Sanità, liste di attesa infinite: quando si ha diritto alla visita urgente (e al rimborso)
di Antonio Serpetti di Querciara*
Gli italiani diminuiscono. Lo Stivale scende sotto la soglia dei 59 milioni di abitanti, con una riduzione nel 2022 rispetto all’anno precedente di quasi 33mila residenti. A inquadrare il calo è il report “Popolazione residente e dinamica demografica” dell’Istat che per il 2022 fotografa la lenta scomparsa di un’Italia sempre più anziana dove le donne pesano per il 51,2% sulla popolazione residente e superano gli uomini di 1.367.537 unità. Per completezza va detto che il calo presenta un’ intensità minore rispetto sia al 2021 (-3,5 per mille), sia al 2020 (-6,7 per mille), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato il trend. Che si lega, ad ogni modo, a più fattori.
di Antonio Serpetti di Querciara*
Il primo elemento da considerare per capire il trend è l’invecchiamento della popolazione. La Campania, con un’età media di 43,9 anni (era 43,6 nel 2021), continua a essere la Regione più “giovane” mentre la Liguria, con un’età media di 49,5 anni (era 49,4 nel 2021) si conferma quella più “anziana”. Di contro aumentano gli stranieri «abitualmente dimoranti» in Italia. Tra loro il 58,7% della popolazione straniera censita (circa 3 milioni) vive al Nord.
Il calo demografico è legato poi alla riduzione delle nascite: i nati residenti in Italia sono 393mila nel 2022, con un tasso di natalità del 6,7 per mille. Si rilevano quasi 7mila nascite in meno rispetto al 2021 (-1,7%), e ben 183mila in meno (-31,8%) rispetto al 2008, anno in cui il numero dei nati vivi registrò il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila. I nati da genitori entrambi stranieri sono 53mila e costituiscono il 13,5% del totale dei nati. L’incidenza è più elevata nelle Regioni del Nord (19,3%) dove la presenza straniera è più radicata e, in misura minore, in quelle del Centro (15,1%); nel Mezzogiorno è invece inferiore (5,4%). I nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero (20,9% del totale dei nati) continuano a decrescere nel 2022, attestandosi a 82mila unità.
di Massimiliano Jattoni Dall’Asén
Spiegano dall’Istat: «La diminuzione delle nascite è in gran parte determinata dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni), oltre che dalla continua diminuzione della fecondità». Nel 2022 il numero medio di figli per donna è pari a 1,24, in lieve calo rispetto all’anno precedente (1,25) e in linea con il trend decrescente in atto dal 2010, anno in cui si registrò il massimo relativo di 1,44 figli per donna. Il Centro presenta la fecondità più bassa, pari a 1,15 figli per donna; era 1,19 nel 2021 .
Il Nord e il Mezzogiorno registrano nel 2022 un uguale livello di fecondità (1,26), risultato di due variazioni opposte rispetto all’anno precedente: un calo nel Nord (da 1,28 nel 2021) e un aumento nel Mezzogiorno (da 1,25). Si spiega nel report: «Nel Nord, dove la fecondità negli anni Duemila era aumentata, i livelli di fecondità continuano la loro discesa; al contrario, il Mezzogiorno presenta nell’ultimo anno un lieve aumento, dovuto a un recupero di progetti familiari rinviati dal biennio pandemico».
di Dario Di Vico
Il massimo valore di fecondità (1,64), si registra nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen, mentre la Sardegna continua a detenere il valore minimo (0,95). Per il totale delle donne residenti, l’età media al parto rimane stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni, mentre l’età media alla nascita del primo figlio si attesta a 31,6 anni. L’età media al parto è più alta nel Centro e nel Nord (32,8 e 32,5) rispetto al Mezzogiorno (32,0). In quest’ultima ripartizione si rileva sia la Regione con le madri mediamente più giovani d’Italia, la Sicilia (31,4), ma anche le Regioni con quelle più mature, la Basilicata (33,1) e la Sardegna (32,9). «Queste ultime registrano anche il più basso tasso di fecondità, la cui diminuzione è legata anche alla continua posticipazione dell’esperienza della maternità che si tramuta sempre più in una definitiva rinuncia», aggiungono gli analisti.
E ancora: nel 2022 i decessi sono stati 715mila, 342mila (il 48%) dei quali hanno interessato gli uomini e 373mila le donne (il 52%), per un tasso di mortalità complessivo pari al 12,1 per mille. Rispetto all’anno precedente il numero dei morti cresce di quasi 14mila unità con un incremento pari al 2%, in linea con l’intrinseca tendenza all’aumento, sottostante il progressivo invecchiamento della popolazione. Il più alto numero di decessi si è avuto durante i mesi più rigidi, gennaio e dicembre, e nei mesi più caldi, luglio e agosto. In questi soli quattro mesi si sono rilevati 265mila decessi, quasi il 40% del totale, dovuti soprattutto alle condizioni climatiche avverse che hanno penalizzato, nella maggior parte dei casi, individui anziani e/o fragili dal punto di vista delle condizioni di salute. Oltre 472mila deceduti, due su tre, presentano un’età maggiore o pari agli 80 anni, percentuale che nelle donne supera il 74% mentre per gli uomini si ferma al 57%.
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19 dic 2023
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di Redazione Economia