Barbara Balzerani, mortala «compagna Sara»: da via Fani alla cattura senza mai pentimento

diGiovanni Bianconi

Il suo nome di battaglia era Sara, è stata l'ultima leader «carismatica» delle Br: la sua storia 

Barbara Balzerani, morta la «compagna Sara»: da via Fani alla cattura senza mai pentimento

Barbara Balzerani (foto Rossi)

È stato l’ultimo «capo carismatico» delle Brigate rosse a finire in carcere, nel giugno del 1985, tre mesi dopo l’omicidio del professor Ezio Tarantelli, per il quale Barbara Balzerani — morta ieri per una malattia a 75 anni — fu condannata per avervi preso parte. 

Quando i carabinieri la arrestarono sul litorale di Ostia aveva una pistola nella borsa, ma non fece in tempo a usarla; le Br erano già in caduta libera, continuavano a uccidere ma senza più i ritmi e il contesto tumultuoso degli anni Settanta nel quale erano diventate la principale organizzazione armata in Italia.

Lei però, la «compagna Sara» dal suo nome di battaglia, continuava a guidare una piccola pattuglia di brigatisti, senza alcuna intenzione di arrendersi. Sebbene consapevoli della sconfitta. Fino a cadere nelle mani degli investigatori al culmine di una militanza che aveva visto il punto più alto dell’attacco al «cuore dello Stato» nel rapimento di Aldo Moro. E la mattina del 16 marzo 1978 Balzerani era lì, in via Fani, schierata nel commando che sequestrò il presidente della Democrazia cristiana, con il mitra in mano a chiudere l’incrocio tra la strada percorsa da Moro e dalla sua scorta (cinque agenti sterminati) e l’angolo di via Stresa. Pronta a sparare in caso di necessità, ma non servì. E poi a raccogliere le armi dei compagni venuti dal Nord e subito ripartiti dopo il rapimento, nascoste in un carrello della spesa con il quale attraversò un mercato rionale ascoltando i primi, sbalorditi commenti dei cittadini alla strage appena consumata.

Nata a Colleferro, zona di fabbriche e operai a sud di Roma, nel 1949, maestra d’asilo laureata in filosofia, aderì giovanissima ai gruppi dell’estrema sinistra, e quando nel 1975 le Br scesero dal nord alla capitale per impiantare la «colonna» cittadina, fu reclutata anche lei. Nei giorni del sequestro Moro abitò insieme a Mario Moretti, il «regista» dell’operazione, la base di via Gradoli, divenuta famosa perché scoperta il 18 aprile grazie a un’infiltrazione d’acqua che allagò l’appartamento di sotto. Chiamati i pompieri, trovarono il covo brigatista pieno di armi e documenti, ma senza i due inquilini; un blitz definito ancora oggi misterioso, a dispetto della reiterata versione dei terroristi che hanno sempre addebitato alla sbadataggine di Balzerani il rubinetto della doccia lasciato aperto che portò alla «caduta della base». Nient’altro.

Dopo l’omicidio di Moro le Br hanno continuato a colpire, un delitto dietro l’altro, con lei partecipe ad assalti e delitti firmati dalla colonna romana. Decimata, a partire dal 1980, dagli arresti a catena dovuti a «pentimenti», defezioni e indagini fermatesi solo fino alla fine del decennio. L’anno successivo alla sua cattura rivendicò, dal carcere, l’omicidio dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti, ma quello dopo ancora, nel 1987, la «compagna Sara» comparve in tv, in un’intervista congiunta con Renato Curcio e Mario Moretti, per annunciare la fine delle ostilità. O meglio, dichiarare chiusa l’esperienza delle Brigate rosse guidate da quelle tre generazioni di capi, perché non c’erano più il contesto e le condizioni del conflitto sociale che li avevano spinti a imbracciare il mitra. Anche se altri terroristi continuarono a uccidere firmandosi con la stella a cinque punte chiusa nel cerchio.

E quando dopo un altro decennio, nel 1999, alcuni neo-brigatisti ripresero quel marchio per rivendicare l’uccisione del professor Massimo D’Antona, Balzerani che stava usufruendo dei primi permessi per lavorare fuori dal carcere, commentò negando ogni continuità e ogni legittimità della lotta armata alle soglie del nuovo millennio.

Dopo un altro lustro arrivarono la liberazione condizionale e poi quella definitiva, insieme alla scrittura di libri in cui ha evocato la sua storia di brigatista ma anche guardato alle contraddizioni della nuova società scoperta quando è uscita dal carcere. Rileggendo anche in chiave critica il proprio passato armato e insanguinato, ma senza mai rinnegarlo.

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4 marzo 2024

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