Il caso Mediobanca, perché la presentazione di più liste può essere un modello da seguire

Il caso Mediobanca, perché la presentazione di più liste può essere un modello da seguire Il caso Mediobanca, perché la presentazione di più liste può essere un modello da seguire

Lo scorso 28 ottobre si è tenuta l’Assemblea dei Soci di Mediobanca, la banca d’affari italiana che per decenni ha rappresentato l’architrave della finanza italiana e, segnatamente, quella a supporto dell’industria a controllo familiare e a controllo pubblico. Quest’anno vi era da deliberare sul rinnovo degli organi sociali. Su questo punto nodale si sono sfidati due distinti fronti: il management di Mediobanca, da un lato, e il maggior azionista Delfin (sostenuto da Caltagirone) dall’altro, che hanno rispettivamente presentato due distinte liste di candidati. La competizione si è conclusa con la vittoria della lista del consiglio uscente — votata dal 52,6% del capitale presente all’adunanza — sulla lista proposta da Delfin, sostenuta dal 41,74% del capitale presente. La lista presentata da Assogestioni ha ottenuto un consenso pari al 4,64%. Un’affluenza record, con il 76,81% del capitale presente in proprio o per delega al momento del voto. Per la prima volta nell’organo di governo saranno presenti due consiglieri espressi dagli azionisti rilevanti che contribuiranno ai lavori consiliari con le loro competenze ed expertise. Nei mesi che hanno preceduto l’Assemblea c’era stato un tentativo — poi fallito — di un accordo tra il management e il fronte Delfin-Caltagirone finalizzato alla presentazione di un’unica lista di candidati, con la speranza di appianare le divergenze tra i dirigenti della banca e gli azionisti rilevanti.

Il modello di governance di Mediobanca

La partita in gioco si è sviluppata su più livelli. In primo luogo, i soci industriali da tempo chiedono un miglioramento della governance di Mediobanca e un presidente che possieda maggiori requisiti di indipendenza. C’è poi la divergenza di vedute sulla gestione della controllata di maggiore appeal: Generali. Già nell’aprile dello scorso anno, l’azionista Caltagirone provò a proporre una lista di consiglieri alternativa a quella del management in carica, ma il tentativo di un cambio della governance non andò a buon fine. Tornando ai giorni recenti, la presentazione della lista del CdA — risultata poi la più votata — insieme alla struttura proprietaria di Mediobanca forniscono alcuni spunti di riflessione sul modello di governance adottato dall’istituto finanziario milanese e, più in generale, sull’utilizzo della lista del board uscente nelle imprese quotate nel nostro paese. Infatti, la lista del CdA nasce dall’esperienza delle public companies nord-americane, dove le compagini proprietarie sono mediamente maggiormente polverizzate. Nella «Corporate America» tale prassi si diffonde anche per stimolare l’aggregazione dei piccoli azionisti, laddove essi non abbiano sufficienti incentivi ad organizzarsi in vista del voto. La lista dei consiglieri uscenti rappresenterebbe, pertanto, un importante riferimento in termini di continuità gestionale. A differenza delle imprese ad azionariato frammentato, nel caso di Mediobanca, vi sono almeno due azionisti — Delfin e Caltagirone — che, con una quota azionaria che nel complesso ammonta al 30% circa, rappresentano soci di maggioranza relativa a tutti gli effetti.

Le caratteristiche della «lista alternativa», le criticità di quella «uscente»

Questa caratteristica, in linea teorica, dovrebbe arginare uno dei rischi che viene addebitato al meccanismo della lista del board uscente, ovvero l’autoreferenzialità dell’organo amministrativo che potrebbe autoperpetuarsi senza fine, nel caso in cui possa far leva sulla dispersione e disorganizzazione di una moltitudine di piccoli azionisti. La proposta di una lista alternativa a quella del CdA — presentata dai soci industriali — promuove, peraltro, una competizione nel rinnovo tra cariche che è salutare per il livello di competenze di cui deve dotarsi l’organo di governo economico. In termini generali, tuttavia, come richiamato dalla Consob (Richiamo di attenzione n.1/22 del 21 gennaio 2022), la presentazione della lista del CdA uscente presenta delle criticità su cui prestare la massima attenzione. Alcuni dei punti evidenziati dalla Commissione che vigila sulle società quotate sono la massima trasparenza nell’iter di selezione dei candidati, la valorizzazione del ruolo dei consiglieri indipendenti e la messa a punto di meccanismi statutari che limitino il rischio di eventuali collegamenti tra la lista dei soci rilevanti e quella del CdA. L’auspicio è che il nuovo CdA di Mediobanca possa rappresentare il centro di composizione di una pluralità di interessi e svolgere in modo efficace i ruoli di controllo e di supporto strategico al top management, e di raccordo con i diversi stakeholder aziendali, anche grazie all’importante contributo dei nuovi consiglieri, dando così nuova linfa alla banca d’affari milanese, e accrescendone la sua competitività.

*Marco Ossorio è professore aggregato di Family Business e Mergers & Acquisitions presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e socio di SIMA – Società Italiana di Management

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