Un «muro di droni» contro le provocazioni russe: la proposta dei Paesi baltici e nordici
La «barriera» correrebbe lungo il confine da Norvegia a Polonia. Il blocco del Nord-Est si sta attrezzando per fronteggiare un’ulteriore escalation con Mosca

Il summit dei ministri della Difesa del «Gruppo nordico» , il 23 maggio a Palanga, in Lituania (Epa)
Il «muro dei droni» è un altro passaggio verso una Nato a «due sensibilità». Venerdì 24 maggio, la ministra degli Interni della Lettonia, Agne Bilotaite, ha annunciato un piano per rafforzare la sorveglianza aerea sul fianco Est dell’Alleanza Atlantica. L’iniziativa è promossa da sei Paesi: Finlandia, Norvegia, Polonia, Estonia, Lituania e, appunto, Lettonia.
L’idea è dislocare una forza congiunta di interdizione e di sorveglianza, formata da droni e da strumenti ad alta tecnologia, in modo da vigilare sui confini e proteggerli, parole ancora di Bilotaite, da «provocazioni non amichevoli», oltre che da «traffici illeciti». Verranno schierati anche sistemi di difesa aerea per intercettare eventuali incursioni condotte dall’aviazione russa. La ministra lettone ha aggiunto che potrebbero «essere usati anche fondi dell’Unione europea», naturalmente per gli Stati che ne fanno parte, cioè tutti tranne la Norvegia. I rappresentanti dei sei Paesi hanno esaminato anche possibili scenari per l’evacuazione della popolazione, in caso di conflitto. Al momento non ci sono altri dettagli, per esempio sui tempi di attuazione. La ministra finlandese, Mari Rantanen, ha precisato che «si farà presto, non appena tutti saranno pronti».
In ogni caso il segnale è chiaro. Il blocco del Nord-Est si sta attrezzando per fronteggiare un’ulteriore escalation con Mosca, senza aspettare il resto degli alleati.
Nella Nato si sta sviluppando un intenso confronto sulle prospettive della guerra in Ucraina. Non da oggi, in realtà. Ma l’ultima uscita del segretario generale, Jens Stoltenberg, ha messo in luce quanto si stiano divaricando le posizioni, o come dicono i diplomatici, le «sensibilità» coltivate da due schieramenti. In un’intervista all’Economist, Stoltenberg ha detto che gli Stati Uniti e gli altri partner dovrebbero autorizzare gli ucraini a colpire, con le armi fornite loro, obiettivi militari in territorio russo.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, la premier italiana Giorgia Meloni e altri leader si sono subito dichiarati contrari a questa eventualità. Gli americani stanno valutando i rischi, a cominciare dalla reazione russa sul campo di battaglia. I governi di Polonia, Lettonia, Estonia e Lituania, invece, appoggiano il suggerimento di Stoltenberg. La fascia orientale e quella nordica è sempre più convinta che la Nato stia facendo troppo poco sia per sostenere la resistenza ucraina sia per mettere in sicurezza le frontiere dei Paesi membri. La rimostranza è indirizzata innanzitutto a Joe Biden, ma tocca anche Scholz, Meloni e altri, considerati troppo prudenti a fronte dell’aggressività di Vladimir Putin.
La discussione tra Est e Ovest era emersa con chiarezza già nel vertice dei capi di Stato e di governo, a Bruxelles, il 24 marzo 2022. In quell’occasione la Polonia, i Baltici e la Norvegia fecero pressioni per inviare un messaggio ambiguo a Putin: la Nato «non escludeva» un intervento diretto in Ucraina. Alla fine passò la linea moderata di Stati Uniti, Germania, Italia: nessun soldato occidentale al fronte.
Da allora il contrasto tra i due approcci si ripresenta puntualmente in ogni summit, a qualsiasi livello. Nel frattempo i fautori della linea più oltranzista hanno messo in campo progetti gestiti in autonomia.
Il 16 marzo 2023 Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca hanno firmato una «dichiarazione di intenti» per costituire una «forza di difesa aerea congiunta». Nel concreto significa coordinare le operazioni di circa 250 jet super efficienti come, tra gli altri, gli F-35 e gli F-16, condividendo i dati dei radar e le informazioni di intelligence.
Il «muro dei droni» è, di fatto, la coerente prosecuzione di questa inedita tattica militare: nessuno strappo con le direttive concordate in sede Nato, ma cooperazione rafforzata tra i soci del club che si sentono più esposti a possibili attacchi russi.