Poste, privatizzazione a più fasi: gli incentivi per risparmiatori e dipendenti

La privatizzazione di Poste Italiane avverrà in più fasi e in mano pubblica resterà una quota non inferiore al 35%. Lo si legge nel Dpcm inviato alla Camera per il parere parlamentare delle commissioni Trasporti e Bilancio. La novità è che «potrà essere effettuata attraverso il ricorso singolo e/o congiunto ad un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del gruppo Poste Italiane, e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali, ovvero attraverso collocamento sul mercato, anche mediante modalità di vendita accelerate o attraverso vendita in blocchi». 

Di chi è Poste oggi

Quello di Poste - controllata per il 29,26% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, per il 35% da Cassa Depositi e Prestiti e per la residua parte da investitori istituzionali e retail - è uno dei tasselli del piano di privatizzazioni attraverso cui l'esecutivo, come ha ribadito di recente la premier Giorgia Meloni, spera di incassare 20 miliardi di euro in tre anni.

Per favorire la partecipazione all'offerta dei risparmiatori e dei dipendenti «potranno essere previste forme di incentivazione in termini di quote dell'offerta riservate e/o di prezzo (anche differenziato per pubblico indistinto e dipendenti) e/o, per quanto riguarda i dipendenti, di modalità di finanziamento». 

L’Opv di Poste

In genere in caso di Offerta Pubblica di Vendita (Opv), che consiste nel collocamento sul mercato di azioni già esistenti a prezzi e quantità prefissati, un 30% delle quote messe sul mercato sono riservate a  risparmiatori e dipendenti.  Ipotizzando una cessione massima del 29% del capitale di Poste Italiane, che ad oggi vale intorno ai 5 miliardi, si parla di quasi 1,5 miliardi. L'operazione su Poste sarebbe la prima dopo dopo la dismissione del 25% di Mps dello scorso 20 novembre.

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