Commissione, Consiglio europeo, Parlamento: iniziate le trattative per i presidenti, Von der Leyen ora ha più chance

diFrancesca Basso

Il Consiglio europeo dovrà designare il/la presidente della nuova Commissione e decidere se riconfermare Ursula von der Leyen. Nominati i negoziatori: Scholz, Sánchez, Tusk e Mitsotakis. L'obiettivo: chiudere a fine mese. I socialisti tornano a far pesare il «no» al dialogo con i Conservatori 

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BRUXELLES - Il giorno dopo la chiusura delle urne, mentre continua il conteggio dei voti in alcuni Paesi (il risultato finale però non cambierà l’assetto attuale del Parlamento europeo) sono cominciate le trattative su più tavoli. Il primo è quello del Consiglio europeo, che dovrà designare il/la presidente della nuova Commissione e decidere se riconfermare Ursula von der Leyen, che è la candidata del Ppe per quell’incarico.

 In ballo ci sono anche il posto di presidente del Consiglio europeo e del Parlamento, più quello di Alto rappresentante per gli Affari esteri. Ieri sono stati nominati i negoziatori: per il Ppe il premier polacco Tusk e il greco Mitsotakis, per i socialisti lo spagnolo Sánchez e il tedesco Scholz. Le quotazioni di von der Leyen sarebbero in crescita: secondo la maggior parte degli osservatori il presidente francese Macron, uscito indebolito dalle elezioni, non avrebbe il peso per imporsi come aveva fatto cinque anni fa quando aveva bloccato Manfred Weber, allora Spitzenkandidat del Ppe. Il pacchetto Ursula von der Leyen alla Commissione e Antonio Costa al Consiglio europeo sembra restare il più solido. Ma solo alla cena informale dei leader Ue del prossimo lunedì si capirà se al Consiglio europeo di fine mese si arriverà all’indicazione formale dei quattro top jobs. È chiaro però che non c’è tempo da perdere, non sarebbe un segnale politico di forza da parte dell’Ue restare senza guida. E Scholz ieri lo ha fatto capire.

Il secondo tavolo è quello delle delegazioni nazionali al Parlamento, perché von der Leyen, se sarà designata dai leader Ue, dovrà poi essere votata dalla plenaria. I gruppi in sé non danno certezze essendo il voto segreto (i franchi tiratori rappresentano circa il 10%), dunque la strategia è andare a bussare alle singole porte tra i socialisti, i liberali, i verdi e ad alcune delegazioni dell’Ecr, come quella ceca del premier Fiala e di FdI di Meloni. Il capogruppo del Ppe Weber già domenica sera ha invitato socialisti e liberali «a unirsi» al Ppe, che «ha vinto le elezioni», per creare «un’alleanza pro-europea». I partiti stanno ponendo le loro condizioni. I socialisti hanno ribadito l’indisponibilità «se il Ppe negozia con i Conservatori e Riformisti». La capogruppo di Renew Valerie Hayer chiede «nessun accordo con Meloni, con il PiS, con Reconquête. È l’estrema destra e noi vogliamo preservare il cordone sanitario». Parole che hanno scatenato la reazione di FdI. Il copresidente dell’Ecr Nicola Procaccini l’ha accusata di avere «una grave carenza di cultura democratica».

Se i numeri sono solidi per il Ppe (186 seggi) e per S&D (135), il terzo posto invece può essere ancora conteso tra Renew Europe (79) e i conservatori dell’Ecr (73). I liberali potrebbero ridursi se decidessero di espellere il partito olandese Vvd del premier uscente Rutte per l’alleanza di governo con l’estrema destra di Wilders. La presidente Hayer ha preso tempo e ha promesso nuovi ingressi. Sta cercando di crescere anche l’Ecr: «Puntiamo al terzo posto — spiega Procaccini al Corriere — però non contano solo i numeri, anche l’omogeneità». Il bacino in cui andare a pescare è rappresentato dai non iscritti (45 deputati) e dagli eletti con partiti sbarcati per la prima volta al Parlamento (55). Nel primo gruppo siedono Fidesz (10 deputati) del premier ungherese Orbán e la tedesca AfD (14 seggi), espulsa di recente dall’Id. In febbraio il leader magiaro aveva chiesto di entrare nell’Ecr creando più di qualche mal di pancia tra le delegazioni più moderate come la ceca, che piuttosto sarebbe pronta a passare al Ppe. «Ogni decisione deve essere presa con le altre delegazioni» spiega Procaccini, indicando possibili ingressi tra i non affiliati (un deputato danese, uno irlandese e uno cipriota). Orbán ieri è tornato a vagheggiare l’unione dell’Ecr di Meloni e dell’Id di Le Pen: «Se si mettessero d’accordo con gli eurodeputati di Fidesz, potrebbero diventare la seconda forza politica». Al momento non sembra essere nei piani. Le Pen e Salvini si incontrano domani a Bruxelles con gli altri leader dell’Id per valutare la richiesta dell’AfD di rientrare nel gruppo. Per essere accettato il partito ha a sua volta espulso Krah.

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11 giugno 2024 ( modifica il 11 giugno 2024 | 07:18)

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