Thomas Ceccon e l'oro olimpico, il Cyrano senza baffi confessa: «Non era un sogno, era un'ossessione»

diAldo Cazzullo 

La sua non è una vita da fortunato, come quella di Gregorio Paltrinieri, che in vacanza alle Eolie si allenava tuffandosi dalla barca del padre all’alba. Thomas fa una vita monacale: «Lo faccio anche per la mia famiglia; devo ripagarla di quello che lei ha fatto per me»

PARIGI- Un gigante spavaldo. Un Cyrano che ha tagliato il baffo solo per ragioni aerodinamiche. In mondovisione è rimasto per un minuto a cavallo del cordolo che delimita le corsie: otto secondi in più del tempo che ha impiegato a vincere l’oro. Poi ha baciato l’acqua, come una fidanzata.
Avete presente gli atleti timidi e composti, quelli per cui l’importante è migliorarsi, dare il massimo, far vincere la squadra eccetera? Ecco, Thomas Ceccon è l’opposto. «Lo sapevo fin da ragazzino che avrei vinto le Olimpiadi. Avevo quindici anni quando l’ho detto ad Alberto, il mio allenatore: io vincerò l’oro olimpico». Thomas, hai visto il presidente Mattarella al villaggio? «Sì, per fortuna mi hanno tenuto poco» (scherzava ovviamente). Thomas, sognavi la medaglia? «Non era un sogno; era un’ossessione. Anche se era più scontata di quella di Nicolò» (che sarebbe Martinenghi). «Mi ero anche già preparato queste interviste. A proposito, è vero che qualcuno di voi giornalisti ha detto che Nicolò ha vinto per fortuna? Sappiate che nel nuoto non si vince mai per fortuna».

E questo è niente. In passato diceva cose tipo: «Una mentalità come la mia in Italia ce l’hanno in pochi, due o tre al massimo». Qui a Parigi però è arrivato in modalità olimpica. Ha rinunciato ai baffetti anni 70 da Mark Spitz. Si è pure depilato il petto, cosa che non fa mai. Al villaggio gli hanno dato i gadget come a tutti, compreso il telefonino; non li ha neppure scartati, per non deconcentrarsi. «Lo faccio anche per la mia famiglia; devo ripagarla di quello che lei ha fatto per me. Non sto qui a raccontarvi i sacrifici. Ma me li ricordo, tutti».

Il papà è un infermiere di Schio, che ha fatto i doppi turni, giorno e notte, per consentire al figlio di dedicarsi al nuoto. La madre per stargli vicino si è trasferita a Verona, dove Thomas si allena (sì, il campione olimpico vive con la mamma). Ha un fratello, Efrem. La sua non è una vita da fortunato, come quella di Gregorio Paltrinieri, che in vacanza alle Eolie si allenava tuffandosi dalla barca del padre all’alba e nuotando da Lipari a Vulcano e ritorno. Thomas fa una vita monacale. Sveglia alle sei e mezza, alle 7 e mezza già in piscina, tre ore di allenamento, cinque chilometri di nuoto, sonnellino, pranzo, poi di nuovo piscina, altri cinque chilometri, cena alle 20 e a letto presto. All’apparenza un inferno. Eppure lui è felice. «Ho cominciato a sette anni. Già allora mi allenavo tutti i giorni, e non mi pesava per niente. Da adolescente è stata più dura, vedere gli altri uscire la sera. Ma io non potevo». E stasera come festeggi? «Con una partita a briscola. Tra due giorni ho i 200 metri».

Thomas è fatto per nuotare. Non pensa ad altro. La sua fama di cattivo ragazzo nacque quando entrò in nazionale a sedici anni, e con i veterani trentenni non aveva molto da spartire. Così stava per conto suo; «e comunque non era un bell’ambiente, nessuno di quelli grandi mi ha aiutato a entrare nel gruppo». L’unico veterano che gli piace è Michael Phelps. Ha letto cinque volte la sua autobiografia. Fino a due anni fa mangiava come lui: dodicimila calorie di junk food; ora ci sta più attento. Ha letto pure l’autobiografia di Mark Spitz. E poi libri di psicologia, di filosofia. Ora si iscrive all’università. E il suo metro e 97 in tv ha fatto una certa impressione, già sta ricevendo sui social messaggi espliciti. «Io un sex symbol? Ma no. È che ci vedete sempre mezzi nudi…».

È una notte meravigliosa per il nuoto italiano, sport olimpico per eccellenza, che sta salvando la spedizione con ori pesanti. Benedetta Pilato, esuberante, simpaticissima, ride per non piangere: «Ho perso il bronzo per un centesimo… un centesimo un po’ stronzo!».

Poi succedono due cose strane. Suona l’inno di Mameli. Ceccon fa per cantarlo, poi un po’ si vergogna, un po’ l’emozione è troppa: «Mi sono commosso, ma mi ero commosso già prima della gara, al pensiero di essere qui». L’avremo ascoltato mille volte, l’inno. Però quando lo senti suonare per un ragazzo di vent’anni, l’età che aveva Goffredo Mameli quando scrisse di essere pronto alla morte, e lo era davvero – quindi non era retorica: la retorica è quando le parole sono contraddette dai fatti; se i fatti le confermano, è carne, è sangue -, quando vedi i francesi, gli americani, i cinesi, popoli più ricchi e potenti di noi, che si alzano in piedi, e ritmano l’inno con le mani perché non capiscono le parole ma intuiscono che dicono qualcosa di importante, allora ti rendi conto perché l’Olimpiade è una cosa unica. E Thomas Ceccon l’ha capito benissimo.

La seconda cosa è che compare Federica Pellegrini. Bellissima, con la figlia di sei mesi, Matilde, che sta mettendo i denti proprio adesso, «ma ci lascia dormire perché l’abbiamo subito portata in giro, è abituata»”. Federica è qui per premiare la vincitrice dei 200 metri: la sua gara. Argento ad Atene, oro a Pechino, finale sia a Londra sia a Rio: la più grande nuotatrice italiana di ogni tempo. «È la prima volta da vent’anni a questa parte che non la nuoto, questa finale - sorride -. Ma va bene così. C’è un tempo per ogni cosa. Ad Atene avevo sedici anni: una ragazzina. Adesso, tra meno di una settimana, ne compio trentasei. È una nuova vita: faccio la mamma di Matilde, la moglie di Matteo. Sono fiera che i primi due ori italiani a Parigi siano venuti dal nuoto. Thomas si allena in quella che è stata la mia piscina. Vive per il nuoto; e questo è fondamentale. La fiaccola è passata a una nuova generazione». E qui viene da commuoversi un po’ a tutti.

29 luglio 2024

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