Biden, cinque possibili sostituti per la corsa alla Casa Bianca (e una suggestione)
La disastrosa prestazione di Joe Biden nel primo dibattito presidenziale ha riacceso la preoccupazione dei democratici: ecco chi potrebbe sostituirlo se dovesse rinunciare
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK - La disastrosa prestazione di Joe Biden nel primo dibattito presidenziale ha riacceso la preoccupazione dei democratici. Durante il confronto, mentre il presidente appariva stanco e confuso, i vertici del partito si sono scambiati messaggi preoccupati, interrogandosi sul da farsi in vista delle elezioni del 5 novembre.
«Sembrava disorientato », ha detto pochi minuti dopo la fine del dibattito il consulente politico David Axelrod, l’uomo che ha contribuito all’elezione di Barack Obama. «Ci saranno molte discussioni sull’opportunità di lasciarlo proseguire». E se i democratici continuano a sostenere pubblicamente la candidatura di Biden, in privato si interrogano sul da farsi.
Non è mai successo che un candidato abbia rinunciato a questo punto della campagna elettorale, ci sono ottime probabilità che si riveli una decisione fallimentare. Se dovesse rendersi necessaria, Biden resterebbe in carica fino alla fine del mandato come successe a Lyndon Johnson nel 1968, ma i delegati da lui vinti durante le primarie – il 95% dei 4 mila totali – tornerebbero in palio. Il sostituto verrebbe scelto quindi durante la convention di agosto a Chicago, mentre se Biden si ritirasse dopo la convention spetterebbe al partito scegliere il successore.
I nomi pronti a salire in corsa sul carrozzone presidenziale non sono molti, e si dovrebbero dare battaglia per conquistare il voto dei delegati lasciati da Biden. L’ipotesi più concreta è la vicepresidente Kamala Harris, anche se le regole del partito non le danno nessun vantaggio in caso Biden decidesse di ritirarsi. Non riceverebbe in automatico i delegati, ma il presidente potrebbe tentare di influenzare il processo dandole il proprio endorsement.
Il più quotato è invece il governatore della California Gavin Newsom: relativamente giovane, di bella presenza, con un profilo nazionale, anche se è stato sfiorato da qualche scandalo. Newsom si trovava ad Atlanta e ai giornalisti ha ribadito che il partito resta unito con il presidente.
Il terzo nome è quello della governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, nota soprattutto perché durante il Covid tenne abilmente testa a Donald Trump che alimentava le proteste contro le restrizioni che aveva imposto, e poi per il tentativo di rapimento ai suoi danni da parte di una milizia, finito con nove condanne.
Ci sono poi alcuni nomi in seconda fila: il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, quello dell’Illinois J.B Pritzker, il deputato della California Ro Khanna.
Infine, c’è l’eterna suggestione di Michelle Obama, rilanciata da tanti ma respinta – e più di una volta – dalla stessa ex first lady che sostiene di non avere nessuna intenzione di tornare alla Casa Bianca.