Salis, il bivio del governo: aderire oppure no alle richieste della difesa

diGiovanni Bianconi 

Oggi Nordio e Tajani incontrano il padre e i legali

Quella di oggi non sarà una giornata decisiva per capire se Ilaria Salis potrà tornare in Italia in tempi relativamente brevi, ma potrebbe esserlo per comprendere l’atteggiamento del governo italiano. Se cioè il ministero della Giustizia ha intenzione di assecondare la richiesta dei suoi avvocati di ottenere gli arresti domiciliari nella sua casa di Monza (dopo quasi un anno di carcerazione preventiva scontato nel carcere di Budapest, e per lungo tempo in condizioni a dir poco critiche) o se invece preferirà sfilarsi dalla loro strategia, rimanendo fuori dalla disputa giudiziaria.

La decisione che il Guardasigilli Carlo Nordio dovrà prendere e spiegare nell’incontro di oggi al padre di Ilaria, Roberto Salis, e ai suoi difensori, riguarda questioni di diritto interno ed europeo, molto tecniche e anche molto complesse; ma avrà un significato implicitamente e inevitabilmente politico.

Tutto ruota intorno all’ormai nota possibilità di sottoporre ai giudici magiari un quadro preciso e dettagliato delle misure di sicurezza e di disponibilità all’assistenza giudiziaria per proseguire il processo in Ungheria con la partecipazione dell’imputata (in presenza o in videoconferenza) anche nel caso in cui le venissero concessi gli arresti domiciliari nel proprio Paese. Una sorta di rassicurazione dal pericolo di fuga, che finora ha impedito l’accoglimento delle istanze già presentate dai legali della donna.
Gli uffici della Giustizia hanno predisposto questo documento, con tutte le indicazioni e i riferimenti necessari, ma spetta ora al ministro decidere se consegnarlo agli avvocati, con il timbro del suo dicastero, perché possano allegarlo alla nuova istanza. Farlo significherebbe fare un passo ulteriore rispetto all’assistenza offerta o proclamata finora; non farlo, vorrebbe dire che un conto sono le mosse dei difensori della cittadina italiana imputata, e un altro la posizione del suo governo.

Le ragioni che potrebbero spingere Nordio a non schierarsi (di fatto) al fianco della difesa potrebbero essere in primo luogo di opportunità, soprattutto politica: non dare nemmeno l’impressione di voler interferire sulla magistratura di un altro Paese europeo; e c’è chi paventa il timore di creare un precedente poco gestibile in futuro in Italia. Ma vi sarebbero pure considerazioni di tipo giuridico.

Sul fatto che la decisione quadro del Consiglio d’Europa, sottoscritta del 2009, comprenda anche gli arresti domiciliari tra le misure che un cittadino straniero può scontare nel proprio Paese, c’è divergenza di opinioni tra gli stessi magistrati. La giurisprudenza prevalente sostiene di sì, ma da ultimo, con una sentenza a gennaio, una sezione della Corte di cassazione ha invece sposato la tesi contraria: essendo gli arresti domiciliari una misura comunque detentiva, è equiparata alla reclusione in carcere e dunque non può essere ricompresa tra le misure alternative (come l’obbligo di dimora o il divieto di allontanamento).

Si tratta di interpretare le parole contenute nelle varie norme in un modo o in un altro; questione che appassiona i giuristi, dalle quali passa però la possibilità per Ilaria Salis di poter giocare o meno una nuova carta davanti ai giudici di Budapest. Anche se il ministro aderisse alla richiesta degli avvocati difensori, infatti, la decisione se accogliere o meno la nuova richiesta spetterebbe comunque a loro. E non arriverà prima di un altro mese, secondo le previsioni del legale ungherese Gyorgy Magyar.
Tutte le altre ipotesi di cui s’è parlato in questi giorni — dalla domanda dei domiciliari da scontare in Ungheria per poi tentare la via del trasferimento in Italia all’improbabile idea degli arresti in ambasciata, fino all’accelerazione del processo sperando in una rapida espulsione dopo la sentenza — richiedono tempi più lunghi. E sono tutte dall’esito ugualmente incerto. Con gli incontri di oggi può aprirsi solo uno spiraglio per la via stretta e tortuosa indicati dagli avvocati.

Nel frattempo Ilaria Salis resta nel carcere di Budapest, e suo padre Roberto non può che confidare negli incontri che avrà oggi in via Arenula con il ministro Nordio, e prima alla Farnesina con il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Sono fiducioso che ci possano essere passi avanti — ha detto ieri all’agenzia Ansa —, e che la risonanza assunta da questo caso sia un’opportunità per tutti per fare meglio in futuro; anche per l’Ungheria, anche per Orbán». Poi una nota di speranza affidata a un messaggio su Facebook: «Sono convinto che con lo sforzo di tutti si porrà presto fine a questa assurdità».

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4 febbraio 2024

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