L’INTERVISTA Friedman: «Israele è responsabile per la tragedia di Gaza, ma lo è anche Hamas»

diPaolo Valentino

L'editorialista del New York Times: «Biden ha fatto un buon lavoro. Se ci fosse un regime diverso a Teheran o se l’Autorità palestinese avesse un governo migliore, Netanyahu sarebbe più debole»

«Una reazione che mostra una dose di saggezza», definisce Tom Friedman la rappresaglia limitata decisa da Israele contro l’Iran, dopo l’attacco dei 300 droni lanciato l’altra settimana dal regime degli ayatollah. L’editorialista principe del New York Times, più volte Premio Pulitzer, si occupa da quasi mezzo secolo del Medio Oriente e nulla lo coinvolge più del conflitto tra israeliani e palestinesi. 

Perché è stata una reazione saggia? 
«La buona notizia è che alla fine il sistema abbia capito che la sua sicurezza nel lungo periodo dipende più dalla tenuta della coalizione che si è manifestata in occasione dell’attacco dell’Iran, di cui sono parte anche la Giordania, gli Stati del Golfo e gli alleati della Nato, che non da un’azione punitiva devastante condotta in solitario. La deterrenza è molto più efficace se il regime di Teheran sa che Israele ha dietro di sé questa coalizione. E la prova che abbia prevalso un atteggiamento più ragionevole, sono le forti reazioni critiche ai commenti idioti del ministro per la sicurezza nazionale Ben Gvir, che ha definito “debole” la reazione israeliana, fra l’altro ammettendola: Gvir oggi è la faccia stupida di Israele, anche se purtroppo sta nel governo». 

E questa è la cattiva notizia? 
«Fammi fare un passo indietro. Su Gaza sin dall’inizio, cioè dopo il 7 ottobre, ero assolutamente contrario a un’azione militare contro Hamas dentro la striscia. Poi, una volta lanciata invocando una necessità strategica e morale, ho spiegato che per riuscire il governo d’Israele aveva bisogno di tre cose: tempo, risorse e legittimazione. Ma che per averle occorrevano un piano e un partner per il giorno dopo. Questo poteva solo accadere coinvolgendo l‘Autorità palestinese, sia pure trasformata e guidata da una nuova leadership. Ora, questo è vero anche nel caso dell’Iran: la coalizione generatasi la scorsa settimana per iniziativa americana, che ha consentito a Israele di neutralizzare l’attacco, non è sostenibile nel medio e lungo termine se a Gerusalemme rimane in sella un governo deciso ad annettersi tutta la West Bank e occupare Gaza, o una parte di questa, senza un partner palestinese con cui interagire». 

La responsabilità dell’inesistenza di un partner palestinese affidabile è solo di Netanyahu? 
«Bibi per anni ha fatto sì che Hamas ricevesse le risorse necessarie dal Qatar per restare al potere, ha ostacolato la nascita di un organismo decisionale palestinese unico e ha sistematicamente denigrato l’Autorità Palestinese senza riconoscere l’aiuto dato dalla sua intelligence per impedire esplosioni di violenza nella West Bank di fronte all’avanzare degli insediamenti. Ma questo non scusa la dirigenza palestinese per non aver saputo emarginare Hamas, mettere fine alla corruzione, liberarsi di un cacicco inetto come Abbas e dei suoi accoliti, facendo emergere i migliori. Ci sono molte donne e uomini di talento oggi fra i palestinesi, in grado di assicurare una nuova leadership».

Friedman: «Israele è responsabile per la tragedia di Gaza, ma lo è anche Hamas. Ha esposto i suoi civili»
Tom Friedman
                    

Di recente hai parlato di «soluzione dei tre Stati», cioè dell’assoluta necessità di cambiare leadership a Teheran, a Gerusalemme e a Ramallah? In che ordine e con quale priorità? 
«Per l’Iran non mi faccio molte illusioni: dovrà avvenire dall’interno e dovranno essere gli iraniani a rigettare il regime. La volontà c’è, ma finora il regime ha represso nel sangue ogni rivolta. Ognuna di queste tre cose è necessaria, si rafforzano a vicenda. Se ci fosse un regime diverso a Teheran o se l’Autorità palestinese avesse un governo migliore, Netanyahu sarebbe più debole. E viceversa, senza Netanyahu, l’Autorità palestinese sarebbe più forte. Ognuna di queste cose non può succedere da un giorno all’altro: ma se Israele annunciasse un congelamento degli insediamenti e la volontà di trasferire maggiori responsabilità di governo e di sicurezza all’Autorità palestinese nella West Bank e Gaza, invitando gli Usa, l’Arabia Saudita e gli Emirati ad aiutare e finanziare i palestinesi in questo lavoro di ricostruzione, questo sgonfierebbe l’Iran e Hamas più di ogni missile o di ogni bombardamento israeliano. Ma occorrerebbe che gli israeliani eleggessero un leader visionario e per questo è necessaria una vera opposizione che in questa fase non c’è».

Le tue sembrano pie illusioni. 
«Oh, Paolo, tutto quello che faccio è pia illusione. Ma nel mio piccolo sto cercando di dire quello che dovrebbe dire una vera opposizione in Israele, mostrando come dovrebbe essere un’opposizione credibile, legittima e ragionevole. Nessuno lo sta facendo e spero che in Israele qualcuno un giorno mi ascolterà. In questo momento non c’è un pensiero alternativo nel Paese». 

Come giudichi il ruolo dell’Amministrazione americana? Potrebbe esercitare più pressione su Israele? 
«Credo che Biden abbia fatto un buon lavoro. Dobbiamo però anche ricordarci la natura asimmetrica della copertura delle notizie. Alcune storie hanno buoni alberghi ma notizie noiose, come l’Italia per esempio. Altre hanno notizie da prima pagina ma alberghi terribili, come l’Afghanistan. Israele è una storia che viene letta da tutti e ha anche ottimi alberghi. Quindi attira una enorme quantità di media da tutto il mondo. Anche l’esercito ha un portavoce mentre il premier deve rispondere ogni giorno a ogni tipo di domanda su cosa fa Israele. Ma dall’altra parte, a tutt’oggi, Yahya Sinwar, il leader di Hamas, non ha risposto ad alcuna domanda: ha ordinato i raid del 7 ottobre? Ha ordinato gli stupri o l’uccisione dei bambini israeliani o sono accaduti spontaneamente? E qual è la sua posizione per il mattino dopo? E cosa pensa degli ebrei? Credo che, quando vogliamo giudicare Biden per come gestisce il rapporto con Israele, dobbiamo tenerlo a mente. Questa è una strana guerra, dove Israele è ritenuta responsabile di tutto: i suoi civili, tenuti in ostaggio da Hamas, e i civili di Gaza morti o in fuga. Io credo che Israele sia responsabile per la tragedia dei civili di Gaza, ma che lo sia anche Hamas, che non libera gli ostaggi e ha esposto i suoi cittadini a una guerra senza chiedere loro nulla, avvisarli o provvedere per loro ripari. E questo non accade. C’è molta ipocrisia in giro, come purtroppo vediamo anche nei campus americani». 

Quanto pesa la campagna elettorale nell’azione di Biden in Medio Oriente? «Non la esagererei, ma è un fattore. Il Michigan, dove risiede la più numerosa minoranza di arabo-americani, è importante. Ma voterebbero per un candidato come Trump, che dice di voler allargare il famigerato “Muslim ban” anche ai rifugiati da Gaza?”».

21 aprile 2024

- Leggi e commenta