

New York — «Non approvare gli aiuti all’Ucraina sarebbe il miglior regalo di Natale possibile per Putin». Così il presidente Biden ha cercato ieri di spingere il Congresso a fare il proprio dovere e l’interesse degli Stati Uniti, ricevendo alla Casa Bianca Zelensky. Che ha aggiunto: «Quella che stiamo combattendo è una battaglia per la libertà. Possiamo vincerla, col vostro aiuto».
Biden ha annunciato altri 200 milioni di dollari in forniture militari, ma resta bloccato il pacchetto da 110 miliardi, di cui 61,4 destinati all’Ucraina. I due leader invece hanno discusso un possibile cambio di strategia, per consolidare e difendere i territori ripresi, dopo che l’offensiva dell’estate non ha prodotto i risultati sperati, e anche la possibilità di trasferire a Kiev la produzione delle armi.
La visita di Zelensky dunque non ha sbloccato gli aiuti militari, ma nessuno se lo aspettava. Perché il vero nodo non è mai stato l’appoggio degli Stati Uniti alla difesa dell’Ucraina dall’invasione di Putin, nonostante le ambiguità di Donald Trump, che giocando la carta populista dello stop ai finanziamenti esteri per usarli in patria spera di guadagnare voti alle presidenziali del prossimo anno.
Al Congresso c’è ancora una maggioranza bipartisan a favore di Kiev, che capisce come la sua sconfitta sarebbe contro gli interessi americani, perché aprirebbe la porta ad altre avventure del Cremlino contro alleati Nato, costringendo Washington a rimandare i suoi soldati a combattere in Europa.
Il vero punto ora è un altro: i repubblicani vogliono sfruttare questa occasione per imporre a Biden di accettare misure per il rafforzamento della sicurezza al confine col Messico, in chiave anti immigrazione. E forse non puntano neanche ad un vero accordo, perché ottenendolo depotenzierebbero la questione come argomento della campagna elettorale 2024.
Lo ha chiarito il leader del Gop al Senato Mitch McConnell, dopo l’incontro di ieri con Zelensky, che ha prospettato il rischio di una fase di guerriglia: «Sono sempre stato un grande sostenitore della lotta dell’Ucraina per riprendersi la sua terra, liberare il proprio popolo e ristabilire la sua sovranità. Ho tenuto questa posizione sin dall’inizio dell’invasione della Russia, nel 2014», ossia quando era avvenuto il primo attacco degli “omini verdi” alla Crimea.
«La causa dei nostri amici ucraini - ha proseguito McConnell - è giusta, e se l’Occidente continua a stare con loro possono vincere». Però la questione ormai è legata all’immigrazione, e i finanziamenti potranno essere sbloccati solo se Biden accetterà i cambiamenti richiesti dai repubblicani sulla politica al confine meridionale, che includono oltre a più soldi e agenti anche il mutamento dei meccanismi per la richiesta dell’asilo e le espulsioni degli illegali.
Se lo dice McConnell, che ha avuto il coraggio di scontrarsi con Trump per difendere Kiev, è facile immaginarsi cosa pensano i suoi colleghi più estremisti. A partire dal nuovo Speaker della Camera Johnson, seguace di Donald che nei mesi scorsi aveva votato contro gli aiuti all’Ucraina. Ora sembra aver cambiato idea e ieri ha concesso un incontro privato a Zelensky, dove ha ribadito che «noi siamo con lui, contro la brutale invasione di Putin. Però la prima condizione per qualsiasi ulteriore pacchetto di spesa è la nostra sicurezza nazionale».
Più nel dettaglio è sceso il senatore Graham, un tempo delfino di John McCain, che ha spiegato così la situazione: «Ho detto a Zelensky che non c’è nulla di sbagliato con lui. Gli ucraini stanno facendo tutte le cose giuste. Però prima bisogna risolvere la questione interna. Gli ho detto che dovrebbe ringraziare Johnson per la disponibilità a votare un pacchetto con gli aiuti a Kiev, se c’è anche la sicurezza del confine, perché probabilmente metà del suo gruppo parlamentare non è d’accordo».
Tutto questo fa felice Putin, come ha avvertito Zelensky, perché il Cremlino ci legge la debolezza tipica delle democrazie e si sente incoraggiato a proseguire l’aggressione. Almeno fino a quando le democrazie non trovano la forza di unirsi, come era accaduto con Hitler, e cambiano la storia.