«Biden è un mio amico, ma deve abbandonare la corsa»: il commento di Thomas Friedman, sul New York Times

diEdoardo Lusena

Thomas Friedman, una delle firme più note del New York Times, ha scritto un commento subito dopo il dibattito per la Casa Bianca. Invitando il suo amico a lasciare posto ad altri candidati: «Ho pianto davanti alla tv. Biden è un uomo buono, e un buon presidente: ma non ce la farà. La sua famiglia, e il suo team, devono trovarsi in fretta, e decidere  il da farsi»

Il titolo è tutto tranne che criptico, «Il presidente Biden è un mio amico, dovrebbe ritirarsi dalla corsa (per la Casa Bianca)». Così Thomas Friedman, editorialista del New York Times, mette nero su bianco nella notte americana sul quotidiano americano il pensiero che serpeggia tra i commentatori democratici così come ai piani alti del partito dopo il duello tv tra Biden e Trump.

Una trasmissione che Friedman, uomo vicino al presidente Usa in carica, definisce straziante, «heartbreaking». Anzi, precisa di «non ricordare un momento più straziante nelle campagne presidenziali cui abbia assistito nella mia vita». E questo per la rappresentazione plastica, a suo giudizio, di ciò che ha evidenziato: un Joe Biden definito «un buon uomo e un buon presidente che non deve correre per la rielezione e un Donald Trump, uomo calunnioso ed un trascurabile presidente, che non ha imparato nulla ma non ha dimenticato niente».

Da qui l’invito a chi forse ha l’ultima chance di portare a un passo indietro Biden, la sua famiglia, che secondo Friedman deve «riunirsi al più presto e avere la più dura delle conversazioni col presidente, una conversazione fatta di amore, chiarezza e fermezza. Questo per dare agli Stati Uniti la migliore delle possibilità di battere la minaccia Trump a novembre».

Durissimo il giudizio sulla controparte politica dei Democratici: «I Repubblicani – se i loro leader avessero un briciolo di integrità – chiederebbero lo stesso, ma non lo faranno perché non la possiedono», dice Friedman premendo sui dem perché aprano un immediato processo di selezione di nuovi candidati. «Se la vicepresidente Kamala Harris ha intenzione di correre, dovrebbe farlo. Ma gli elettori meritano un processo trasparente».

Il richiamo a un momento storico non ordinario è netto: «Siamo all’alba della più grande rivoluzione tecnologica e climatica nella storia dell’umanità, alla vigilia di una rivoluzione dell’intelligenza artificiale che cambierà (e qui Friedman usa il maiuscolo, ndr) TUTTO PER TUTTI. Forse me lo sono perso io, ma non mi sembra di aver sentito citare proprio l’intelligenza artificiale da nessuno dei due candidati nel dibattito».

Sfide epocali che richiedono un leader forte e presente. Per Friedman «un più giovane Joe Biden sarebbe potuto esserlo, ma ultimamente il tempo e l’età lo hanno raggiunto, come è stato inequivocabilmente ovvio al confronto tv».

Così torna l’invito a un passo indietro, «dopo avergli dato – da amico, come ricorda dai tempi dei viaggi in Afghanistan e Pakistan, ndr – il beneficio del dubbio, ma non è più all’altezza del compito. Se si ritirerà, ogni giorno gli americani lo saluteranno riconoscenti per aver fatto ciò che Trump non farebbe mai, mettere il Paese prima di sé stesso. Se non lo farà, Biden con la sua famiglia, il suo staff e chiunque l’abbia permesso, difficilmente potranno mostrarsi senza imbarazzi». 

La conclusione non lascia margini: «Meritano di meglio, lo meritano gli americani, lo merita il mondo».

28 giugno 2024 ( modifica il 28 giugno 2024 | 09:29)

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