio ora?
«C’è un senso sempre maggiore di urgenza, che in questo momento è amplificato dal fatto che a luglio è in programma a Washington il summit per il 75esimo anniversario della Nato. Un summit che potrebbe andare male, perché la Nato è coinvolta nella guerra in Ucraina e l’Ucraina è in una situazione sempre più difficile. Se ottenesse il “via libera” che Stoltenberg chiede, potrebbe frenare l’avanzata russa e rendere più vulnerabili le postazioni da cui Mosca attacca le sue città. Ma resta il problema delle difese aeree: Kiev non ne ha quasi più».

L’Occidente non può fornire questi sistemi difensivi?
«I Paesi occidentali non sono in grado di produrre quello che materialmente serve all’Ucraina. Quello che potrebbe succedere è che i Paesi Nato confinanti con l’Ucraina abbattano dalle postazioni nel loro territorio i missili russi diretti contro l’Ucraina».

E per quanto riguarda l’impiego di soldati Nato in Ucraina? È uno scenario plausibile?
«È plausibile che vengano dispiegate truppe dell’Alleanza in Ucraina, ma con compiti precisi e limitati: l’addestramento dei soldati ucraini, ad esempio. Ma non verrebbero inviate a combattere al fronte».

Stoltenberg ha anche proposto che sia la Nato a coordinare gli aiuti che l’Occidente sta fornendo a Kiev, raccogliendo il testimone dal «gruppo di Ramstein» a guida statunitense. C’è però una grande incognita: Donald Trump. Se vincesse a novembre, potrebbe comunque decidere di diminuire, se non fermare, gli aiuti di Washington a Kiev.
«Non credo che Trump, se rieletto, tornerà a parlare di un’uscita degli Stati Uniti dalla Nato con l’insistenza con cui lo faceva durante il suo primo mandato. O meglio, non lo farà se i Paesi membri europei si mostreranno disposti a destinare molte più risorse all’Alleanza».

30 maggio 2024

- Leggi e commenta