Conte: «Col Pd nessuna gara Il candidato premier? Non uscirà dalle Europee»

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diMonica Guerzoni

Il capo del M5S: «Nessun atteggiamento egemonico sulla selezione dei nomi. C’è chi mi dà del populista mite, ma non la considero un’offesa»

Conte: «Con il Pd nessuna gara. La scelta del candidato premier? Non uscirà dalle Europee»

Giuseppe Conte abbraccia Alessandra Todde (Ansa)

In Sardegna si è esibito al pallone e ha cantato, strimpellando la chitarra: «Tanto l’aria s’ha da cagna’...».

Quanto è felice, Giuseppe Conte? E basta una regione per affermare che l’aria sta cambiando nel Paese?
«Sono molto felice. La vittoria straordinaria di Alessandra Todde è il segno di un nuovo vento che inizia a soffiare dalla Sardegna e che si potrà diffondere in tutta Italia. È anche la vittoria di tutti gli italiani che non hanno mai creduto alle facili promesse di Giorgia Meloni e di quelli che in buona fede ci avevano creduto, ma sono rimasti fortemente delusi. I cittadini cominciano a stufarsi».

È la vittoria del campo largo, o del M5S?
«È la vittoria del campo giusto. Ed è la prima regione che il M5S conquista. Una grande soddisfazione per il nuovo corso del M5S e perché Todde è la prima donna presidente della Sardegna».

Meloni ha fatto i complimenti alla neopresidente. Lei non apprezza?
«È riapparsa dopo essere sparita per quasi 24 ore, in cui ha mandato avanti il buon Truzzu che si è preso la colpa della sconfitta. In realtà lo ha imposto lei agli alleati, con quell’atteggiamento tracotante che non porterà giovamento alla maggioranza».

E lei, pensa di aver fatto un passo nella scalata alla guida dell’opposizione?
«L’emozione più grande è aver partecipato alla costruzione di un progetto politico competitivo, di cui il M5S è stato protagonista. Abbiamo fornito una candidata credibile, che ha dimostrato serietà e accettato il rischio, rinunciando al ruolo di parlamentare e alla vicepresidenza del M5S. Abbiamo fatto un lavoro serio con le altre forze progressiste, costruendo un progetto autentico sulle esigenze dei territori, mettendo da parte ambizioni di singoli partiti e scacciando via la tentazione di affidarsi a un mero cartello elettorale acchiappavoti».

Dove vi porta metaforicamente il volo per Cagliari che ha preso con Schlein?
«A costruire un primo mattone che va a scalfire il castello di giravolte e false promesse costruito da Giorgia Meloni. È una grande sconfitta per lei, che ha voluto guidare in prima persona la coalizione con arroganza, imponendo il suo candidato più fedele. Parla tanto di meritocrazia, ma ha scelto uno dei meno amati tra i sindaci e lo ha spinto con una campagna personalizzata, in cui giganteggiavano manifesti con la sua foto e la scritta “Forte e fiera”».

Meloni c’ha messo la faccia.
«Sì, ci ha messo la faccia in un comizio finale dai toni sprezzanti e senza aver dedicato un attimo a parlare con i cittadini sardi. Meloni in Sardegna l’ha persa, la faccia. Ma la gente non ne può più dei tradimenti di un governo che sta facendo danni, dall’economia alla politica estera».

Come si deciderà la leadership del campo progressista?
«Il metodo Sardegna ha funzionato. Prima si coltiva un confronto che porti a un progetto ben strutturato, poi si sceglie il candidato più idoneo per attuarlo».

Volete decidere voi quali candidati pd vi stanno bene?
«Non è il nostro criterio, non ci siamo mai posti con atteggiamenti egemonici».

In Basilicata e Piemonte farà l’accordo col Pd, o no?
«La vittoria di Todde dimostra che non esistono alleanze forzate, ma solo alleanze costruite sulla base di progetti credibili e concreti. Ogni regione ha la sua specificità. In Basilicata e Piemonte registriamo maggiore distanza su temi e interpreti, ma il dialogo è ancora aperto».

Quanto inciderà il voto delle Europee sulla scelta del candidato premier?
«Nulla, perché ha logiche e finalità del tutto autonome».

Ha letto Sechi? Scrive che divisi Pd e M5S hanno perso le Politiche, mentre uniti potete battere la destra...
«Ricordo che prima e durante la campagna del 2022 nel Pd c’era chi lavorava per eliminare il M5S. Oggi il clima è sicuramente diverso. Partiamo da qui, ma dobbiamo consolidare il metodo e costruire un’alternativa credibile».

La sconfitta di Truzzu è anche frutto dell’asse «gialloverde» tra Conte e Salvini?
«Sono leggende giornalistiche. Io lavoro nel campo progressista, in modo serio e costruttivo. Non confido certo sulle divisioni delle forze di maggioranza».

Cosa insegna la sconfitta di Renato Soru?
«Volevano offrire un terzo polo agli elettori sardi, ma hanno fallito».

Non c’è posto per Renzi e Calenda nel campo progressista?
«Un campo giusto non può essere minato da personalismi, tatticismi e poteri di interdizione e condizionamento. Nel nuovo corso del M5S noi lavoriamo con grande impegno sui territori per offrire al Paese una classe dirigente adeguata, motivata, estranea a pratiche clientelari e che si vuole distinguere per competenze, serietà e capacità».

Calenda apre e lei chiude?
«Il mio numero è sempre lo stesso. Ma il tema non è parlarsi al telefono, è trovare condivisione su progetti per noi qualificanti».

Il Pd ha preso il doppio dei vostri voti. Preoccupato?
«L’obiettivo non è prendere un voto più del Pd, è fare buona politica. Oltre al nostro risultato bisogna tenere conto della lista Todde e delle liste civiche che abbiamo sponsorizzato».

Le manganellate agli studenti hanno pesato?
«Difficile dirlo. Sicuramente questo governo persegue un clima repressivo contro il dissenso, che si ricollega a un’impronta ideologica di cui Meloni è pervasa».

Quale impronta?
«Per l’ultimo Mattinale di FdI l’uso dei manganelli a Pisa significherebbe affermare lo stato di diritto. Niente affatto. Quel foglio parlamentare dimostra solo una grave carenza di cultura democratica».

Lei si sente un populista mite?
«Mi hanno definito populista gentile, oggi mite. Vanno bene entrambi. Nella sua accezione più alta, di vicinanza ai bisogni e alle sensibilità dei cittadini, non è un’offesa».

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28 febbraio 2024

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