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di Giuliana Ferraino, inviata a Davos
Dal World Economic Forum di Davos, che comincia lunedì 15 gennaio sulle montagne svizzere, niente di buono sul fronte dell’economia. L’incertezza che ha dominato le prospettive nell’ultimo anno continua ad offuscare anche gli sviluppi a breve termine: più della metà dei principali economisti prevede un indebolimento dell’economia globale nell’anno prossimo e 7 economisti su 10 temono che la frammentazione geo-economica accelererà, secondo il Chief Economists Outlook che ha sostituito l’Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, in passato presentato nella giornata inaugurale Forum a Davos.
di Giuliana Ferraino, inviata a Davos
Sebbene ci siano alcuni sviluppi positivi, ad esempio il calo dell’inflazione dai livelli record sia negli Usa che in Europa, e i progressi nel settore dell’intelligenza artificiale generativa (AI), il futuro si presenta con forti venti contrari e una persistente volatilità, mentre l’attività economica è lenta, le condizioni di mercato restano restrittive e le tensioni geopolitiche e sociali continuano ad aumentare.
La situazione economica attuale insomma resta «precaria», sintetizza Saadia Zahidi, managing director del Wef. «Sebbene l’inflazione rallenti, la crescita è in stallo, le condizioni di mercato restano restrittive, le tensioni globali si stanno approfondendo e le disuguaglianze aumentano», afferma. Da qui «il bisogno urgente di cooperazione globale per dare slancio a una crescita economica sostenibile e inclusiva». Sulla quale gli economisti però restano pessimisti.
A livello globale, il Rapporto mette in luce economie divergenti e l’Europa, come spesso accade, fa peggio delle altre aree. Il Sud Est Asiatico è la regione dove c’è più ottimismo per l’economia, ma questa volta la Cina è un’eccezione, con l’attesa di una crescita “moderata” nel 2024 soltanto per il 69% degli economisti, a causa della debolezza dei consumi, minore produzione industriale e le preoccupazioni per il mercato immobiliare, che frenano un rimbalzo più robusto.
di Giuliana Ferraino, inviata a Davos
In Europa l’outlook economico si è «indebolito significativamente» rispetto allo scenario registrato lo scorso settembre con la percentuale degli economisti che ora si aspettano «una crescita debole o molto debole» quasi raddoppiato al 77%.
Anche negli Stati Uniti, in Medio Oriente e nel Nord Africa l’outlook è peggiorato, e solo 6 economisti su 10 ora stimano una crescita moderata o più robusta, in caduta dal 78% e 79% rispettivamente del sondaggio di settembre.
Se le aspettative sull’inflazione elevata sono state ridimensionate per il 2024, con la convinzione che i picchi siano ormai alle spalle in tutte le regioni mondiali, la grande maggioranza degli economisti ha fiducia che anche il mercato del lavoro (77%) e le condizioni finanziarie si allentino (70%).
Questa edizione del Rapporto si concentra su due fenomeni chiave che avranno un impatto sull’economia globale, gli sviluppi geopolitici e i progressi dell’AI. L’accelerazione del processo di frammentazione, attesa quest’anno dal 70% degli economisti, alimenterà la volatilità nell’economia globale (87%) e sui mercati azionari (80%), rafforzerà la localizzazione (86%) e amplierà il divario Nord-Sud (57%) nei prossimi 3 anni.
Anche l’AI, accolta da molti come un game changer in molti settori, in realtà finirà per far crescere le disuguaglianze a vantaggio dei Paesi ad alto reddito, dove aumenterà l’efficienza della produzione industriale (per il 79%) e dell’innovazione (74%). Ben il 94% degli economisti scommette che nei prossimi 5 anni i benefici derivanti da questo forte aumento di produttività diventerà economicamente importante nelle economiel’AI non porterà un impatto netto positivo sull’occupazione, soprattutto nei Paesi più poveri, secondo il 73% degli economisti ricche, rispetto ad appena il 53% per i Paesi a basso reddito, dove peraltro , mentre c’è meno pessimismo sull’impatto sulla manodopera dei Paesi avanzati.
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15 gen 2024
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di Massimo Sideri
di di Emily Capozucca
di Redazione Economia
di Carlo Cinelli e Federico De Rosa