Thiago Motta-Juve, è fatta: la trattativa e le mosse di Giuntoli che hanno portato alla rottura con Allegri

diMassimiliano Nerozzi

Il lavoro del dirigente (iniziato con i primi contatti a gennaio) per portare a Torino Thiago Motta è stato un altro motivo di attrito con Allegri

Quel sospetto — di un’idea diventata trattativa, e poi telefonate e incontri — che per mesi ha fischiato nelle orecchie di Massimiliano Allegri, s’è fatta ormai certezza: la Juve, proprietà e società, è convinta di aver blindato l’accordo con Thiago Motta. Sarà il nuovo allenatore per i prossimi tre anni (due più uno), a circa 3,5 milioni di euro a stagione (bonus esclusi). Manca solo la firma, ma stavolta dovrebbe davvero essere un modo di dire.

Da quel che s’è visto sotto le Due Torri, e da ciò che stava cercando il club, come profilo, l’ingaggio dell’italo-brasiliano pare un gran colpo. Idee che dovranno dar la caccia a trofei. «Il calcio è evoluzione», aveva detto qualche settimana fa Thiago Motta; eppure, per molti, il suo arrivo somiglia più a una rivoluzione.

È stata (anche) questa trattativa, che certo non s’imbastisce in pochi giorni, a logorare lo spirito e l’orgoglio di Allegri, alla lunga, fino all’esplosione dell’altra notte. O meglio, stavolta, pure per uno pratico come lui, più della sostanza, poté la forma: è stata l’idea che pian piano s’è fatta certezza, di non conoscere nulla, di non essere stato messo al corrente dei piani futuri, l’aspetto che più ha fatto infuriare l’allenatore juventino. Una storia che ha l’incipit nei primi mesi dell’anno, quando spuntano i primi contatti tra l’entourage dell’attuale tecnico del Bologna e Cristiano Giuntoli. Smentiti, come pure smentito è l’incontro di cui ieri parlavano alcuni, tra cui il collega Sandro Sabatini: il capo dell’area tecnica e l’italo-brasiliano, uno di fronte all’altro, all’hotel Touring di Fiorano, nel Modenese. O, variante della narrazione, in un ristorante di Maranello, sempre contea Ferrari. Vis-à-vis clandestini, mai esistiti per il club bianconero. Fatto sta che l’affare s’è fatto.

La goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo di conflitti, tensioni, attriti, che in passato erano pure sfociati in una violenta e chiassosa discussione con un alto dirigente juventino, Francesco Calvo, in un luogo non esattamente appartato. Sarebbe stato questo leggere su alcuni giornali e siti, del suo quasi certo licenziamento, a far esplodere Allegri, umanamente.

Come dire: Coppa o non Coppa, a fine stagione ci sarebbe stato un cambio. Nonostante davanti alle telecamere, da buon dirigente, per mesi, Giuntoli avesse tentato di difendere il suo allenatore, comprensibilmente. E pazienza se tra i due ci fosse poco feeling, da quasi mai condividere le frequenti cene di Max a La Ville, ristorante del centro, per le quali preferiva altri commensali. E poi, la decisione era stata presa da tempo, ai piani alti: che Giuntoli aveva condiviso. Perché dentro a una visione più complessa, tra calcio e finanza, scelta dei giocatori e loro sviluppo. In una parola, una prospettiva. Differenti vedute che s’erano viste durante lo shopping di gennaio, quando Allegri avrebbe voluto un usato sicuro per il centrocampo. Non si poteva andare avanti. Ma si sarebbe potuto (e dovuto) chiudere in modo orgoglioso, vittorioso e dignitoso: finirà in commedia, brutta.

17 maggio 2024

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