Crimea, il ritiro delle navi russe: Odessa torna alla normalità
Un terzo delle navi russe è fuori uso nel Mar Nero, e ciò che resta ora è ormeggiato sulla costa orientale. I bambini giocano di nuovo sulla scalinata Potemkin
Le imponenti gru sulle banchine sono al lavoro a ogni ora. Almeno cinque o sei navi da trasporto aspettano attraccate ai moli di essere caricate. La notte si vedono al largo le luci di posizione di altri cargo alla fonda. Dove meno di un anno fa dominavano la paura degli attacchi russi e il silenzio spettrale del grande porto abbandonato, oggi ferve un’attività febbrile, dicono alla capitaneria. È sufficiente un’occhiata da quegli stessi quartieri attorno alla Scalinata Potemkin, dove nel marzo 2022 si temeva da un momento all’altro lo sbarco dei marines russi, per confermare la notizia. La municipalità ha rimosso sacchetti di sabbia e fili spinati: la Scalinata più famosa della città era stata dichiarata zona militare chiusa, ieri ci giocavano i bambini e i turisti si godevano il sole. Il ritorno alla normalità di Odessa è accompagnato da una notizia vitale per i comandi ucraini: la Russia sta perdendo la sfida per il controllo del Mar Nero, ci dice il capitano di terza classe Dmytro Pletchenchuk, portavoce della marina militare.
Sono stati soprattutto i droni marini a compiere l’impossibile. I moli di Sebastopoli, lo storico scalo della Flotta del Mar Nero, il fiore all’occhiello della marina di Putin, ormai sono vuoti. Pletchenchuk ribadisce che un terzo delle unità russe è fuori uso, complessivamente una trentina, la maggioranza colate a picco. Secondo l’intelligence di Londra, le navi affondate o danneggiate in modo grave sarebbero almeno 26. Ciò che resta della flotta russa è adesso ormeggiato negli scali sulla costa orientale, specie a Novorossiysk.
Le buone notizie per Kiev dal fronte marino sono tuttavia controbilanciate dal permanere delle difficoltà nella sfida dall’aria. Ancora nelle ultime ore il presidente Zelensky è tornato a chiedere agli alleati di inviare al più presto armi sofisticate a lungo raggio per fermare i missili e droni russi che ogni giorno provocano vittime in tutto il Paese. Il Financial Times pubblica una dettagliata inchiesta sul missile balistico Kh-101, che l’8 luglio ha colpito l’ospedale pediatrico di Kiev, in cui si prova che molte delle sue componenti elettroniche sofisticate vengono dalle fabbriche occidentali. La cattiva notizia resta che, nonostante le previsioni di due anni fa quando si pensava che i russi fossero a corto di missili di ultima generazione, pare che oggi siano in grado di sparare almeno 40 Kh-101 al mese contro i 56 prodotti in tutto il 2022.
Bandiera nera anche dai campi della battaglia terrestre sul fronte orientale. I portavoce russi dichiarano di avere conquistato il piccolo villaggio di Pishachne Nizhane, a nord-est di Kharkiv, e quello di Andriivka nel Donbass.
E però Mosca ha in realtà poco da festeggiare. Le sue perdite di uomini restano immense: in media quasi 1.000 al giorno tra morti e feriti. Gli osservatori occidentali di cose militari segnalano che gli arsenali di armi dell’era sovietica, che Mosca ammoderna per la campagna in Ucraina, sono ormai al lumicino. Si calcola che dall’inizio della guerra i russi abbiano perso oltre 3.000 tank e altri 5.000 blindati di vario tipo. Rimpiazzarli sta diventando sempre più complicato.