Ucraina e armi per i colpi mirati in Russia, ora gli Usa sono isolati. E aumenta la pressione degli alleati
Sempre più Paesi Nato rispondono all'appello di Stoltenberg. L'Italia resta contraria. Ma Biden potrebbe cambiare idea
Per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina, gli Stati Uniti sono di fatto isolati. Uno a uno gli alleati più importanti stanno convergendo verso la tattica proposta dal segretario della Nato, Jens Stoltenberg, e rilanciata due giorni fa da Emmanuel Macron, nella conferenza stampa tenuta a Berlino. Il presidente francese ha mostrato la mappa del campo di battaglia nei dintorni di Kharkiv. I missili e i droni lanciati dai russi provengono in gran parte da basi collocate al di là del confine ucraino. Macron è stato netto: «Se non diamo agli ucraini il permesso di colpire obiettivi militari oltre frontiera è come se dicessimo loro: vi diamo le armi, ma non potete difendervi». Il leader francese ha aggiunto che saranno ammessi solo raid contro le piattaforme operative da cui partono gli attacchi verso le città ucraine, mentre sono esclusi altri siti delle forze armate russe e, men che meno, le infrastrutture civili.
È un approccio bocciato, ancora ieri, dal segretario di Stato americano, Antony Blinken, in visita in Moldavia: «Non abbiamo incoraggiato, né abbiamo autorizzato l’uso di nostre armi per bombardamenti al di fuori dell’Ucraina». Oggi Blinken partecipa alla riunione informale dei ministri degli Esteri della Nato, a Praga. Il vertice sarà l’occasione per una prima conta dei favorevoli e dei contrari allo schema Stoltenberg-Macron. Blinken verificherà direttamente come si stia formando un ampio schieramento pronto a superare uno dei due vincoli posti dalla Casa Bianca: vietato colpire in territorio russo. L’altro è: nessuno soldato dell’Alleanza sul campo di battaglia.
Nella lista capeggiata dai francesi, spicca il «sì» del governo britannico guidato da Rishi Sunak, finora sempre allineato alle scelte di Washington. Stesso discorso e stessa sorpresa vale anche per il Canada. Non stupisce, invece, trovare nell’elenco i Paesi del fianco Est della Nato: Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Repubblica Ceca. Sono quelli che si sentono più esposti a possibili incursioni o «provocazioni» ideate da Vladimir Putin e quindi sono i fautori della linea dura, costi quel che costi, nei confronti di Mosca. L’ipotesi Macron convince anche il blocco del Nord: le autorità di Finlandia, Svezia, Olanda e Danimarca si sono già pronunciate ufficialmente.
La posizione più sfumata è quella della Germania. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, di fianco a Macron, ha risposto così alle domande dei giornalisti sul tema: «L’Ucraina deve avere la possibilità di difendersi con le misure adatte». Scholz ha anche citato «accordi confidenziali» tra Berlino e Kiev sull’utilizzo degli armamenti forniti dai tedeschi, «in accordo con il diritto internazionale». In questi giorni Stoltenberg, Macron e altri hanno evocato lo Statuto della Nato, in particolare l’articolo 51 che garantisce il «diritto all’autodifesa» di un Paese aggredito, senza precisare, però, se ci siano dei limiti da rispettare.
Tra i grandi Paesi, solo l’Italia resta al fianco degli Usa, come hanno ricordato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e quello della Difesa, Guido Crosetto. Ma il quadro potrebbe mutare, anche rapidamente. Secondo il Washington Post, Joe Biden «sta riflettendo» e potrebbe cambiare idea. Una svolta che potrebbe modificare gli equilibri sul terreno, visto che la gran parte degli armamenti al centro della discussione provengono dagli arsenali statunitensi.