Bollette, perché la Ue dice no alla tutela: l’Italia ha già incassato i fondi per la riforma

Bollette, perché la Ue dice no alla tutela: l'Italia ha già incassato i fondi per la riforma  Bollette, perché la Ue dice no alla tutela: l’Italia ha già incassato i fondi per la riforma

Bollette, Pnrr e fondi coesione, riforma del patto di Stabilità: l’Italia ha diversi fronti economici aperti con Bruxelles. La richiesta della Lega di posticipare la fine della «maggior tutela» e il passaggio al mercato libero per le forniture di energia — ma per Forza Italia «non servono proroghe», come ha detto il ministro Antonio Tajani — si scontra a Bruxelles con gli impegni presi dall’Italia nell’ambito del Pnrr. La fine della «maggior tutela», ha spiegato ieri una portavoce della Commissione Ue, «mira ad aumentare la concorrenza nel mercato elettrico, rappresenta una pietra miliare che rientra nel più ampio pacchetto di leggi sulla concorrenza incluso nel piano di ripresa italiano. L’obiettivo rientrava nella terza richiesta di pagamento dell’Italia, che la Commissione ha già approvato ed erogato».

In pratica, l’Italia ha già incassato i soldi per questa riforma. La portavoce ha ricordato che Bruxelles ha «discussioni costanti e costruttive con le autorità italiane». Nella modifica del Pnrr, il ministro Raffaele Fitto ha incassato l’approvazione di una riforma della politica di coesione che ha l’obiettivo di accelerarne l’attuazione in settori fondamentali: risorse idriche, infrastrutture per il rischio idrogeologico, rifiuti, mobilità sostenibile, energia, sostegno allo sviluppo delle aziende, transizioni digitale e verde.

La riforma fa parte degli obiettivi da raggiungere per ottenere la sesta rata del Pnrr del giugno 2024. Un modo per coordinare la spesa dei fondi strutturali con il piano di ripresa. La coesione vale 40 miliardi di euro cui va aggiunto il cofinanziamento nazionale. Fitto ha convocato per il 6 dicembre la cabina di regia del Pnrr con la partecipazione dei governatori delle Regioni per definire la road map, a cui parteciperà anche la Dg Regio della Commissione Ue. La riforma sarà attuata con un decreto legge da adottare entro il primo trimestre 2024. È previsto un «monitoraggio rafforzato» basato su un approccio orientato ai risultati.

Si fanno intanto passi avanti nel negoziato sulla riforma del patto di Stabilità in vista dell’Ecofin dell’8 dicembre. L’ipotesi è di una riduzione media annua dell’1% del Pil per i Paesi con un debito pubblico oltre il 90% del Pil (l’Italia) e dello 0,5% per quelli con un debito tra il 60 e il 90%, applicato dall’anno in cui il Paese esce dalla procedura di deficit eccessivo per sette anni o in assenza di procedura dall’anno di inizio del piano di risanamento sull’anno precedente. C’è invece meno consenso sull’ipotesi di una salvaguardia del deficit all’1,5% del Pil. Si discute ancora se il parametro di riferimento per i Paesi con deficit eccessivo debba essere il saldo strutturale (come adesso) o il saldo strutturale primario.

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