Riforma Irpef, il taglio delle detrazioni? Colpisce solo i redditi medi (dai 50 mila euro): chi ci perde

Come è stato riconosciuto anche dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, la riforma Irpef targata Meloni ha portato pochi vantaggi ai ceti medi. Al prossimo giro, ha ribadito il viceministro, ovvero nel 2025, l’esecutivo tenterà di venire in soccorso e, se si troveranno le risorse, sforbicerà un po’ l’ultima aliquota Irpef, ovvero quella del 43% per le porzioni di reddito oltre i 50 mila euro. O, in alternativa, alzare la sua applicazione da una soglia di reddito più alta. Il tutto nell’ottica di arrivare alla flat tax promessa in campagna elettorale (ma sulla quale continua a pesare il dubbio di anticostituzionalità).

Lo stato attuale

Come sappiamo, la riforma 2024 sull’imposta sul reddito delle persone fisiche ha natura temporanea, dunque le nuove tre aliquote così come le conosciamo oggi potrebbero cambiare; anzi, secondo il governo dovranno cambiare. Per quest’anno, abbiamo l’accorpamento della prima e della seconda aliquota, portate entrambe al 23% per i redditi fino a 28 mila euro. Con questa riforma, il vantaggio per chi dichiara un reddito sopra i 15 mila euro e fino ai 50 mila euro è di 260 euro, frutto della riduzione di 2 punti percentuali per la fascia compresa, appunto, tra i 15 mila euro e i 28 mila euro (nel 2023 l’aliquota era infatti del 25%).

Cosa accade a chi guadagna più di 50 mila euro

Il problema nasce per i redditi che superano la soglia dei 50 mila euro, quelli cioè soggetti attualmente all’aliquota del 43%. Per loro, infatti, il vantaggio di 260 euro rischia di essere cancellato. Visto che il governo Meloni ha avuto difficoltà nel reperimento delle risorse economiche necessarie per avviare la tanto promessa riforma fiscale, i contribuenti più benestanti si sono ritrovati a vedersi dare qualcosa da una parte e togliere qualcos’altro dall’altra. La franchigia di 260 euro sulle detrazioni fiscali del 19% (quelle che nel 730 vanno a ridurre l’imposta netta da versare), introdotta dall’esecutivo per quest’anno, infatti, annulla il beneficio di 260 euro derivante dall’accorpamento dei primi due scaglioni. Infatti, in sede di dichiarazione, lo Stato tratterrà i primi 260 euro di eventuali detrazioni inserite (sono escluse quelle sanitarie), che dunque verranno tassati. Tra queste detrazioni soggette a franchigia ci sono le tasse universitarie, i premi di assicurazioni per i rischi legati agli eventi calamitosi, gli interessi sui mutui della prima casa, le spese pagate all’agenzia immobiliare dove si è acquistato l’immobile. 

Il paradosso di chi guadagna più di 240 mila euro

Dalle detrazioni fiscali al 19% da anni però sono esclusi i redditi superiori a 240 mila euro. Dunque, la nuova franchigia per loro non dar cambiare nulla, mentre il vantaggio dell’accorpamento dei primi due scaglioni, rispetto all’anno precedente, si vedrà interamente. Ovviamente, per questi redditi, 260 euro non sono niente. Però, come hanno sottolineato tanti media, il paradosso del "regalo" ai ceti più ricchi è incontestabile.

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13 febbraio 2024 ( modifica il 13 febbraio 2024 | 07:36)

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