L’America scivola verso una guerra in Medio Oriente: Biden tra maledizione araba e trappola elettorale

Lentamente ma inesorabilmente l’America scivola verso una mini-guerra mediorientale: proprio quello che Joe Biden aveva giurato di non fare mai pi�, quando nell’estate del 2021 si ritir� dall’Afghanistan (in malo modo). Lo fa nella peggiore posizione possibile, dal punto di vista politico: a poco pi� di nove mesi da un’elezione, con i sondaggi che lo danno in svantaggio su Donald Trump, un’opinione pubblica percorsa da venti di isolazionismo e spaccata (anche) sul Medio Oriente. I nemici dell’America lo sanno, la tempistica dei loro attacchi incorpora questa percezione di debolezza Usa.

No, i presidenti Usa non scatenano guerre per vincere le elezioni

Cominciando dalla scadenza elettorale, va sfatata una leggenda anti-americana che rimane diffusa. �I presidenti americani scatenano guerre per vincere le elezioni�, � un vecchio stereotipo privo di conferme nella realt� storica. � pi� facile trovare prova del contrario, per esempio alcune guerre che stroncarono dei presidenti come il Vietnam per Lyndon Johnson. Perfino un conflitto �perfetto�, con poche vittime americane e una vittoria rapida come fu la prima Guerra del Golfo (1991) per liberare il Kuwait invaso da Saddam Hussein, pur considerata un capolavoro militar-diplomatico dagli esperti, fu seguita dalla sconfitta elettorale di George Bush padre contro Bill Clinton nel 1992. L’idea che il figlio George W. Bush Junior sia stato rieletto nel 2004 grazie alla seconda guerra irachena fu messa in giro dai democratici per mascherare la pochezza del loro candidato, John Kerry.

Il vento isolazionista

Se in generale non esiste alcuna prova che le guerre aiutino a vincere elezioni, il contrario � assai pi� probabile nell’atmosfera politica attuale: con un’opinione pubblica americana largamente disillusa, disincantata, o addirittura ostile, verso il ruolo globale degli Stati Uniti.

Trump col suo isolazionismo � pi� in sintonia con l’umore del tempo. Questo lega le mani a Biden, limita la sua libert� di manovra. Altri possono provocarlo continuamente, lui deve moderare le sue risposte. Si � visto in Ucraina. Diradata la nebbia ideologica dei cortei pseudo-pacifisti, nei quali la Nato sembrava colpevole di quella guerra, � ormai chiaro che la risposta a Putin da parte dell’Occidente e in particolare dell’America, � sempre stata improntata alla massima cautela. Soprattutto nelle prime fasi della guerra Putin o qualche suo aiutante minacciavano a giorni alterni l’uso di armi nucleari e la terza guerra mondiale. Biden e gli altri leader della Nato facevano l’esatto contrario: precisavano che mai e poi mai sarebbero scesi direttamente in campo. Guerra asimmetrica: uno dei due combattenti dichiara che � disposto a tutto, Apocalisse inclusa; l’altro confessa subito che non combatter� mai (il paradosso � che le proteste dei �pacifisti� prendono di mira il secondo).

Perch� in Ucraina no, e in Medio Oriente s�?

Ma allora perch� il Medio Oriente? Mentre in Ucraina Biden disse fin da subito – anzi, dalla vigilia dell’invasione – che nessun soldato americano sarebbe stato coinvolto, dopo la mattanza di Hamas il 7 ottobre ha immediatamente disposto una flotta al largo del Libano per contenere gli Hezbollah.

In quanto al Mar Rosso, gli americani ormai stanno combattendo tutti i giorni. Sia pure senza scarponi sul terreno, solo con raid aero-navali per adesso. Biden pu� sperare che questa operazione di autodifesa – scattata perch� gli Houthi hanno gi� attaccato una cinquantina di navi mercantili nel Mar Rosso – rimanga limitata e sia coronata dal successo in tempi rapidi. Lo speriamo tutti, viste le ricadute sui commerci mondiali e l’economia italiana.

Il rischio che la guerra sfugga al controllo

Questi conflitti per� possono sempre sfuggire al controllo. Gli Houthi potrebbero rivelarsi, forse, un nemico pi� tenace e insidioso del previsto (i sauditi combatterono contro di loro per nove anni senza venirne a capo).

L’Iran potrebbe avere in serbo altri colpi contro l’America, nella sua strategia di destabilizzazione e ricatto. Comunque a differenza che in Ucraina, dove Biden non ha mai avuto la tentazione n� ha corso un pericolo reale di farsi risucchiare, in Medio Oriente le forze armate americane sono in azione. Perch� questa �maledizione araba�?

Il disimpegno rinnegato

Dopo i conflitti del 1991 in Iraq, del 2001 in Afghanistan, del 2003 nuovamente in Iraq, sembrava che la classe dirigente Usa avesse deciso una volta per tutte: mai pi�. Due fattori spingevano al disimpegno. Il primo � l’autosufficienza energetica degli Stati Uniti che da oltre un decennio hanno smesso di importare petrolio arabo. Il secondo � la Cina.

Fin dai tempi della prima presidenza Obama si � teorizzato un �pivot to Asia�, la necessit� per l’America di concentrare attenzione e risorse sull’unica rivale della sua stazza, la Repubblica Popolare. Biden quand’era vicepresidente di Obama condivise in pieno quest’idea di riposizionare strategicamente l’America, cessare di disperdere energie su troppi fronti, concentrarsi sulla sfida che conter� nel lungo periodo. Come vice di Obama, Biden era stato in prima linea nel volere un ritiro anticipato dall’Afghanistan. Poi lo decise Trump, e Biden lo realizz� nel peggior modo possibile. La logica per� era sempre quella: mai pi� impantanarsi in Medio Oriente. Pi� facile a dirsi che a farsi? Perch� Biden � tornato a combattere dove aveva giuriato di non farlo?

Perch� Biden � finito nella trappola?

Le spiegazioni sono tutte riconducibili al tema della �legacy� o eredit� imperiale. Uso il termine impero e imperiale con una certa libert�, ben sapendo che quello americano non � un impero classico (nel senso in cui lo sono ancora la Russia e la Cina, ad esempio, con le loro colonie interne). L’America ha esercitato comunque un ruolo egemonico, dal 1945 in poi, in vaste aree del pianeta anche se non in tutte.

Quel ruolo non si spiega con una visione angustamente economicista. Una nazione leader non agisce solo in base a un ristretto interesse economico. Ecco un esempio: l’America non ha pi� bisogno del petrolio arabo, ma i suoi alleati europei e asiatici s�. Una crisi grave nel Mar Rosso avrebbe ripercussioni pesanti sulla sicurezza economica di Europa, Giappone, Corea del Sud, tutti importatori di energia dal Golfo e dintorni. Un paese leader come l’America sa che il proprio benessere e la propria sicurezza sono pi� solidi quando anche gli alleati stanno bene. Inoltre uno shock energetico in Medio Oriente avrebbe comunque ripercussioni dentro gli Stati Uniti. Petrolio e gas americani sono estratti, raffinati e distribuiti da aziende private che hanno la libert� di vendere energia nel mondo intero; i loro prezzi sono legati ai mercati globali. Infine una superpotenza come l’America ha appreso da tempo che la geopolitica – come la fisica – non tollera i vuoti. Se le forze armate degli Stati Uniti dovessero ritirarsi dal Medio Oriente, prima o poi qualcun altro andrebbe a riempire il vuoto.

Vista l’insipienza degli europei – i cui elettorati non concepiscono l’urgenza di aumentare le spese militari – � quasi certo che il vuoto verrebbe riempito da Cina, Russia, Iran, in varie combinazioni tra loro.

L’America forse pu� curare i propri interessi vitali e garantire la propria sicurezza anche senza fare il gendarme mondiale. Secondo gli isolazionisti, ci riuscirebbe meglio e con costi minori. � meno probabile che possa vivere serena se nel mondo appare qualche altro gendarme che stabilisce le regole e i prezzi della sua protezione. Infine non c’� nessun altro conflitto sul pianeta che abbia il potere di acutizzare ed esasperare divisioni interne alla societ� americana, quanto il conflitto israelo-palestinese. L’Ucraina non scaten� che una minima parte delle lacerazioni visibili oggi su Gaza. Anche questo fa parte del fattore �legacy�, eredit�. Per questo la maledizione del Medio Oriente colpisce ancora, e nel momento peggiore, un presidente che aveva giurato di non cascarci mai pi�.

23 gennaio 2024, 14:51 - modifica il 23 gennaio 2024 | 14:52

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