New Cleo, il nucleare made in Italy e le mire francesi sull’azienda di Torino: le mosse di Macron
di Federico Fubini
«Ogni mese assumiamo tra le dieci e le trenta persone, entro la fine dell’anno prossimo saremo in mille. La mia è un’impresa assurda e difficilissima, ma l’aspetto meraviglioso è che abbiamo già creato un’azienda che occupa 600 persone in Inghilterra, Francia, Svizzera e Italia. La maggior parte sono a Torino». A raccontarlo, con il sorriso sulle labbra, è Stefano Buono, classe 1966, una laurea in fisica, già assistente del premio Nobel Carlo Rubbia al Cern (Organizzazione europea per la ricerca nucleare) e, soprattutto, nel curriculum un’operazione imprenditoriale nel settore della medicina nucleare applicata in campo farmacologico, che nel 2018 gli ha consentito di vendere Advanced Accelerator Applications (AAA), da lui fondata nel 2002, al gigante farmaceutico Novartis per 3,9 miliardi di dollari. «Quella vendita ha creato le premesse per ciò che sto facendo oggi, sia in termini di dotazione finanziaria, sia in termini di credibilità», spiega.
Buono con la cessione di AAA ha incassato circa 200 milioni di euro, che nel 2021 ha in parte reinvestito fondando Newcleo, una nuova avventura imprenditoriale che punta a produrre e commercializzare piccoli reattori nucleari in grado di alimentarsi con gli scarti di altri reattori. Un progetto che complessivamente richiede 3 miliardi di investimenti nel corso dei prossimi sette anni.
di Federico Fubini
Al momento Buono ha già raccolto 400 milioni di euro da circa 600 investitori, per lo più italiani. «Il 90% dei nostri azionisti ha passaporto italiano». A seguirlo sono stati, tra gli altri, Exor, Kairos, Banca Sella, le famiglie Malacalza, Lefebvre, Rovati, Petrone, Roveda, Bormioli, Colussi, oltre che Paolo Merloni, Benedetto de Benedetti, Ruben Levi e Claudio Costamagna (quest’ultimo ha una lunga consuetudine con Buono, poiché è stato presidente e azionista di AAA fino alla cessione a Novartis).
Da un punto di vista tecnico, Newcleo parte dall’idea di progettare reattori molto compatti e raffreddati al piombo, che rispetto ai tradizionali reattori ad acqua pressurizzata costano fino a trenta volte di meno e possono adoperare come combustibile scarti di altri reattori. «La nostra tecnologia permette di utilizzare quei rifiuti come combustibile, creando così un circolo virtuoso. Il primo reattore è atteso nel 2031 in Francia, dove abbiamo già avviato una serie di attività con l’autorità della sicurezza nucleare francese, un processo che a giugno termina la sua prima fase e che nel prossimo biennio ci porterà a una pre-autorizzazione per l’avvio della costruzione del nostro primo reattore e del completamento della fabbrica del combustibile, che serve ad alimentarlo. Quasi in parallelo partirà la progettazione di un secondo reattore».
di Fausta Chiesa
L’intera operazione, come ricorda più volte Buono, si regge su un ideale asse per il nucleare tra Francia e Italia. «La Francia per noi è un partner strategico, perché possiede una quantità di materiali di scarto da utilizzare come combustibile in grado di assicurare energia per i prossimi due millenni. L’altro aspetto cruciale è il meccanismo di credito di imposta che Parigi accorda alle imprese che svolgono questo tipo di attività di ricerca. Si tratta — prosegue — di un’agevolazione, diversa da quella italiana. In pratica è possibile recuperare, sotto forma di cash, tutte le spese sostenute in un determinato anno, nell’anno seguente. Per tutti gli investimenti effettuati nel corso dell’anno è inoltre previsto il ritorno in cash al 50% nell’anno seguente. Tra sussidi e credito di imposta, rispetto ai tre miliardi che investiremo, io conto di ottenere dallo Stato francese circa 1,5 miliardi, ecco perché è fondamentale il ruolo del governo francese. Ottenere queste risorse è relativamente lineare, basta rendicontare le spese sostenute, una modalità che conosco bene perché ho già beneficato di questi incentivi con la mia precedente azienda, che era francese. In sostanza, ogni anno — osserva con ironia — hai diritto alla tua bella ispezione da parte del fisco francese, nel mio caso in quindici anni di attività non ho mai pagato un euro di multa. Basta, dunque, seguire rigorosamente le regole di contabilità e di rendicontazione».
di Fausta Chiesa
Il punto, insomma, è che per beneficare dell’incentivo da 1,5 miliardi Newcleo deve investire altrettanto. Per questo Buono ha dato mandato ai banchieri di Jp Morgan, Credit Suisse, Ubs e Hsbc di procedere nell’individuazione di nuovi investitori, per completare la seconda fase di raccolta fondi. L’obiettivo è aggiungere ai 400 milioni già in cassa, almeno altri 600 milioni. L’altra gamba dell’ operazione è rappresentata dal contributo italiano. «In Italia abbiamo il know how e siano leader nei reattori al piombo, grazie a un progetto voluto da Carlo Rubbia, che in veste di presidente dell’Enea, negli anni 90 ottene un finanziamento di 30 miliardi di lire per costruire un reattore raffreddato al piombo. A realizzare quel progetto c’era Ansaldo e un gruppo di ricerca dove lavoravo anche io. Per costruire quel reattore erano state utilizzate due aziende che abbiamo appena comprato attraverso Newcleo. Le aziende sono Srs, una società di ingegneria, e Fucina attiva nel decommissioning e nelle gestione di scorie nucleari».
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Queste due attività e il lavoro del team che opera a Torino nel corso del 2025 dovrebbero generare ricavi per 40 milioni, attraverso la produzione di componenti e di apparati sperimentali destinati all’industria nucleare. «Sono numeri destinati ad ampliarsi perché operiamo in un settore che, comunque, è destinato crescere». Nei progetti di medio termine di Newcleo figura, inoltre, il collocamento in Borsa. «La quotazione è assolutamente prevista, ma non adesso, più avanti. Il nostro non è un investimento finanziario, non ci interessa vendere l’azienda, io vorrei farla prosperare e renderla il leader europeo del settore con una forte connotazione italo-francese», specifica Buono. Un concetto ripetuto spesso dal fondatore di Newcleo è che la paura del nucleare è stata, a lungo, cavalcata dalle lobby del petrolio per contrastare la nascita di un’industria nucleare civile di successo. Per dare forza a questa idea ha da poco finanziato l’ultimo film di Oliver Stone, il documentario «Nuclear Now».
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29 gen 2024
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