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Shawn Fain, l’elettricista divenuto leader dell’UAW, il sindacato Usa dell’auto, dopo aver strappato in pochi mesi un contratto storico alle tre Big di Detroit (General Motors, Ford e Stellantis-Chrysler) con aumenti retributivi del 25 per cento in quattro anni, carriere più rapide e rivalutazioni automatiche dei salari legate all’inflazione, va all’attacco delle altre 13 case automobilistiche con stabilimenti negli Stati Uniti: le tre elettriche Tesla, Rivian e Lucid e le Case straniere. Tutte fabbriche non sindacalizzate. In passato l’UAW ha tentato di entrare in alcune unità produttive del Sud, ma è stato pesantemente sconfitto nei referendum tra i lavoratori negli impianti Nissan in Tennessee e Mississippi e in quello, sempre in Tennessee, della Volkswagen.
- Gli analisti sono concordi nel ritenere che difficilmente Fain ripeterà l’impresa che gli è riuscita a Detroit dove già aveva le rappresentanze sindacali nelle fabbriche. Le leggi americane sui diritti dei lavoratori sono molto favorevoli alle imprese: entrare, per le union, è sempre difficilissimo. Fain ci sta provando sollecitando dall’esterno i lavoratori a firmare schede elettroniche di adesione. Anche gli scettici che danno a Fain poche chance di successo, riconoscono, comunque, che, se si vuole tentare, questo è il momento giusto: il mercato tira, le imprese faticano a costruire vetture in quantità adeguata alla domanda e, di conseguenza, i prezzi salgono. E con essi i profitti.
- Il 2023 è stato un anno di rivincita per i sindacati: nell’auto, a Hollywood e altrove. Ma i lavoratori potrebbero anche dover pagare care certe conquiste: I produttori di serial cinematografici e televisivi già stanno reagendo all’aumento dei costi tagliando le produzioni e non rinnovando i contratti degli sceneggiatori in scadenza. Nell’auto la Ford avverte che il contratto che ha firmato perché messa alle corde da uno sciopero di sei settimane, le costerà molto caro: profitti ridotti di 1,7 miliardi, maggiori costi per 8,8 miliardi nei 4 anni del contratto e, soprattutto, 900 dollari in più per ogni singolo veicolo costruito. La General Motors ha presentato calcoli simili avvertendo che i maggiori costi renderanno le loro vetture meno competitive sul mercato.
- Shawn Fein non ci ha pensato due volte: mercoledì ha lanciato l’offensiva negli stabilimenti non sindacalizzati e, come ha fatto a Detroit, ha deciso di attaccare contemporaneamente tutte le altre 13 case che operano negli Usa: Tesla, i gruppi giapponesi Toyota, Nissan, Honda, Mazda e Subaru, ma anche i tedeschi di Volkswagen, BMW e Mercedes Benz. E altri ancora, da Hyundai alla Volvo, casa svedese ormai di proprietà cinese. In tutto 150 mila lavoratori: stesso numero delle maestranze di Ford, GM e Stellantis. La sola Toyota ne occupa 49 mila sparsi in nove fabbriche in Kentucky, Mississippi, Tennessee, West Virginia e Indiana.
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