Fiumicino, l’attentato in aeroporto 50 anni fa: oggi potrebbe accadere di nuovo?

Fiumicino, 50 anni fa l'attentato in aeroporto: oggi potrebbe accadere di nuovo? Fiumicino, 50 anni fa l’attentato in aeroporto: oggi potrebbe accadere di nuovo? Alcuni dei terroristi prima di impossessarsi di un Boeing 737 all’aeroporto di Roma Fiumicino il 17 dicembre 1973 (foto Vergati/Ansa)

La strage a Fiumicino, cinquant’anni fa, ha messo in luce le troppe falle nel sistema di sicurezza degli aeroporti — non solo a Roma e in Italia ma in tutto il mondo — disegnato anni prima, ma applicato ormai in un contesto internazionale cambiato e con troppe minacce, da quelle di pura criminalità fino al terrorismo politico e religioso. Bisognerà attendere ancora — e assistere ad altri attentati — per rendersi conto che il trasporto aereo è diventato un target dall’impatto mediatico senza precedenti con i suoi aerei in fiamme e i terminal sventrati.

L’azione

Il 17 dicembre del 1973 un commando di cinque palestinesi dell’organizzazione «Settembre nero» — sbarcato da poco da un volo partito da Madrid — inizia a sparare al controllo dei passaporti, per poi dividersi in due prendendo alcuni ostaggi. Nei bagagli dei terroristi ci sono anche degli esplosivi che non vengono individuati in Spagna perché i controlli, in quel momento, di fatto negli aeroporti d’Europa sono quasi inesistenti.

Il sequestro

Il commando si divide poi in due e si dirige verso i piazzali di sosta degli aerei. Da un lato lanciando una bomba al fosforo e due granate all’interno di un Boeing 707 di Pan Am diretto a Teheran (muoiono 30 persone). Dall’altro sequestrano un Boeing 737 di Lufthansa con il quale decollano — una volta raggiunti dagli altri miliziani — verso Atene. Dopo una serie di giri e permessi di atterraggio negati il velivolo tocca la pista dell’aeroporto di Kuwait City la sera del giorno successivo: gli ostaggi vengono liberati, i terroristi vengono fermati (per essere poi scarcerati circa un anno dopo «grazie» a un altro dirottamento).

Le novità negli Usa

Se a livello geopolitico si discute molto su quell’attacco a Fiumicino, dietro le quinte gli esperti iniziano a ragionare su come migliorare la sicurezza. I precedenti ci sono già. Negli Usa, alla fine del 1972, hanno iniziato a introdurre i metal detector, il controllo obbligatorio di tutti i bagagli (non più a campione), a prevedere ulteriori verifiche sui passeggeri, con particolare attenzione a quelli che acquistano il biglietto il giorno stesso del volo. La ragione di questa maggiore sicurezza in aeroporto non è il terrorismo negli Usa, ma i troppi sequestri di aerei per chiedere soldi, a partire dal gesto di Dan Cooper (noto come «D. B. Cooper») che il 24 novembre 1971 dirotta un Boeing 727 dal quale si lancia in volo dopo aver ricevuto un riscatto di 200 mila dollari. Da allora di lui non si hanno più tracce.

Gli intoppi in Italia

Incontrando l’ambasciatore Usa l’allora ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani racconta di aver provato a rafforzare la sicurezza dell’aeroporto prima dell’attentato, «ma di essere stato ostacolato dal fatto che l’alto funzionario di Polizia a cui avrebbe voluto assegnare l’incarico non avrebbe mai accettato in quanto il nuovo ruolo sarebbe stato classificato di grado inferiore», si legge in telegramma inviato da Roma al Dipartimento di Stato Usa. Questo indica chiaramente come ai tempi i governi nel mondo non considerassero obiettivo sensibile il trasporto aereo.

Le novità dopo l’attacco

Dopo l’attentato lo stesso Taviani decide di affiancare un agente di sicurezza — armato di mitragliatrice — alla polizia che controlla i bagagli a mano dei passeggeri. Disloca poi i tiratori scelti pronti a intervenire in caso di problemi ai banconi del check-in, ai varchi di frontiera e ai gate d’imbarco. Le novità vengono poi estese anche a Ciampino e a Milano Linate. L’intenzione dell’allora capo del Viminale è rafforzare il monitoraggio pure a Napoli e Firenze, ma lì — rivela all’ambasciatore Usa — «il ministero della Difesa è responsabile della sicurezza delle piste».

Gli ispettori della Faa

A inizio marzo 1974 di esperti di sicurezza aeroportuale della Federal aviation administration (Faa) — che sovrintende l’aviazione civile negli Usa — arrivano a Roma per studiare misure anti-terrorismo nel settore. Visitano Fiumicino, Ciampino e Linate in quasi una settimana di sopralluoghi. Lì si discute anche della mancanza di cooperazione internazionale. Ma ai controlli maggiori sui passeggeri e i loro effetti personali non si affianca sempre una maggiore ispezione dei bagagli in cabina.

I raggi X

Solo nel 1979 — sei anni dopo — nei principali aeroporti italiani compaiono i macchinari ai raggi X per le valigie in stiva che transitano da un velivolo all’altro, in particolare quando i borsoni arrivano da alcune aree del Medio Oriente o sono destinati lì. «Abbiamo anche notato che finalmente a Fiumicino sono stati attivati i monitor di sicurezza con telecomando», comunicano gli americani a Washington. Non basta. Il 27 dicembre del 1985 un altro gruppo di terroristi palestinesi, sempre a Fiumicino, attacca il terminal della compagnia aerea israeliana El Al uccidendo venti persone e ferendone altre cento.

Dentro l’aereo Pan Am dopo che i terroristi hanno lanciato la bomba al fosforo (Ap)
Dentro l’aereo Pan Am dopo che i terroristi hanno lanciato la bomba al fosforo (Ap)
La sicurezza negli anni successivi

Solo a quel punto in giro per il mondo gli esperti iniziano a «ridisegnare» il sistema della sicurezza aeroportuale. Ma le falle restano. Dopo la strage di Lockerbie, nel dicembre 1988, i controlli ai raggi X dei bagagli in stiva diventa obbligatoria ovunque e verso qualsiasi destinazione. Con l’11 settembre 2001 — con gli aerei fatti precipitare dai terroristi di Al Qaeda contro le Torri Gemelle e il Pentagono — ci si concentra di più sull’identità dei passeggeri e vengono vietati forbici e coltelli nel trolley a mano.

Dal 2000 a oggi

L’attentato, sventato, il 22 dicembre 2001 sul volo Parigi-Miami (con un viaggiatore che tenta di far esplodere un ordigno nascosto nelle scarpe da ginnastica) porta a ispezionare anche le suole delle calzature. Nel 2006 un gruppo di terroristi viene fermato in tempo poco prima di mettere in atto una serie di attentati utilizzando un esplosivo a base di perossido d’idrogeno da miscelare con altri liquidi in bottiglia: nel 2007 in Europa vengono vietati i contenitori del bagaglio a mano con una capacità superiore ai 100 millilitri, mentre cappotti e computer portatili vanno separati e messi su vaschette separate per i controlli. Poi arrivano i bodyscanner. Negli ultimi anni la tecnologia ha portato ai varchi di sicurezza i macchinari che fanno una sorta di Tac al bagaglio a mano: negli aeroporti dove sono stati installati — in Italia a Milano Linate, Malpensa e Roma Fiumicino — non c’è bisogno di tirare fuori dispostivi elettronici o liquidi.

lberberi@corriere.it

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