
La manovra è in salita. Servirà fare cassa su poveri e pensioni
ROMA — La terza legge di Bilancio del governo Meloni per il 2025 sarà molto complicata. Già solo per confermare le misure che scadono quest’anno, tra bonus e una tantum, si viaggia verso 23 miliardi.
Senza considerare le spese indifferibili, quelle militari e il sostegno delle missioni all’estero. Non potendo fare deficit extra, a meno di trattative molto fortunate con Bruxelles, Palazzo Chigi dovrà scegliere cosa sacrificare e dove prendere i soldi che servono.

I tesoretti da fisco, poveri e pensioni
Due fondi promettono riserve da cui attingere: fisco e poveri. Lì per ora ci sono 7 miliardi: 4 miliardi dai decreti di attuazione delle delega fiscale e 3 miliardi di avanzo dal taglio del Reddito di cittadinanza, visto che le nuove misure non stanno tirando come previsto.
Un terzo “tesoretto” potrebbe spuntare dalle pensioni. Senza interventi, dal primo gennaio torna l’indicizzazione all’inflazione più favorevole ai pensionati, quella calcolata per scaglioni, impostata da Prodi e ripresa da Draghi. Il governo potrebbe fare ancora cassa, dopo i 10 miliardi netti tolti alla rivalutazione nel triennio 2023-2025.
I tagli di spesa e le politiche invariate
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel presentare ieri il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri, ha fatto capire che forse stringerà ancora le maglie al Superbonus. E che andrà «avanti ulteriormente sui tagli di spesa».
Come pure dal testo del Def si capiranno le «politiche invariate» che l’esecutivo vuole rinnovare anche il prossimo anno. Di sicuro il doppio taglio al cuneo e all’Irpef. Il primo viene giudicato da Giorgetti una «priorità perché ha restituito fiato alle famiglie italiane». Come pure la riduzione a tre aliquote dell’Irpef.

Taglio del cuneo e dell’Irpef
Le due misure insieme valgono 15 miliardi. Se ne aggiunge una terza, non citata ieri. La superdeduzione Ires e Irpef per le nuove assunzioni stabili, introdotta quest’anno e in scadenza a dicembre. Da sola pesa per 1,34 miliardi, portando il totale dei tre interventi prioritari oltre i 16 miliardi.
Difficilmente il governo potrà accantonarla, visto che si tratta di uno sconto per le aziende a cui ha tolto in modo permanente un’altra agevolazione, l’Ace. Taglio che nel 2025 vale ben 4,82 miliardi e che servirà a coprire una parte del pacchetto a tre.
Per il resto il governo scommette anche sugli introiti dalla Global minimum tax e dal concordato preventivo biennale. Insomma, su 16 miliardi per le tre misure top ad oggi ce ne sono sulla carta circa la metà. Aspettando eventuali tagli sulle pensioni.
Ecco l’elenco dei bonus in scadenza
Ma l’elenco dei bonus in scadenza al 31 dicembre è molto più lungo. E alcuni sono cruciali per la narrazione del governo.

La carta alimentare “Dedicata a te” del ministro Lollobrigida (600 milioni). Il bonus mamme lavoratrici con due figli, della premier Meloni (368 milioni). La garanzia per i mutui prima casa per i giovani (282 milioni). Gli sgravi sui premi di produttività e il welfare aziendale della ministra Calderone (483 milioni).
La riduzione del canone Rai a 70 euro del ministro Salvini (430 milioni). I crediti di imposta per le Zes del Sud del ministro Fitto (1,8 miliardi). Il pacchetto pensioni con Quota 103, Opzione Donna, Ape sociale e l’aumento delle minime, caro a Lega e Fi (630 milioni).
Senza parlare di Sugar e Plastic tax. Servono 325 milioni per azzerarle dal primo luglio fino a dicembre e poi altri 650 milioni strutturali all’anno.
Il primo luglio finiscono anche gli sgravi per straordinari e notturni del settore turistico, voluti dalla ministra Santanché: 81 milioni da trovare subito per salvare Ferragosto e Natale.
Infine il pacchetto dei bonus edilizi, diversi dal Superbonus. Il 31 dicembre scadono bonus mobili, giardini, sismabonus, ecobonus tradizionale. Cosa farà il governo?