Gli appelli della sinistra francese sul voto: «sbarrare» la strada ai lepenisti. Indecisione al centro
Oggi la lista delle sfide al secondo turno. Macron: «Stanno per arrivare ai vertici dello Stato»
Evitiamo la catastrofe, dice il premier uscente Gabriel Attal: facciamo barriera contro «una maggioranza assoluta» del Rassemblement national di Marine Le Pen. Perché sulla vittoria «relativa» della destra estrema al secondo turno delle legislative domenica prossima in Francia sembrano esserci poche perplessità. Al punto che lo stesso presidente della Repubblica starebbe già assestando l’Eliseo in vista di una coabitazione con il giovane rampollo Jordan Bardella: «L’estrema destra sta per arrivare alle massime funzioni dello Stato», ammette Emmanuel Macron in riunione con i suoi.
Si vedrà. Una previsione più chiara si potrà fare da oggi alle 18 quando le candidature diventeranno definitive e si capirà in quante e quali circoscrizioni la strada dei candidati del RN rischierà concretamente di essere sbarrata dall’incrocio di alleanze e desistenze tra la sinistra del Nuovo Fronte Popolare e l’Ensemble di Macron.
Ieri sera Le Monde contava 179 candidati arrivati terzi che si ritireranno per concentrare i consensi contro il gruppo di Marine Le Pen; ma altre 133 «triangolazioni» ancora in pista: le sfide dei tre meglio piazzati di domenica scorsa che potrebbero però mangiarsi voti a vicenda.
Tutto molto più complicato delle legislative di due anni fa, quando le triangolari erano state solo sette, perché l’alta affluenza (67%) ha abbassato la soglia e rimesso in circolazione più aspiranti deputati.
A intricare il quadro è pure il centro che indugia. Posizionata in campagna elettorale sul «ni ni» — né con la destra estrema del RN né con la sinistra estrema, anche quella de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon — la galassia di Macron fatica a dettare una linea netta e punta a mettersi in sbarramento assieme alla sinistra «caso per caso». Dunque, nella sostanza: sì a un’alleanza in alcune circoscrizioni, no in altre dove il candidato del Fronte popolare viene dalla France Insoumise. Il ministro dell’Economia Bruno Le Maire lo ribadisce apertamente: né né. E come lui altri luogotenenti.
«Desisti, dimostra che resisti!»: appello alla desistenza dei quotidiani di sinistra oggi in edicola (gioco di parole con il vecchio ritornello di una canzone: «Resiste, prouve que tu existes»). «Fate sbarramento», invoca il difensore nella nazionale di calcio Jules Koundé: «Il Rassemblement national non è un partito che guiderà il nostro Paese verso maggiore libertà e un migliore vivere assieme».
«La Storia giudicherà Macron con severità — dice la Nobel per la Letteratura Annie Ernaux in un’intervista a Libération —, ma giudicherà anche noi se lasceremo la Francia a un partito razzista».
Intanto, però, allo «sbarramento democratico e repubblicano» ribadito ieri, seppur con i distinguo, da Macron mancheranno i Républicains, il partito sfaldato erede dei gollisti: non si mescolano alla sinistra. Persi già in partenza quelli che del movimento avevano seguito nell’alleanza al primo turno con il RN il contestato leader Eric Ciotti, che ora allarga le braccia per accogliere altri repubblicani smarriti: «Unitevi a noi».
«Non ci sono scelte che ci fanno piacere — solo nella tempesta il socialista Raphaël Glucksmann, anima moderata del Fronte popolare, cerca di ricomporre le forze dello sbarramento — ma bisogna stabilire quali sono i pericoli e affrontarli: è un referendum pro o contro il Rassemblement national: volete o no la destra estrema al potere in Francia?».
È anche l’ammissione di una posizione di debolezza: che piaccia o meno, con o senza sbarramento, come ha scritto un commentatore «Marine Le Pen ha già parcheggiato fuori dal portone del potere». E sta per entrare. A. Cop.