Patto di Stabilità, la bozza di accordo: con le riforme gli interessi fuori dal calcolo del deficit

Patto di Stabilità, la bozza di accordo: con le riforme gli interessi fuori dal calcolo del deficit Patto di Stabilità, la bozza di accordo: con le riforme gli interessi fuori dal calcolo del deficit

Una «vacanza» dai tassi d’interesse sul debito. Se non nella vita reale, perché lì non accade mai se non in caso in default, almeno nella rendicontazione del nuovo Patto di stabilità. Ma non per sempre: per ora, solo per il 2025 e per il 2026. E in cambio di riforme.

Attorno a questo concetto ruota la principale concessione che l’Italia sembra aver ottenuto nelle ultime bozze di accordo sulle nuove regole europee di bilancio. La struttura dell’intesa che si profila, di per sé, fa apparire un gioco da ragazzi il cubo di Rubik. Riesce a essere quasi più complessa delle vecchie regole, che in teoria avrebbe dovuto semplificare, soprattutto per una ragione: ciascuno dei tre principali Paesi dell’area euro – Germania, Francia e Italia – aveva un problema politico interno da risolvere. E l’accomodamento di questa somma di esigenze divergenti potrà (forse) semplificare i prossimi passaggi per qualche governo, ma al prezzo di far poco o niente per risolvere i problemi dell’Europa in un ordine internazionale che non aspetta certo il vecchio continente con i suoi ritardi tecnologici e nella difesa.

I due fronti

Il problema della Germania è mostrare che il Patto sarà austero e inflessibile, almeno dopo il 2027. Quello dell’Italia era e resta invece simile a quello della Francia. A Bruxelles l’aspettativa in questa fase è che entrambi i Paesi, insieme ad altri, debbano entrare il 19 giugno del 2024 – dopo le elezioni europee – nel «braccio correttivo» del Patto di stabilità. In altri termini, per Roma e Parigi partirebbero delle procedure per deficit eccessivo che richiedono una correzione dei conti, in teoria, circa dello 0,5% del prodotto lordo ogni anno. Per l’Italia ciò comporterebbe una stretta netta di bilancio più o meno da dieci miliardi nella prossima legge di bilancio e poi in tutte le successive fino a riportare il deficit da più del 5% almeno al 3% o al di sotto.

Il vincolo e la Finanziaria

Questo vincolo, a sua volta, rischia di alzare notevolmente l’asticella della prossima legge finanziaria: l’anno prossimo il governo in teoria dovrebbe reperire dieci miliardi di euro circa di economie, più altri 18 necessari per rifinanziare tutte le misure coperte solo “una tantum” nel 2024: dal taglio dei cuneo contributivo sui redditi più bassi, all’unificazione delle aliquote inferiori sulla tassazione delle persone, alla sforbiciata sul canone. Quale che sia poi la struttura delle regole europee pretese dalla Germania dopo il 2027, i governi di Parigi e Roma hanno mirato dunque a rendere praticabili per sé le correzioni di bilancio dei prossimi anni: quelli che devono portare al voto per l’Eliseo nel 2027 in Francia e a un probabile referendum costituzionale in Italia (forse nel 2026). Per entrambi i Paesi si trattava di trovare un modo di ridurre la dimensione della correzione del deficit, richiesta da quasi subito, da 0,5% netto all’anno a qualcosa di meno. Per il seguito, per come le richieste di Berlino hanno reso il Patto poco praticabile e inadatto agli investimenti dal 2027 in poi, l’intendance suivra.

La riduzione «strutturale»

Un primo punto per Italia e Francia, acquisito in partenza, è che la riduzione di 0,5% del deficit sia «strutturale»: si deve tener conto della congiuntura economica, adesso molto debole, dunque si devono ridurre le pretese di austerità. Ma il secondo punto riguarda proprio gli interessi sul debito. Per l’Italia aumentano di oltre 10 miliardi (a 89 miliardi) nel 2024, di altri 5,5 miliardi nel 2025 e infine di ulteriori nove miliardi nel 2026. Imprimere una riduzione netta del rosso in bilancio mentre il costo del debito spinge in senso opposto, avrebbe reso ancora più improba la prossima manovra e quella successiva.

L’accordo possibile

Ma alla fine – se l’accordo non salta – su questo un accordo si starebbe profilando. Esso almeno è nelle più recenti bozze di compromesso. Si eviterebbe di tenere conto del peso dell’aumento degli interessi per biennio 2025 e 2026, forse estendibile al 2027, ma ad una condizione: ogni Paese così beneficiato deve eseguire «un programma ambizioso di riforme». La proposta non precisa altro, ma è plausibile che da Bruxelles si chieda (e si verifichi) l’attuazione reale degli impegni del Piano nazionale di ripresa: dalla lotta all’evasione, all’apertura di alcuni settori alla concorrenza, all’efficienza dell’amministrazione e della giustizia civile. Un cubo di Rubik complesso almeno come il Patto di stabilità.

Iscriviti alle newsletter di L'Economia

Whatever it Takes di Federico Fubini
Le sfide per l’economia e i mercati in un mondo instabile

Europe Matters di Francesca Basso e Viviana Mazza
L’Europa, gli Stati Uniti e l’Italia che contano, con le innovazioni e le decisioni importanti, ma anche le piccole storie di rilievo

One More Thing di Massimo Sideri
Dal mondo della scienza e dell’innovazione tecnologica le notizie che ci cambiano la vita (più di quanto crediamo)

E non dimenticare le newsletter
L'Economia Opinioni e L'Economia Ore 18


Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.