Eredità Agnelli, gli Elkann querelano il marchese Antinori che dava in affitto la casa alla vedova Marella

Eredità Agnelli, i pm: «Evidenti anomalie». Nel mirino la cassaforte di famiglia

Marella Agnelli moglie dell’avvocato Gianni Agnelli

L’infinita saga della famiglia Agnelli si arricchisce di un altro capitolo. Stavolta viene condita da una querela: quella che i legali di John, Ginevra e Lapo Elkann hanno ricevuto mandato di sporgere nei confronti del marchese Lodovico Antinori, uno dei principali imprenditori italiani del vino e per anni amico della famiglia Agnelli. Antinori diventa così il destinatario di questa azione giudiziaria per quanto ha dichiarato nell’intervista pubblicata venerdì 23 febbraio da Il Fatto Quotidiano con il titolo Marella fu forzata a Lauenen per case e eredità. La decisione di sporgere querela, che non è rivolta al quotidiano ma riguarda il solo intervistato - si apprende da fonti giudiziarie - si basa su affermazioni di Antinori che vengono giudicate «false e calunniose» dagli stessi legali degli Elkann. 

La casa a Lauenen

Antinori, d’altronde, è un bel punto di osservazione della vicenda. Dava in affitto a Marella Agnelli, vedova dell’avvocato Gianni Agnelli e nonna dei tre Elkann, la propria dimora a Saanen, frazione di Gastaad, in Svizzera. I suoi genitori frequentavano quelli di Marella, ma è in buoni rapporti sia con la figlia Margherita sia coi nipoti Elkann, che si contendono l’impero miliardario appeso alla residenza svizzera della nonna. Per la figlia Margherita, madre degli Elkann contro i quali sta conducendo da anni questa battaglia legale, sarebbe un paravento orchestrato dai nipoti per tenersi anche la sua parte di eredità, perché a Lauenen non stava di certo i 183 giorni previsti dalla legge. 

Antinori in mezzo suo malgrado

Antinori «viene tirato in ballo da una parte e dall’altra per questo, perché fu lui, nel 2010 e poi nel 2011, a mettere a disposizione della vedova Agnelli la propria dimora a Saanen, frazione di Gstaad, finché Margherita acquistò lo chalet nella vicina Luaenen dove spostò la residenza fiscale», scrive il Fatto Quotidiano. Antinori sostiene che la vedova fu costretta a lasciare Saintk Moritz, luogo che amava, per trasferirsi a Lauenen: «Una cosa voluta dai ragazzi per accomodarsi», afferma. Cioè per spartirsi tra loro i beni della nonna, ancora vivente, compresa una dimora di lusso a testa sulle Alpi svizzere e tenere il Fisco italiano a debita distanza. Alla domanda su chi l’avrebbe forzata Antinori risponde: «Basta guardare a chi sono le residenze svizzere: quella grande di Santk Moritz a John Elkann, quella rossa di sotto a Lapo e lei l’hanno mandata a Lauenen perché la casa sarebbe diventata utile per la figlia Ginevra». Secondo Antinori Marella «nel periodo di Sankt Moritz era vicina a quel che richiede la legge in fatto di residenza perché effettivamente lei ci stava bene e ci andava, mentre a Lauenen no, non l’amava e ci stava due mesi all’anno». Insomma, sostiene il marchese Antinori, «per me l’hanno forzata ad andarci».

I presunti fondi all’estero

La questione s’intreccia con i fondi off shore della famiglia Agnelli presuntamente custoditi all’estero. «Molteplici indizi portano a
ritenere come verosimile l’esistenza di un patrimonio immenso in
capo al defunto Gianni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti». Scrivevano questo nel 2013 i magistrati della procura di Milano al termine di un procedimento su uno dei numerosi filoni giudiziari aperti intorno all’eredità dell'Avvocato: il documento (si tratta di una richiesta di archiviazione per sei persone indagate a vario titolo) è uno dei quelli letti dai pm di Torino dopo l’esposto presentato nel dicembre del 2022 da
Margherita Agnelli, figlia dell’ex presidente della Fiat, che ha originato una nuova indagine. Margherita sostiene da anni che una parte dell’eredità paterna, detenuta all’estero, le fu nascosta. Gli inquirenti
milanesi svolsero degli accertamenti per cercare di capire se le
iniziative giudiziarie della donna fossero giustificate e conclusero che non si trattava di «pretese avventate». A bloccare le indagini fu, in parte, la mancata collaborazione delle autorità giudiziarie di Zurigo e del Liechtenstein in sede di rogatoria «sulla base dell’assunto, non del tutto
condivisibile, che le richieste avevano esclusiva finalità fiscale».

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